Condivisione: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m aggiornamento sintassi del template {{references}} |
m apostrofo tipografico |
||
Riga 22:
Nel dibattito filosofico del XXI secolo, il tema della condivisione è strettamente intrecciato ai temi delle problematiche economiche e sociali.
La [[grande recessione|crisi economica]] che si è accentuata a partire dal 2008<ref>Tra gli studi, si possono citare [[Giulio Sapelli]], ''La crisi economica mondiale'', Bollati Boringhieri, 2008; [[Michel Serres]], ''Tempo di crisi'', Bollati Boringhieri, 2010; [[Gordon Brown]], ''Oltre il crollo. Come superare la crisi della globalizzazione'', Rizzoli, 2011; Piero Bevilacqua, ''Il grande saccheggio.
{{citazione|Il grave dissesto del settore finanziario ha dimostrato che le più acute menti matematiche del pianeta, con il sostegno di ingenti disponibilità economiche, avevano fabbricato non tanto un motore scattante di eterna prosperità quanto un carrozzone di traffici, swap e speculazioni temerarie che inevitabilmente doveva cadere a pezzi. A provocare la recessione non è stata una lacuna di conoscenze in campo economico, bensì l’eccesso di un particolare tipo di sapere, un’indigestione di spirito del capitalismo. Accecati dai bagliori del libero mercato, abbiamo dimenticato che vi sono altri modi di concepire il mondo. Come scrisse Oscar Wilde oltre un secolo fa: “Al giorno d’oggi la gente sa il prezzo di tutto e non conosce il valore di niente”. I prezzi si sono rivelati guide inattendibili. Nel 2008, oltre al crollo dei mercati finanziari, si è verificato un brusco rincaro dei prezzi dei prodotti alimentari e del petrolio, e nonostante questo sembra che non riusciamo a vedere o a valutare il mondo se non attraverso il prisma difettoso dei mercati|Raj Patel, ''Il valore delle cose e le illusioni del capitalismo'', p.7.}}
Riga 28:
[[File:Michelserres-dec-2005.jpg|thumb|clear|right|Michel Serres]]
Il recente terremoto finanziario e borsistico offre per esempio al filosofo [[Michel Serres]]<ref>già noto per le sue riflessioni in ''La Guerre Mondiale'', 2008.</ref> l'occasione per riflettere in generale sul fenomeno della crisi. A suo giudizio, quando si vive una crisi, nessun ritorno indietro è possibile. Bisogna inventare qualcosa di nuovo e avere il coraggio di voltare pagina. Ciò che invece colpisce è secondo lui l'assenza di cambiamento delle istituzioni nonostante i grandi sconvolgimenti che negli ultimi decenni hanno trasformato l'umanità. Egli individua in tale fenomeno la vera crisi, dalla quale occorrerebbe partire per ripensare il passato, mettere in discussione il rapporto che gli uomini hanno fra di loro e con il mondo<ref>Oggetto di un interessante dibattito è stata anche
Proprio a partire da un ripensamento dei valori etici si muove la riflessione del sociologo [[Gianpaolo Fabris]], secondo il quale, in una fase di preoccupante divario tra economia e società, è possibile parlare di un cambiamento «nell'antropologia dei consumi e stili di vita»<ref>[[Gianpaolo Fabris]], ''La società post-crescita. Consumi e stili di vita'', Egea, 2010.</ref>, che tendono progressivamente verso nuove dimensioni di condivisione. Secondo Fabris la “[[crescita economica]]”, così come si è tradizionalmente manifestata, non produce più [[benessere]] né migliora la [[qualità della vita]] degli individui, i quali si orienterebbero sempre di più verso una [[cultura del dono]]: «È la tendenza, davvero epocale a sostituire il ''possesso con l'uso, l'acquisto con il noleggio, la proprietà con l'accesso''. Un orientamento che segna una vistosa presa di distanza dal feticismo dell'oggetto, dalla sua tesaurizzazione, dalla simbologia di status, dal possesso che fa aggio sulla fruizione, dall'accumulazione compulsava: i cardini cioè più inquietanti della società dei consumi»<ref>Gianpaolo Fabris, ''La società post-crescita. Consumi e stili di vita'', Egea, 2010, p.171.</ref>.
Riga 40:
Il filosofo Andrea Braggio<ref>Di Andrea Braggio: ''[http://www.ventochemuove.it/?p=3016 Restituire Cristo al mondo]'', ''[http://www.ventochemuove.it/?p=3201 Condivisione]'', ''[http://www.ventochemuove.it/?p=3273 La comunità primitiva di Gerusalemme]'', ''[http://www.ventochemuove.it/?p=3829 Il sorriso del mondo]'', ''[http://www.ventochemuove.it/?p=3996 Cooperare, non competere]'', ''[http://www.ventochemuove.it/?p=4567 La cura degli altri è cura di se stessi]'', ''[http://www.saddha.it/wp-content/uploads/Raj-Patel-e-il-valore-della-cooperazione-Andrea-Braggio.pdf Raj Patel e il valore della cooperazione]'', ''[http://www.scribd.com/doc/118875412/Orti-urbani-e-sicurezza-alimentare-di-Andrea-Braggio Orti urbani e sicurezza alimentare]'', ''[http://www.scribd.com/doc/118875423/Famiglia-e-sovranita-alimentare-di-Andrea-Braggio Famiglia e sovranità alimentare]'', ''[http://mondodomani.org/dialegesthai/abra01.htm Ogni classe è un piccolo mondo: elementi di pedagogia della condivisione]''.</ref> riconsidera l'ecosocialismo di Willy Brandt<ref>''Mein Weg nach Berlin'', 1960; ''Begegnugen und Einsichten'', 1960-1975; ''Politica di pace in Europa'' (''Friendenspolitik in Europa'' – 1968), Milano, Sugar, 1971; ''Der organisierte Wahnsinn'', 1987; ''Erinnerungen'', 1989.</ref> in chiave metafisica mettendo in evidenza la capacità dell'uomo di svelare il proprio potenziale creativo e giungere alla felicità cooperando assieme agli altri uomini per la ricostruzione di ogni settore delle attività umane. Nell'accettazione del principio di condivisione risiede la risposta alla crisi politica ed economica che l'umanità sta attraversando e il primo passo per creare le condizioni sociali di un mondo più giusto. Il mondo è pronto ad accogliere nuovi modelli, più adeguati ai bisogni reali della gente ovunque, che poggiano sulla coesione, sull'unità delle persone e sulla loro interdipendenza. Gli attuali problemi dell'uomo sono risolvibili a patto che questi accetti il principio di condivisione e individui nell'autocompiacenza e nei propri interessi individualistici ed egoistici gli ostacoli principali da superare: «Come prima cosa dobbiamo imparare a essere uomini. Ed essere uomini significa riconoscere il valore della condivisione e prendere i bisogni del proprio fratello come misura per le proprie azioni, senza mai dimenticare che gli altri esistono in noi, come noi esistiamo negli altri». Secondo Braggio, molto presto saremo tutti chiamati a scegliere tra due diversi modi di risolvere gli attuali problemi e di intendere la vita economica e politica: l'egoismo, la competizione e gli inefficaci vecchi metodi dei governi da una parte e la condivisione e l'unità, la cooperazione e il servizio dall'altra.<br />
Al di là del problema dei diritti fondamentali dell'uomo<ref>Molti filosofi ed economisti europei valutano per esempio con preoccupazione il modello capitalistico americano, dove il denaro rappresenterebbe il "diritto ad avere diritti", cioè il mezzo grazie al quale il singolo individuo acquista i propri diritti fondamentali: «Dopo tutto, cosa offre il denaro nella società di mercato se non la capacità di acquistare libertà, di permettersi cure mediche, un'alimentazione adeguata,
{{citazione|La società economica della crescita e del benessere non realizza l'obiettivo proclamato della modernità, vale a dire la massima felicità possibile per il massimo numero di individui. Una Ong britannica, la New Economics Foundation, elabora da diversi anni, sulla base di inchieste, un indice della felicità (happy placet index) che ribalta l’ordine classico del Pil pro capite e anche quello dell’indice si sviluppo umano (Isu). Per il 2009 la classifica stabilita dalla Ong vede in testa la Costa Rica, seguita dalla Repubblica Dominicana, dalla Giamaica e dal Guatemala. Gli Stati Uniti vengono soltanto al 114° posto. Questo paradosso si spiega con il fatto che la società cosiddetta «sviluppata» si basa sulla produzione massiccia di decadenza, cioè su una perdita di valore e un degrado generalizzato sia delle merci, che l’accelerazione dell’«usa e getta» trasforma in rifiuti, sia degli uomini, elusi e licenziati dopo l’uso, dai presidenti e manager ai disoccupati, agli homeless, ai barboni e altri rifiuti umani. La teologia utilizzava un bel termine per indicare la situazione di chi non era stato toccato dalla grazia: derelizione. L’italiano, più religioso, sceglie un termine più laicizzato di uso quotidiano e parla di «disgraziati». L’economia della crescita ha la derelizione come motore e moltiplica i «disgraziati». In effetti, in una società della crescita quelli che non sono dei ''vincenti'' o dei ''killer'' sono tutti più o meno dei falliti. Al limite, nella guerra di tutti contro tutti, c’è un solo vincente, dunque un solo challenger potenzialmente felice, anche se la sua posizione, di necessità precaria, lo condanna alla tortura dell’ansia. Tutti gli altri sono votati ai tormenti della frustrazione, della gelosia e dell’invidia. Così come si impegna nel riciclaggio dei rifiuti materiali, la decrescita deve interessarsi anche alla riabilitazione dei falliti. Se il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto, il miglior fallito è quello che la società non genera. Una società ''decente'' non produce esclusi|[[Serge Latouche]], ''Come si esce dalla società dei consumi'', pp.69-70}}
[[File:Serge Latouche.jpg|thumb|upright=0.7|clear|right|[[Serge Latouche]]]]
Accolte con favore da molti pensatori, fra i quali il filosofo ed economista [[Serge Latouche]]<ref>Tali considerazioni vengono in particolar modo sviluppate da Latouche in ''Il mondo ridotto a mercato'', Edizioni Lavoro, 2000; ''Decolonizzare
Questa sostituzione di valori da rivendicare, che dovrebbero avere la meglio sui valori (o, come sostiene Latouche, sulla ''mancanza di valori'') oggi dominanti, rientrano nella prima delle otto «R» principali, indicanti gli otto cambiamenti od obiettivi teorici<ref>differenti dalle fasi concrete, esaminate più ampiamente in Serge Latouche, ''La scommessa della decrescita'', Feltrinelli, Milano, 2007.</ref> interdipendenti che si rafforzano reciprocamente e che insieme costituiscono il circolo virtuoso che può innescare «un processo di decrescita serena, conviviale e sostenibile»: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare<ref>Serge Latouche, ''Breve trattato sulla decrescita serena'', Bollati Boringhieri, 2008, p.44.</ref>.<br />
Pur presentandosi come un'utopia, il progetto politico della decrescita tenta di esplorare le possibilità oggettive della sua realizzazione. Esso «presume un progetto fondato su un'analisi realistica della situazione, anche se questo progetto non è immediatamente traducibile in obiettivi realizzabili. Quello che si ricerca è la coerenza teorica generale. Se per comodità di esposizione si indicano delle tappe, queste non devono essere considerate come una sorta di agenda. Il calendario viene dopo. È in questo modo che va inteso il circolo delle otto «R» e le prospettive che ne derivano»<ref>Ibidem, p.43.</ref>.<br />
Riga 51:
[[File:Jeremy Rifkin 2009 by Stephan Röhl.jpg|thumb|clear|right|230px|[[Jeremy Rifkin]] (2009)]]
Anche l'economista [[Jeremy Rifkin]] concorda sul fatto che l'esplosione demografica ed economica dei paesi emergenti unita alla diminuzione delle energie fossili porterà in breve tempo a un drammatico problema di sostenibilità della società industriale. Dopo trent'anni di studi e di attività sul campo, Rifkin individua nella Terza rivoluzione industriale<ref>Jeremy Rifkin, ''La Terza Rivoluzione Industriale'', Mondadori, 2011.</ref> la via verso un futuro più equo e sostenibile, dove centinaia di milioni di persone in tutto il mondo produrranno energia verde a casa, negli uffici e nelle fabbriche, e la condivideranno con gli altri, proprio come adesso condividono informazioni tramite Internet. Questo nuovo regime energetico, non più centralizzato e gerarchico ma distribuito e collaborativo<ref>si veda anche Jeremy Rifkin, ''La civiltà
La Terza rivoluzione industriale rappresenterebbe l'ultima fase della grande saga industriale e la prima di un'emergente era caratterizzata dalla condivisione. Essa non sarebbe altro che «l'interregno fra due periodi della storia economica: il primo caratterizzato dal comportamento industrioso e il secondo dal comportamento collaborativo»<ref>Jeremy Rifkin, ''La Terza Rivoluzione Industriale'', Mondadori, 2011, p.294.</ref>. Se l'era industriale poneva l'accento sui valori della disciplina e del duro lavoro, sul flusso dell'autorità dall'alto al basso, sull'importanza del capitale finanziario, sul funzionamento dei mercati e sui rapporti di proprietà privata, l'era della collaborazione e della condivisione, radicale svolta della storia economica, non potrà che essere orientata secondo Rifkin all'interazione da pari a pari, al capitale sociale, alla partecipazione a domini collettivi aperti, all'accesso alle reti globali.
{{citazione|Il finanziere Bernard Baruch una volta disse: «Se la sola cosa che hai è un martello, alla fine il mondo ti sembrerà un chiodo». Oggi potremmo parafrasare questa battuta dicendo: «Se la sola cosa che abbiamo è un personal computer collegato a Internet, alla fine il mondo ci sembrerà una rete di relazioni».<br />
Riga 62:
[[File:Raj Patel.jpg|thumb|clear|right|130px|Raj Patel]]
In linea con il pensiero della giornalista e scrittrice Naomi Klein<ref>''No Logo. Economia globale e nuova contestazione'', Milano, Baldini & Castaldi, 2001; ''Shock economy.
La condivisione ha inoltre interessato coloro che hanno creato le premesse per un discorso di ecologia spirituale ([[spiritual ecology]])<ref>University of Florida, Boston Theological Institute, University of Hawaii.</ref>. Nel superamento della diffusa mentalità consumistica, la condivisione è infatti vista in prospettiva ambientalista come una modalità concreta di vita che consiste nell'avere a cuore le sorti della natura tutelandola.
|