Dimorphodon: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 44:
== Classificazione ==
[[Image:Dimorphodon Flight Pose.png|thumb|Ricostruzione scheletrica di ''D. weintraubi'' in posizione di volo]]
Nel 1870, Seeley assegnò il genere ''Dimorphodon'' in una famiglia a se stante che venne battezzata [[Dimorphodontidae]], di cui il ''Dimorphodon'' era l'unico membro. Nel 1991, il paleontologo tedesco Peter Wellnhofer suggerì che il ''Dimorphodon'' poteva essere il discendente di un' animale simile ma vissuto nel [[Triassico]], ossia il ''[[Peteinosaurus]]''.<ref name="cranfield-Dimorphodon" /> In seguito ad un'analisi cladistica si scoprì che tale ipotesi era inesatta. Si suppose infatti che il ''Dimorphodon'' fosse solo imparentato alla lontana con il ''Peteinosaurus'', di cui però non era un discendente. Questi due pterosauri fanno entrambi parte della famiglia dei Dimorphodontidae, ed a lungo tempo sono stati considerati entrambi come due dei più primitivi rappresentanti di [[pterosauria]], ad eccezione di ''[[Preondactylus]]''. Secondo Alexander Kellner però, il ''Dimorphodon'' è più evoluto rispetto al ''Peteinosaurus'' di cui probabilmente non era neanche uno stretto parente.
 
== Paleobiologia ==
Riga 50:
[[File:Dimorphodon reconstruction Seeley 1901.jpg|thumb|left|Scheletro di ''D. macronyx'' con postura bipede]]
[[File:Dimorphodon macronyx.jpg|thumb|left|Scheletro di ''D. macronyx'' con postura quadrupede]]
I paleontologi, primo fra tutti Owen, ha sempre considerato il ''Dimorphodon'' come un' animale essenzialmente quadrupede. Owen ipotizzò anche che il quinto dito del piede sostenesse la membrana alare tra la coda e le zampe e dando all'animale un'andatura sgraziata a terra.<ref name="cranfield-Dimorphodon" /> Tuttavia il suo rivale, [[Harry Govier Seeley]], sostenendo l'ipotesi che gli pterosauri fossero animali a sangue caldo e quindi molto attivi, diffuse l'idea che il ''Dimorphodon'' fosse un quadrupede agile e veloce capace anche di una sostenuta corsa [[bipede]], sulla base delle lunghe zampe posteriori e della conformazione del bacino.<ref>Seeley, H. G. (1870). "Remarks on Prof. Owen's Monograph on ''Dimorphodon''", ''Annals and Magazine of Natural History'', Series 4, 6:129</ref> Questa ipotesi fu ripresa in seguito da Kevin Padian, negli anni Ottanta.<ref>Padian, K. (1983). "Osteology and functional morphology of ''Dimorphodon macronyx'' (Buckland) (Pterosauria: Rhamphorhynchoidea) based on new material in the Yale Peabody Museum", ''Postilla'', '''189''': 1-44</ref> Tuttavia, le tracce fossili di altri pterosauri (icniti) mostrano un'andatura quadrupede. In tutte queste tracce vi è anche una breve impronta del quinto dito. In ''Dimorphodon'' questo quinto dito era allungato, privo di artiglio e orientato di lato.<ref name="cranfield-Dimorphodon" /> David Unwin capì, quindi, che anche il ''Dimorphodon'' era un quadrupede, e tale ipotesi fu confermata dai modelli su computer di Sarah Sangster.<ref>Sangster, S. (2001). "Anatomy, functional morphology and systematics of ''Dimorphodon''", ''Strata'' '''11''': 87-88</ref>
 
Inoltre, come la maggior parte degli [[pterosauri]] [[Rhamphorhynchoidea|rhamphorhynchoidi]] è molto probabile che il ''Dimorphodon'' fosse anche un provetto arrampicatore. Grazie ai lunghi artigli ricurvi poteva facilmente far presa su qualsiasi superficie probabilmente anche se questa fosse stata verticale. I paleontologi pensano che questo animale trascorresse molto del suo tempo nel sottobosco del suo habitat o sui rami degli alberi, usando il volo per spostarsi più rapidamente e per sfuggire ai predatori. Vivendo in ambienti ristretti è probabile che il ''Dimorphodon'' fosse in grado di muoversi facilmente anche sugli alberi, non essendo troppo impacciato per via delle ali, scalando la dura corteccia degli alberi con gli artigli e compiendo di tanto in tanto piccoli saltelli mentre saliva, come un moderno [[scoiattolo]].<ref>{{Cita libro|titolo= Pterosaurs: Natural History, Evolution, Anatomy|autore=Wilton, Mark P. |isbn=0-691-15061-3|anno=2013|editore=Princeton University Press }}</ref>