Data Envelopment Analysis: differenze tra le versioni

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Assumiamo che ci siano ''n'' DMU, ciascuna delle quali utilizza varie quantità di differenti ''m'' input per produrre ''s'' differenti output. Più precisamente, <math>DMU_j</math> utilizza la quantità <math>x_{ji}</math> dell'input i-esimo e produce l'ammontare <math>y_{jr}</math> dell'output r-esimo. Si assuma inoltre [Banker, Charnes e Cooper (1984)] che <math>x_{ji} \geq 0</math> e <math>y_{jr} \geq 0</math> e che ciascuna unità abbia almeno un input e un output non nulli.
 
La caratteristica essenziale della metodologia DEA è la riduzione del rapporto multi-output / multi-input in quello tra un singolo output “virtuale” e un singolo input “virtuale”. In questo modo per ciascuna DMU il rapporto tra singolo output virtuale e singolo input virtuale fornisce una misura dell'efficienza tecnica dell'unità stessa.
 
In linguaggio di programmazione matematica, questo rapporto, sottoposto a massimizzazione, costituisce la funzione oggetto per la particolare DMU che si sta valutando, cioè in simboli:
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Il precedente rapporto produce però un numero infinito di soluzioni; se (''u*'', ''v*'') è un punto di ottimo, allora la soluzione (''au*'', ''av*'') è un ottimo per ogni ''a ≥ 0''.
 
È intuitivo che il problema appena esposto può essere svolto in due modi: massimizzando il numeratore e fissando il denominatore (metodo output-oriented) o, viceversa, tenendo costante il numeratore e minimizzando il denominatore (metodo input-oriented). La distinzione è importante in quanto da essa discende la forma di efficienza che si sta valutando.
 
Una DMU si dice output-efficiente se non esiste alcuna alcun'altra unità che con gli stessi input realizza un output maggiore, una unità produttiva è detta invece input-efficiente se non esiste alcuna alcun'altra che realizza il medesimo output utilizzando una quantità inferiore di input.
 
Il merito di Charnes, Cooper e Rhodes è di aver trasformato la funzione [1] in un più semplice problema lineare (noto con la sigla CCR), mediante l'aggiunta di un vincolo che normalizza all'unità la somma ponderata degli input (metodo input-oriented) o degli output minimizzando gli input(metodo output-oriented).
 
Un'importante innovazione è dovuta invece a Banker, Charnes e Cooper (1984), i quali hanno permesso alla DEA di superare il limite dell'ipotesi restrittiva dei rendimenti di scala costanti; il metodo BCC (dal nome dei tre autori) permette così di costruire frontiere sotto l'ipotesi di rendimenti di scala variabili.
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<math>\begin{matrix}fX\leq X_0, & \phi Y_0-fY\geq0, & f\geq0\end{matrix}</math>
 
Ponendo inoltre rispettivamente per la [4] o per la [5]
 
- <math>b \equiv 0</math>, oppure <math>\forall f \in \Re ^ +</math>, si ottengono frontiere con rendimenti di scala costanti (metodo CCR),
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*Cooper, W. W., L. M. Seidorf, K. Tone (2002) Data Envelopment Analysis, Boston, Kluwer Academic Publishers.
*Seiford, L. M., R. M. Thrall, (1990) “Recent developments in DEA, the mathematical programming approach to frontier analysis”, Journal of Econometrics, n.46, pp 7-387–38.
* [http://www.deazone.com DEA Zone], A comprehensive website on Data Envelopment Analysis
*Simar L., Wilson P.W., (2000) “Statistical Inference in Nonparametric Frontier Models: The State of the Art”, Journal of Productivity Analysis, 13, pp 49–78.
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