Vincent van Gogh: differenze tra le versioni
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{{nota disambigua||Van Gogh (disambigua)|Van Gogh}}{{Avvisounicode}}
Autore di quasi 900 dipinti<ref>{{cita web|url=http://www.vangoghgallery.com/painting/|titolo=Van Gogh Gallery|editore=vangoghgallery.com|lingua=en|accesso=1º febbraio 2016}}</ref> e più di mille disegni, senza contare i numerosi schizzi non portati a termine e tanti appunti destinati probabilmente all'imitazione di disegni artistici di provenienza giapponese. Tanto geniale quanto incompreso in vita, van Gogh influenzò profondamente l'arte del [[XX secolo]]. Dopo aver trascorso molti anni soffrendo di frequenti [[disturbo mentale|disturbi mentali]],<ref>{{cita|Tralbaut, 1981|pp. 286-287|tralbaut1981}}.</ref><ref>{{cita|Hulsker 1990|p. 390|hulsker}}.</ref> morì all'età di 37 anni per una ferita da [[arma da fuoco]], molto probabilmente auto-inflitta.<ref>{{cita news|titolo=Vincent van Gogh expert doubts 'accidental death' theory|lingua=en|url=http://www.telegraph.co.uk/culture/art/art-news/8832202/Vincent-Van-Gogh-expert-doubts-accidental-death-theory.html|accesso=8 febbraio 2012|pubblicazione =[[The Daily Telegraph]]|data=17 ottobre 2011}}</ref> In quell'epoca i suoi lavori non erano molto conosciuti né tantomeno apprezzati.
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Oltre alle lettere da Vincent per Théo, ne sono state conservate altre e, in particolare, quelle a Van Rappard, a Émile Bernard e alla sorella Wil.<ref>{{cita|Pomerans|p. xiii|pomerans}}.</ref> Le lettere sono state pubblicate nel 1913 dalla vedova di Théo, Johanna van Gogh-Bonger, che le rese pubbliche con "trepidazione" perché non voleva che il dramma nella vita dell'artista mettesse in ombra il suo lavoro. Van Gogh stesso era un avido lettore di biografie di altri artisti e pensava che la loro vita dovesse essere in linea con le caratteristiche della loro arte fantastica anche se talvolta poco seria.<ref name="Pix" />
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=== Gli studi interrotti (1868) ===
Notizie della famiglia dei van Gogh si rintracciano a [[L'Aia]] fin dalla metà del [[XVII secolo]] e a partire dal [[XVIII secolo|Settecento]] quella famiglia trasmise di padre in figlio il mestiere di orefice. Nel primo Ottocento si ha notizia di un Vincent van Gogh ([[1789]]-[[1874]]) [[pastore (religione)|pastore]] [[calvinista]], padre di undici figli che praticavano diverse attività: tre di loro erano mercanti d'arte, mentre si sa che anche Theodorus van Gogh ([[1822]]-[[1885]]) dal 1º aprile [[1849]] era pastore calvinista a [[Zundert|Groot-Zundert]], un piccolo paese del [[Brabante Settentrionale|Brabante]] di circa 6.000 abitanti. Sposatosi nel [[1851]] con Anna Cornelia Carbentus ([[1819]]-[[1907]]), figlia di un rilegatore della corte olandese, che il 30 marzo [[1852]] partorì un figlio morto, Vincent Willem Maria. Esattamente l'anno dopo diede alla luce il primo figlio, il futuro pittore, che verrà battezzato Vincent Willem in ricordo del defunto fratellino: ne seguiranno altri cinque, Anna Cornelia ([[1855]]-[[1930]]), [[Theodorus van Gogh|Théodorus]] junior, ben presto denominato semplicemente Théo (1º maggio [[1857]] - 25 gennaio [[1891]]), Elisabeth ([[1859]]-[[1936]]), Wilhelmina Jacoba ([[1862]]-[[1941]]) e Cornelis ([[1867]]-[[1900]]).<ref>{{cita|Crispino|pp. 11-12|crispino}}.</ref> Dal [[1861]] al [[1864]] Vincent van Gogh frequentò la scuola del paese e dal 1º ottobre un collegio della vicina [[Zevenbergen]], dove apprese il [[Lingua francese|francese]], l'[[lingua inglese|inglese]], il [[lingua tedesca|tedesco]] e l'arte del disegno. Dal [[1866]] frequentò la scuola tecnica ''Hannik'' di [[Tilburg]] ma il 19 marzo [[1868]], a causa dello scarso rendimento nonché per via di alcuni problemi economici sofferti dal padre, ritornò a Zundert senza aver concluso gli studi.<ref>{{cita|Crispino|p. 20|crispino}}.</ref>
=== Il lavoro nella casa d'arte Goupil (1869-1875) ===
La scarsità del suo profitto scolastico convinse la famiglia a trovargli un impiego: il primo a farsi avanti fu lo zio paterno Vincent detto "Cent" ([[1811]]-[[1889]]), già mercante d'antiquariato. Egli persuase il fratello (il padre di Vincent) a far sospendere gli studi al nipote in modo da metterlo al lavoro nel più breve tempo possibile. Infatti nel luglio del 1869 lo zio Cent lo raccomandò alla casa d'arte Goupil & Co. alla quale, per motivi di salute, aveva ceduto la sua attività a L'Aia.<ref>{{cita|Crispino|p. 22|crispino}}.</ref> L'attività della casa Goupil consisteva nella vendita di riproduzioni d'opere d'arte. Il giovane Vincent sembrò molto interessato al suo lavoro, che lo obbligava a un approfondimento delle tematiche artistiche, lo stimolava a leggere e a frequentare musei e collezioni d'arte. Mantenne i contatti con la famiglia, che dal gennaio del 1871 si era trasferita a [[Haaren|Helvoirt]], dove il padre Theodorus svolgeva la sua attività pastorale. Vincent oltre a incontrare frequentemente a L'Aia il fratello Théo, intraprese con lui una corrispondenza che sarebbe durata per tutta la vita.<ref>{{cita|Crispino|p. 19|crispino}}.</ref>
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Lo zio Vincent gli trovò così un altro lavoro come commesso in una libreria di [[Dordrecht]]. Viveva da solo, era un cristiano devoto e un membro della [[Chiesa riformata olandese]], anche se nutriva un forte amore per tutte le chiese cristiane<ref>. Hans Bronkhorst. ''Vincent van Gogh'', Portland House: New York 1990, pp. 6-7, ISBN 0-517-03560-X</ref>. Amava tradurre passi della [[Bibbia]]; convinse il padre a lasciargli tentare gli esami di ammissione alla facoltà di [[teologia]] di Amsterdam, dove andò a vivere con lo zio paterno Johannes, frequentando anche uno zio materno, che gli fece impartire lezioni di [[lingua latina|latino]] e di [[lingua greca antica|greco]]. Continuò a coltivare le sue inclinazioni artistiche, visitando musei, il ghetto ebraico e continuando a esercitarsi.
Respinto agli esami di ammissione, dall'agosto del 1878 frequentò un corso trimestrale di evangelizzazione in una scuola di [[Laeken]] presso Bruxelles, che non lo riconobbe idoneo a svolgere l'attività di predicatore.
Alla fine dell'anno si trasferì nella regione belga del [[Borinage]], a [[Pâturage]]: qui, povero tra i poveri, si prese cura dei malati e predicò la Bibbia ai minatori. Autorizzato, nel gennaio del 1879, a predicare temporaneamente dalla Scuola di Evangelizzazione di Bruxelles, si trasferì nel centro minerario di [[Wasmes]] anche [[Charbonnage de Marcasse]], vivendo in una baracca. Il suo zelo e la sua partecipazione emotiva all'estrema povertà dei minatori apparvero eccessivi alla Scuola, che decise di non rinnovargli l'incarico<ref>{{cita|Storia dell'Arte|p. 280|sa}}</ref> proprio perché «aveva preso troppo alla lettera il modello evangelico»: Vincent, infatti, arrivò a dormire in una catapecchia diroccata come San Francesco, a dividere il proprio mantello con i bisognosi come San Martino, e a nutrirsi esclusivamente di pane e acqua come nelle più rigide penitenze.
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A luglio riprese la corrispondenza con Theo, che gli mandò del denaro e lo incoraggiò a indirizzare le sue generose pulsioni sociali e religiose verso l'espressione artistica. Vincent accolse un suggerimento che non poteva lasciarlo indifferente e nell'ottobre si stabilì a Bruxelles dove, capendo di dover frequentare una scuola di tecnica pittorica, si iscrisse all'[[Accademia di Belle Arti]].
=== La svolta artistica (
Fece amicizia con il pittore olandese [[Anthon van Rappard]] e studiò prospettiva e anatomia, impegnandosi in disegni che ritraevano soprattutto umili lavoratori della terra e delle miniere: non a caso, i suoi pittori di riferimento erano [[Jean-François Millet|Millet]] e [[Honoré Daumier|Daumier]]. Nell'aprile [[1881]] lasciò l'Accademia e tornò a casa, a Etten, dove s'innamorò della cugina Kate Vos-Stricker, detta Kee, figlia di un pastore protestante, da poco vedova e con un figlio, senza esserne corrisposto. Lui però non si rassegnò e la seguì ad [[Amsterdam]], dove lei si era trasferita dai genitori. Al suo rifiuto di riceverlo, di fronte ai genitori della donna, van Gogh si ustionò volontariamente una mano sulla fiamma di una lampada.<ref>{{cita|Crispino|p. 51
|crispino}}.</ref>
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Van Gogh avrà sempre molta difficoltà a relazionarsi con altri pittori, anche quelli che lui stima fortemente. In questo periodo, l'unico che mostrava considerazione per le sue possibilità era il connazionale [[Johan Hendrik Weissenbruch]] (1824-1903), artista già noto e apprezzato.
=== A Nuenen (1883-1885
Nel gennaio del 1882 Vincent conobbe una [[prostituta]] trentenne, [[alcolismo|alcolizzata]] e butterata dal [[vaiolo]], tale Clasina Maria Hoornik detta Sien, madre di una bambina e in attesa di un altro figlio, che gli fece da modella. Dopo il [[parto]] vissero insieme ed egli pensò anche di sposarla, sperando di sottrarla alla sua triste condizione.<ref>{{cita|Crispino|p. 56-60|crispino}}.</ref>
Scrisse al pittore van Rappard: «Quando la terra non viene messa alla prova, non se ne può ottenere nulla. Lei, è stata messa alla prova; di conseguenza trovo più in lei che in tutto un insieme di donne che non siano state messe alla prova dalla vita.»
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Al fratello che gli scrisse della scuola impressionista, rispose di non conoscerla e di considerare degli artisti originali [[Eugène Delacroix|Delacroix]], Millet e [[Jean-Baptiste Camille Corot|Corot]], «intorno ai quali i pittori di contadini e di paesaggi devono girare come intorno a un asse»<ref>Lettera (402) a Théo van Gogh, aprile 1885.</ref>.
Sorsero nuovi problemi: Margot Begemann, una vicina di casa che accudì sua madre dopo una caduta e con la quale aveva avuto una relazione, tentò il suicidio. Il 26 marzo 1885, invece, il padre morì improvvisamente d'infarto dopo un violento alterco con lui; come se non bastasse fu pure accusato dal parroco cattolico di essere responsabile della gravidanza di una ragazza, Gordina De Groot, che gli aveva fatto da modella. Nell'aprile del 1885 dipinse le due versioni de ''[[I mangiatori (Vincent Van Gogh)|I mangiatori di patate]]'', dei quali scrisse a Théo,<ref>Lettera (404) a Théo van Gogh, aprile 1885.</ref>
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{{Citazione|Anche se seguito a produrre opere nelle quali si potranno ritrovare difetti, volendole considerare con occhio critico, esse avranno una vita propria e una ragione d'essere che supereranno i loro difetti, soprattutto per coloro che sapranno apprezzarne il carattere e lo spirito. Non mi lascerò incantare facilmente, come si crede, nonostante tutti i miei errori. So perfettamente quale scopo perseguo; e sono fermamente convinto di essere, nonostante tutto, sulla buona strada, quando voglio dipingere ciò che sento e sento ciò che dipingo, per preoccuparmi di quello che gli altri dicono di me. Tuttavia, a volte questo mi avvelena la vita, e credo che molto probabilmente più d'uno rimpiangerà un giorno quello che ha detto di me e di avermi ricoperto di ostilità e di indifferenza. Io paro i colpi isolandomi, al punto che non vedo letteralmente più nessuno|}}
=== Anversa e Parigi (1886-1887
Un breve viaggio ad Amsterdam e l'importante visita al [[Rijksmuseum]] (appena aperto) gli permisero di riscoprire [[Frans Hals]] e [[Rembrandt]], che riconobbe come gli ideali anticipatori della sua ricerca formale. In seguito, comprendendo di non poter rimanere in un paesino come Nuenen (il curato cattolico, a causa dell'episodio di Gordina de Groot, aveva proibito ai parrocchiani di posare per Vincent, che da allora era stato costretto a dipingere solo nature morte), nel novembre del 1885 si trasferì a pensione ad [[Anversa]], frequentando assiduamente le chiese e i musei della città dove scoprì le [[ukiyo-e|stampe giapponesi]] e ammirò il colorismo di [[Rubens]]:<ref>{{cita|Crispino|p. 78-79|crispino}}.</ref><ref>Lettera (444) a Théo van Gogh, gennaio 1886.</ref>
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Due anni dopo ribadirà nuovamente alla sorella la sua lontananza da quella pittura:<ref>Lettera (W 4) a Wilhelmina, Arles, luglio 1888.</ref>
{{Citazione|quando si vedono per la prima volta si rimane delusi: le loro opere sono brutte, disordinate, mal dipinte e mal disegnate, sono povere di colore e addirittura spregevoli. Questa è la mia prima impressione quando sono venuto a Parigi|}}
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Un'osservazione più puntuale delle opere degli impressionisti gli fece comprendere l'originalità e i valori racchiusi in quella nuova concezione della visione. Non aderì mai a questa scuola, perché intendeva sempre esprimere solo ciò che aveva «dentro la mente e il cuore»<ref>Lettera (166) a Théo van Gogh, dicembre 1881.</ref>.
Anche se guardò con favore a [[Jean-Baptiste Guillaumin|Guillaumin]] e a [[Camille Pissarro|Pissarro]], alleggerendo la sua tavolozza, fino a quel momento scura e terrosa. Grazie all'influsso della pittura impressionista tralasciò i temi sociali per i paesaggi e le nature morte. Sperimentò anche l'accostamento dei colori complementari cimentandosi, nell'''Interno di ristorante'', con la tecnica [[Puntinismo|puntinista]] inventata da [[Seurat]]<ref>{{cita|Crispino|p. 72|crispino}}.</ref>.
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Il desiderio di conoscere il [[Midi (Francia)|Mezzogiorno francese]], «dove c'è più colore, più sole»<ref>Lettera (W 1) a Wilhelmina van Gogh, Parigi, autunno 1887.</ref>, con la sua luce e i suoi colori mediterranei così lontani dal cromatismo nordico, fu una buona occasione per porre fine a una convivenza divenuta difficile.
=== Arles (1888
Trasferitosi ad [[Arles]] il 20 febbraio 1888, abitò prima in albergo e poi, in maggio, affittò un appartamento di quattro stanze di una casa dalle mura gialle che si affacciava su piazza Lamartine,<ref>La casa non esiste più: gravemente danneggiata da un bombardamento nel 1944, fu demolita.</ref> ritratta in un quadro famoso.
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{{Citazione|La natura di questo paesaggio meridionale non può essere resa con precisione con la tavolozza di un Mauve, per esempio, che appartiene al Nord e che è un maestro e rimane un maestro del grigio. La tavolozza di oggi è assolutamente colorata: celeste, arancione rosa, vermiglio, giallo vivissimo, verde chiaro, il rosso trasparente del vino, violetto. Ma, pur giocando con tutti questi colori, si finisce con il creare la calma, l'armonia|}}
Al fratello confidò<ref>Lettera (520) a Théo van Gogh, Arles, agosto 1888.</ref> di aver abbandonato le tecniche utilizzate a Parigi, che risentivano dell'esperienza impressionista, per ribadire la visione romantica di Delacroix, senza ritrarre fedelmente quello che gli stava di fronte, ma ricercando il vigore dell'espressione attraverso l'uso libero del colore. All'amico pittore Bernard rivelò<ref>Lettera (B 3) da Arles, aprile 1888.</ref>{{Citazione|Non seguo alcun sistema di pennellatura: picchio sulla tela a colpi irregolari che lascio tali e quali. Impasti, pezzi di tela lasciati qua e là, angoli totalmente incompiuti, ripensamenti, brutalità: insomma, il risultato è, sono portato a crederlo, piuttosto inquietante e irritante, per non fare la felicità delle persone con idee preconcette in fatto di tecnica [...] gli spazi, limitati da contorni espressi o no, ma in ogni caso sentiti, li riempio di toni ugualmente semplificati, nel senso che tutto ciò che sarà suolo parteciperà di un unico tono violaceo, tutto il cielo avrà una tonalità azzurra, le verzure saranno o dei verdi blu o dei verdi gialli, esagerando di proposito, in questo caso, le qualità gialle o blu|}}
Sperimentava tecniche diverse, risaltando le forme, circondandole di contorni scuri e pennellando lo sfondo a strati per creare una struttura a traliccio, ondulando i contorni per accentuare la struttura delle forme, punteggiando con brevi pennellate o spremendo il colore dal tubetto direttamente sulla tela. Altre volte si convinceva «di non disegnare più il quadro con il carboncino. Non serve a niente; se si vuole un buon disegno, si deve eseguire direttamente con il colore»<ref>Lettera (539) a Théo van Gogh, Arles, settembre 1888.</ref>.
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Andando incontro a un desiderio di Vincent, nell'estate del 1888 il fratello Théo contattò [[Paul Gauguin|Gauguin]], offrendosi di pagargli il soggiorno ad Arles e garantendogli l'acquisto di dodici suoi quadri all'anno per la cifra di 150 franchi. Gauguin, dopo qualche esitazione, accettò, pensando di mettere da parte quanto gli era necessario per realizzare il suo desiderio di trasferirsi, di lì a un anno, in [[Martinica]].
=== Il dramma di
Nell'attesa dell'arrivo di Gauguin, van Gogh si preoccupò di arredare con qualche altro mobile l'appartamento e ornò con propri quadri la camera da letto. Gli scrisse:<ref>Lettera (B 22) Arles, ottobre 1888.</ref>
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Eppure, c'è chi ha visto<ref>{{cita|Venturi|p. 322|venturi}}.</ref> nel dipinto di questa camera da letto il desiderio mancato di rappresentare il sonno e il riposo: «La tragedia della sua mente si avvicinava con segni di squilibrio e non gli permetteva né riposo né sonno. Nella camera abbandonata regna la calma, ma è una calma senza speranza e senza pietà. È una camera vuota, ma non per caso. Essa è abbandonata per sempre: a causa della partenza o della morte. I colori sono brillanti e puri, senza ombre, ma non suggeriscono gioia, ma solo tristezza. È un riposo nato dalla disperazione. I colori a insaputa dell'artista rivelano il suo animo. Non si rende conto di quel che sente, né nella sua lettera, né nella sua pittura, e perciò il suo sentimento e la sua accorata umiltà sono espressi spontaneamente».
Gauguin giunse ad Arles il 29 ottobre 1888 e, al contrario di van Gogh, ne rimase deluso, definendola «il luogo più sporco del Mezzogiorno» e della Provenza: «Trovo tutto piccolo, meschino, i paesaggi e le persone»<ref>Lettera (78) a Jules Bernard, dicembre 1888, in «Lettres de Gauguin à sa femme et à ses amis», Parigi 1946.</ref>. Il sogno di van Gogh di fondare un'associazione di pittori che perseguissero un'arte nuova<ref>{{cita|Crispino|p. 93|crispino}}.</ref> lo lasciava scettico. In realtà Gauguin desiderava ardentemente trasferirsi ai tropici non appena ne avesse avuta la possibilità. Come se non bastasse era irritato dalle abitudini disordinate di Vincent e dalla sua scarsa oculatezza nell'amministrare il denaro che avevano messo in comune<ref>{{cita|Crispino|p. 107|crispino}}.</ref>
Van Gogh invece manifestava un'aperta ammirazione per Gauguin, che considerava un artista superiore; riteneva che le proprie teorie artistiche fossero banali se confrontate con le sue. Nelle sue memorie<ref>''Avant et auprès'', Parigi 1923.</ref> Gauguin volle attribuirsi, generalmente a torto, il merito di aver corretto la tavolozza di van Gogh:
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Anche nella valutazione degli altri pittori le loro opinioni divergevano: van Gogh ammirava [[Honoré Daumier|Daumier]], [[Charles-François Daubigny|Daubigny]], [[Félix Ziem]], [[Théodore Rousseau]], tanto da far esclamare a Gauguin: «tutte persone che non posso vedere». L'amico invece stimava [[Raffaello]], [[Jean-Auguste-Dominique Ingres|Ingres]], [[Degas]] accusando Vincent di avere un «cervello disordinato»: Gauguin non riusciva a spiegarsi né i principi critici né quelle che considerava contraddizioni fra i principi e la pittura realizzata, trovando anche in quelle divergenze la radice del loro futuro drammatico scontro.
Nei primi giorni del dicembre 1888 Gauguin ritrasse van Gogh, rappresentandolo nell'atto del dipingere girasoli. Vincent commentò: «Sono certamente io, ma io divenuto pazzo». Nelle sue memorie Gauguin scrive che quella sera stessa, al caffè, i due pittori bevvero molto e improvvisamente Vincent scagliò il suo bicchiere contro il viso di Gauguin che riuscì a evitarlo, con gran spavento. Dopo quell'episodio seguirono giorni di tensione e i due litigarono anche in occasione di una visita al [[Museo Fabre|museo]] di [[Montpellier]] per osservare le opere di [[Eugène Delacroix|Delacroix]] e di [[Gustave Courbet|Courbet]]<ref>{{cita|Pickvance 1984|p. 195|pickvance1984}}.</ref><ref>{{cita|Gayford|pp. 274–277|gayford}}.</ref>. Fu così che Gauguin prese la decisione di partire da Arles.
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In questo frangente van Gogh ebbe l'aiuto di alcuni amici che gli rimasero vicini: il dottor Rey, il pastore Salles e il postino Joseph Roulin, che aveva ritratto qualche mese prima. In quell' occasione ne dipinse cinque versioni, spedendone una a Gauguin. Dipinse anche se stesso con l'orecchio bendato.
Alternava periodi di serenità, nei quali era in grado di valutare lucidamente e ironicamente tutto quello che gli era successo, a momenti di ricadute nella malattia: il 9 febbraio, dopo una crisi nella quale si era convinto che qualcuno volesse avvelenarlo, fu nuovamente ricoverato in ospedale. Dopo essere stato dimesso per pochi giorni, nel mese di marzo fu ricoverato nuovamente in seguito a una petizione firmata da ottanta cittadini di Arles
In ospedale ricevette la visita di [[Paul Signac]], che ottenne il permesso di accompagnarlo nella sua casa gialla: «Per tutto il giorno mi parlò di pittura, di letteratura, di socialismo. La sera era un po' stanco. Tirava un maestrale spaventoso che forse lo aveva innervosito. Volle bere un litro di essenza di [[trementina]] che si trovava sul tavolo in camera. Era ora di rientrare all'ospedale.»<ref>{{cita|Coquiot|p. 194|coquiot}}.</ref>
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=== A Saint-Rémy-de-Provence (1889) ===
La diagnosi del direttore della clinica, il dottor Peyron, fu di [[epilessia]]. Oggi si ritiene che van Gogh soffrisse di [[psicosi]] epilettica o "latente epilessia mentale": preceduti dallo "stadio crepuscolare", egli subiva attacchi di panico e allucinazioni ai quali reagiva con atti di violenza e tentativi di suicidio, seguiti da uno stato di torpore. Nei lunghi intervalli della malattia era in grado di comportarsi in modo del tutto normale<ref>{{cita|Crispino|p. 132|crispino}}.</ref>
Nella clinica di Saint-Rémy non veniva praticata alcuna cura, a meno di definire cura i due bagni settimanali cui i pazienti erano sottoposti. Non se ne lamentava il pittore quando scrisse che «osservando la realtà della vita dei pazzi in questo serraglio, perdo il vago terrore, la paura della cosa e a poco a poco posso arrivare a considerare la pazzia una malattia come un'altra»<ref>Lettera (591) a Théo van Gogh, 9 maggio 1889.</ref>.
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Nella ''Notte stellata'' van Gogh sembra allontanarsi decisamente dalla diretta osservazione della natura per esprimere uno stato d'animo attraverso la libera fantasia, per liberare le proprie emozioni piuttosto che ricercare un aspetto nascosto del paesaggio. Ma in quella visione della Luna, delle stelle e di fantasiose comete è «come se il cielo, passando attraverso i suoi gialli e i suoi azzurri, diventasse un irradiarsi di luci in moto per incutere un timor panico agli umani che sentono il mistero della natura»<ref>{{cita|Venturi|p. 326|venturi}}.</ref>.
E l'intento perseguito nel ''Oliveto con nuvola bianca'' viene spiegato da Vincent al fratello come risultato di ricerca stilistica<ref>Lettere (607 e 613) settembre-ottobre 1889.</ref>{{Citazione|Gli ulivi con la nuvola bianca e lo sfondo di montagne, così come il sorgere della luna e l'effetto notturno, costituiscono un'esagerazione dal punto di vista dell'esecuzione; le linee sono incisive come quelle degli antichi legni. Là dove queste linee sono serrate e volute comincia il quadro, anche se può sembrare esagerato. È un po' quello che sentono Bernard e Gauguin. Non ricercano la forma esatta di un albero, ma vogliono assolutamente che sia definito se essa è tonda o quadrata, e io do loro ragione, perché sono esasperato dalla perfezione fotografica e banale di certuni [...] io mi sento spinto a ricercare, se vuoi, uno stile, ma intendendo con questo un disegno più maturo e più intenzionale [...] gli studi disegnati con grandi linee nodose come nell'ultimo invio non erano quello che dovevano essere, ma voglio convincerti che nei paesaggi si continuerà ad ammassare le cose mediante un disegno che cerca di esprimere il groviglio delle masse.|}}▼
A novembre ricevette l'invito a esporre sue tele all'associazione «Les XX» a Bruxelles: accettò inviando sei quadri, due ''Girasoli'', ''L'edera'', ''Frutteto in fiore'', ''Campo di grano all'alba'' e ''La vigna rossa''
▲{{Citazione|Gli ulivi con la nuvola bianca e lo sfondo di montagne, così come il sorgere della luna e l'effetto notturno, costituiscono un'esagerazione dal punto di vista dell'esecuzione; le linee sono incisive come quelle degli antichi legni. Là dove queste linee sono serrate e volute comincia il quadro, anche se può sembrare esagerato. È un po' quello che sentono Bernard e Gauguin. Non ricercano la forma esatta di un albero, ma vogliono assolutamente che sia definito se essa è tonda o quadrata, e io do loro ragione, perché sono esasperato dalla perfezione fotografica e banale di certuni [...] io mi sento spinto a ricercare, se vuoi, uno stile, ma intendendo con questo un disegno più maturo e più intenzionale [...] gli studi disegnati con grandi linee nodose come nell'ultimo invio non erano quello che dovevano essere, ma voglio convincerti che nei paesaggi si continuerà ad ammassare le cose mediante un disegno che cerca di esprimere il groviglio delle masse.|}}
▲A novembre ricevette l'invito a esporre sue tele all'associazione «Les XX» a Bruxelles: accettò inviando sei quadri, due ''Girasoli'', ''L'edera'', ''Frutteto in fiore'', ''Campo di grano all'alba'' e ''La vigna rossa''.
Fu il pittore Bernard a invitare il critico d'arte [[Albert Aurier]], redattore de «Le Moderniste» e ammiratore della letteratura simbolista, a interessarsi di van Gogh: questi pubblicò allora sul «Mercure de France» del gennaio 1890 l'articolo ''Les Isolés: Vincent van Gogh'' in cui analizzò, esaltandola, la sua pittura. Definì inizialmente la sua personalità:
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{{Citazione|quando anche la moda farà sì che i suoi quadri vengano comprati - cosa poco probabile - ai prezzi delle infamie di Meissonier, non penso che tanta sincerità possa suscitare la tardiva ammirazione del grosso pubblico. Vincent van Gogh è al contempo troppo semplice e troppo raffinato per lo spirito borghese contemporaneo. Sarà completamente compreso soltanto dai suoi fratelli, gli artisti.<ref name=aurier/>|}}
Per quanto van Gogh potesse essere lusingato dalle lodi, giudicò l'articolo più un interessante pezzo di letteratura che un'analisi corretta della sua pittura. Al critico rispose direttamente<ref>Lettera ad Albert Aurier, 12 febbraio 1890.</ref> che le valutazioni sul suo cromatismo gli sembravano più pertinenti se riferite a un pittore come [[Adolphe Monticelli]] e difese anche la pittura di [[Ernest Meissonier|Meissonier]], per il quale espresse «un'ammirazione senza limiti»
Riguardo al suo presunto simbolismo, si espresse con il fratello<ref>lettera (626) a Théo van Gogh, 12 febbraio 1890.</ref> respingendo ogni sua adesione a quella corrente: «mi è così cara la verità, mi è così caro ''cercare di fare il vero'' che credo di preferire rimanere un calzolaio piuttosto che un musicista con i colori.»
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=== Ad Auvers-sur-Oise (1890) ===
Vincent arrivò a Parigi il 17 maggio e conobbe per la prima volta il nipotino e la signora van Gogh, che definì il cognato un uomo «forte, largo di spalle, con un colorito sano, un'espressione allegra e un'aria decisa». Passò tre giorni in casa del fratello, riesaminando i tanti suoi quadri che nel tempo gli aveva mandato, visitò il Salon, dove rimase colpito da un [[Puvis de Chavannes]], e una mostra d'arte giapponese. Poi, come convenuto, il 21 maggio partì per stabilirsi a [[Auvers-sur-Oise]], un villaggio a 30 chilometri da Parigi dove risiedeva un medico amico di Théo, il dottor [[Paul-Ferdinand Gachet]] (1828-1909), che si sarebbe preso cura di lui.
Van Gogh prese alloggio nel caffè-locanda gestito dai coniugi Ravoux, nella piazza del Municipio. Sembrò soddisfatto della nuova sistemazione: «Auvers è di una bellezza severa, e la campagna è caratteristica e pittoresca.»<ref>Lettera (635) a Théo van Gogh, 21 maggio 1890.</ref>
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In giugno Théo e la famiglia gli fecero visita e progettarono la possibilità di affittare ad Auvers una casa dove Vincent avrebbe potuto vivere insieme a qualche altro artista. La visita fu ricambiata da Vincent il 6 luglio a Parigi, dove incontrò Toulouse-Lautrec e, per la prima volta, il critico d'arte Albert Aurier. In quei giorni Théo, oltre ad avere il figlio seriamente malato, era afflitto da problemi di lavoro: così, Vincent preferì ritornare presto ad Auvers, non sopportando il clima di tensione che percepiva nella famiglia del fratello.
Van Gogh cominciò a temere una nuova crisi, e questa eventualità lo rese particolarmente nervoso: ebbe una violenta lite con Gachet per motivi banali - gli rimproverò di non aver fatto incorniciare una tela di Guillaumin che il dottore aveva in casa - e scrisse al fratello<ref>Lettera (648) a Théo van Gogh, luglio 1890.</ref>:
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Poco dopo ebbe un accesso di soffocamento, poi perse conoscenza e morì quella notte stessa, verso l'1:30 del 29 luglio.<ref name=c150>{{cita|Crispino|p. 150|crispino}}.</ref> In tasca gli trovarono una lettera non spedita a Théo, dove aveva scritto, tra l'altro: «Vorrei scriverti molte cose ma ne sento l'inutilità [...] per il mio lavoro io rischio la vita e ho compromesso a metà la mia ragione».<ref name=c150/>
Essendo il pittore morto suicida, il parroco di Auvers si rifiutò di benedirne la salma, e il carro funebre fu fornito da un municipio vicino. La vicina cittadina di Méry, comunque, acconsentì alla sepoltura e il funerale si tenne il 30 luglio.
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Nel corso degli anni vi è stato un acceso dibattito per quanto riguarda l'[[eziologia]] della malattia di van Gogh e quanto abbia inciso sulla sua produzione artistica. Oltre 150 [[psichiatri]] hanno tentato di classificare i suoi disturbi, con il risultato di circa 30 [[diagnosi]] diverse.<ref name="Blumer">Blumer, Dietrich. "[http://ajp.psychiatryonline.org/cgi/content/abstract/159/4/519 "The Illness of Vincent van Gogh]". ''American Journal of Psychiatry'', 2002.</ref> Esse includono la [[schizofrenia]], il [[disturbo bipolare]], la [[sifilide]], l'[[avvelenamento]] da ingestione di vernici, l'[[epilessia]] del [[lobo temporale]] e la [[porfiria acuta intermittente]], con l'aggravante della [[malnutrizione]], del lavoro eccessivo, dell'[[insonnia]] e del [[alcolismo|consumo di alcool]], in particolare di [[assenzio]].
== L'arte e le opere di Van
{{Vedi anche|Prime opere di Vincent van Gogh|Opere di Vincent van Gogh|Studi di van Gogh sui contadini}}
Non si può sostenere che la pittura sia stata una vocazione per van Gogh, che infatti cominciò a dipingere dopo aver compiuto ventotto anni. A giudicare dagli anni della sua piena giovinezza, se egli ebbe una vocazione, fu quella di essere vicino ai miseri della terra, i braccianti, i contadini poveri e gli operai per i quali il lavoro rappresentava la maggiore sofferenza, quelli delle [[miniera|miniere]].
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A Parigi, Van Gogh comprese la necessità di concentrarsi non tanto su un soggetto determinato, ma su come dipingere: assimilò il modo [[impressionismo|impressionista]] ma senza accettarlo, perché egli aveva necessità di porsi direttamente di fronte alle cose, eliminando la mediazione degli effetti atmosferici e delle vibrazioni di luce. Il paesaggio meridionale della [[Provenza]], con la certezza della sua visione immobile e assolata, serviva al meglio al suo scopo.
Così, nella ''Pianura della Crau'', dipinta nel giugno del 1888 ad Arles, i colori si distendono in zone compatte, susseguendosi in profondità,<ref>{{cita|Venturi|p. 315|venturi}}.</ref> e
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Sempre secondo Argan, il ritratto di Joseph Roulin non ha nulla di «tragico» in sé: la tragedia sta nel vedere e vedersi<ref>{{cita|Argan|p. 161|argan}}.</ref>
Van Gogh spesso realizzava i suoi lavori in serie. Nel 1884, a [[Nuenen]], aveva lavorato a una serie che doveva decorare la sala da pranzo di un amico di [[Eindhoven]]. Allo stesso modo, ad Arles, nella primavera del 1888, organizzò i suoi dipinti di frutteti in fiore in [[trittico|trittici]], iniziò una serie di figure che trovarono conclusione nella serie della famiglia Roulin, e infine, quando Gauguin acconsentì di lavorare e vivere ad Arles con lui, iniziò a lavorare sulle decorazioni per la Casa Gialla, lo sforzo artistico più ambizioso che abbia mai intrapreso.<ref name="d1909"/>
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=== Autoritratti ===
Van Gogh, durante la sua vita, dipinse molti [[autoritratti]]: tra il 1886 e il 1889 rappresentò se stesso ben 37 volte.<ref>{{cita web|url=http://www.visual-arts-cork.com/genres/self-portraits.htm|titolo=Encyclopedia of Irish and World Art, art of self-portrait|lingua=inglese|accesso=3 giugno 2010}}</ref> In tutte queste opere, lo sguardo del pittore è raramente diretto verso l'osservatore. Anche quando lo sguardo è fisso, sembra guardare altrove. I dipinti variano in intensità e colore e alcuni ritraggono l'artista con la barba e altri senza. Particolari sono gli autoritratti che lo rappresentano bendato, dipinti dopo l'episodio in cui lo ha visto recidersi un orecchio. L'''Autoritratto senza barba'', realizzato alla fine di settembre 1889, è uno dei dipinti più costosi di tutti i tempi essendo stato venduto per 71,5 milioni di dollari nel 1998 a [[New York]].<ref>{{cita web|url=http://www.chiff.com/a/painting-top-ten.htm|titolo=Top-ten most expensive paintings|editore=Chiff.com|accesso=13 giugno 2010}}</ref> A quel tempo, era il terzo (o quarto per l'aggiustamento dovuto all'[[inflazione]]) dipinto più pagato di sempre. Questo quadro fu anche l'ultimo autoritratto di van Gogh e fu realizzato come regalo di compleanno per sua madre.<ref name="pick">{{cita|Pickvance 1986|p. 131|pickvance1986}}.</ref>
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=== Ritratti ===
Van Gogh, noto per i suoi paesaggi, sembrava però avere la sua più grande ambizione nei [[ritratto|ritratti]].<ref name="CMA67"/> A proposito di essi, ebbe a dire: «L'unica cosa in pittura che mi emoziona nel profondo della mia anima, e che mi fa sentire più infinito di ogni altra cosa».<ref name="NGA">{{Cita web |url=http://www.nga.gov/collection/gallery/gg84/gg84-46626.html |titolo=La Mousmé |anno=2011 |sito=Postimpressionism |editore=National Gallery of Art |accesso=20 marzo 2011 | postscript=Additional information about the painting is found in the audio clip.}}</ref>
A sua sorella scrisse:<ref name="CMA67">{{Cita libro | titolo=Monet to Dalí: Impressionist and Modern Masterworks from the Cleveland Museum of Art | autore=Cleveland Museum of Art | editore=Cleveland Museum of Art | città=Cleveland | anno=2007 | pagine=67 | url=http://books.google.com/books?id=lCTuPh-ixmIC&pg=PA67#v=onepage&f=false| isbn=978-0-940717-89-3 }}</ref>
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=== Cipressi ===
Una delle serie più popolari e note dei dipinti di van Gogh sono i suoi [[Cupressus|cipressi]]. Durante l'estate del 1889, su richiesta della sorella Wil, realizzò diverse versioni più piccole di ''[[Campo di grano con cipressi]]''.<ref>{{cita|Pickvance 1986|p. 132-133|pickvance1986}}.</ref> Queste opere sono caratterizzate da pennellate molto dense, la stessa tecnica che utilizzò per uno dei suoi più noti dipinti: la ''[[Notte stellata]]''. Le altre opere della serie sono simili negli elementi stilistici tra cui ''Cipressi con le Alpilles sullo sfondo'' (1889), ''Cipressi'' (1889), ''Cipressi con due figure'' (1889-1890), ''Strada con cipressi e stella'' (1890) e la ''[[Notte stellata sul Rodano]]'' (1888). Questi capolavori sono diventati sinonimo dell'arte di van Gogh attraverso la loro unicità stilistica.
''Strada con cipresso e stella'' (1890), è un'opera dal soggetto irreale e artificiale, come in ''[[Notte stellata]]''. Lo storico dell'arte Ronald Pickvance sostiene che questo dipinto rappresenti un'esperienza esaltata della realtà, una fusione tra Nord e Sud; Van Gogh e Gauguin, invece, indicano questo dipinto come un'«astrazione». Facendo riferimento a ''Cipressi con le Alpilles sullo sfondo'', in una lettera a Theo, van Gogh scrisse: «Finalmente ho un paesaggio con i cipressi e anche un nuovo studio di una notte stellata».<ref>{{cita|Pickvance 1986|pp. 101; 189-191|pickvance1986}}.</ref>
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=== Fiori ===
{{Vedi anche|Girasoli (Van Gogh)}}
Van Gogh dipinse diverse versioni di paesaggi con fiori, come si vede in ''Paesaggio di Arles con Iris'', e dipinti che raffigurano esclusivamente fiori. I principali soggetti rappresentati sono [[Iris (botanica)|Iris]], [[Syringa|lillà]], [[Rosa (botanica)|rose]] e i suoi famosi [[Helianthus annuus|girasoli]].<ref>"[http://www.vggallery.com/misc/sunflowers.htm Letter 573]" Vincent to Theo. 22 or 23 January 1889.</ref> Queste opere riflettono i suoi interessi nel linguaggio del colore e della tecnica giapponese ''[[Ukiyo-e]]'' di cui si era appassionato.<ref>Pickvance (1986), 80–81; 184–187.</ref>
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=== Campi di grano ===
I passaggi intorno ad Arles sono dei soggetti che van Gogh dipinse in molte occasioni. Egli realizzò, infatti, una serie di dipinti raffiguranti raccolti e campi di [[Triticum|grano]] e altri edifici rurali della zona, tra cui ''Il vecchio mulino'' (1888). Un ottimo esempio di questi dipinti ci viene dalla serie dei campi di grano<ref name="pick177">Pickvance (1984), 177</ref> inviati poi a [[Pont-Aven]], il 4 ottobre 1888, come scambio di lavori con [[Paul Gauguin]], [[Émile Bernard]] e [[Charles Laval]].<ref name="pick177" /><ref>{{cita web|url=http://www.albrightknox.org/ArtStart/vanGogh_l.html|titolo=Seeing Feelings|lingua=en|editore=Buffalo Fine Arts Academy|accesso=26 giugno 2009}}</ref> In vari momenti della sua vita, van Gogh, dipinse ciò che vedeva dalle finestre delle sue abitazioni a L'Aia, Anversa, Parigi e dalla sua cella nel [[manicomio]] di Saint-Rémy.<ref>{{cita|Hulsker 1980|pp. 390-394|hulsker1980}}.</ref>
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=== Il giapponismo di van Gogh ===
Durante il biennio trascorso a Parigi cresce in van Gogh l'interesse per l'[[arte giapponese]], che aveva già mostrato di apprezzare nelle sue lettere scritte ad Anversa.<ref>{{cita|Crispino|p. 78|crispino}}.</ref> Grazie all'apertura dei porti del [[Giappone]] all'occidente, avvenuta verso la fine del [[XIX secolo]], il [[giapponismo]] e l'arte asiatica in generale divenne di grande interesse in Francia. Van Gogh acquistò le sue prime stampe ad Anversa e trasmise il suo interesse per quell'arte lontana al fratello Theo; insieme raccolsero più di quattrocento opere, oggi conservate al Museo Van Gogh di Amsterdam.<ref>{{cita|Homburg|p. 29|homburg}}.</ref>
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