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Tartari, e gli studiosi, placidi e contemplativi abitanti delle pianure indiane». Jones respingeva anche l'argomento di Bailly secondo cui il sanscrito, «di cui egli dà un resoconto più che erroneo», «fu la prova dell'esistenza di un'antica civiltà perduta originaria del nord».<ref>Jones, ''Dissertations and Miscellaneous Pieces'', 116–17.</ref>
 
Lo storico Thomas Trautmann osserva che Jones approcciò lo studio dell'antica [[India]] da ipotesi epistemologiche molto diverse da quelle dei ''philosophes'' francesi [[Voltaire]] e [[Bailly]]. Mentre Voltaire era attratto dall'India per il potenziale che l'antica storia indiana aveva di confutare il racconto della Genesi e mentre Bailly aveva incorniciato la sua Atlantide Nordica alternativa all'Eden biblico, Jones, come la maggior parte dei suoi connazionali britannici fino alla metà del [[XIX secolo]], continuò ad operare all'interno di quello che lo stesso Trautmann chiama «etnologia mosaica», che cercava di conciliare la disciplina nascente dell'[[orientalismo]] con le [[Sacre Scritture]] tracciando la discesa di tutti i popoli del mondo antico dai tre figli di [[Noè]]. Trautmann sostiene che l'interpretazione prevalente di Jones, come pioniere della linguistica comparata e del "mito ariano", oscura il progetto di altri che, prima di lui, «volevano formare una difesa razionale della Bibbia dai materiali raccolti dagli studiosi orientalisti».<ref>< name="trautmann" /ref> Per questo motivo, Jones non poteva accettare l'estesa linea temporale di Bailly per la civiltà umana, né il suo rifiuto dell'Eden a favore di Atlantide.<ref name="trautmann">Trautmann, ''Aryans and British India'', 42.</ref>
 
La leggenda di una preistorica civiltà, di lingua sanscrita, origine dell'umanità, suggerita dai lavori di Bailly e Jones, fu resa popolare nei primi anni del [[XIX secolo]] dal filosofo tedesco [[Friedrich Schlegel]]. Schlegel, che aveva studiato il [[sanscrito]] a Parigi con l'orientalista britannico [[Alexander Hamilton]] nel periodo tra [[1803]] e il [[1804]], comparando la scoperta degli antichi testi [[Veda]] con la rinascita della cultura classica nel [[XV secolo]] in Italia, sostenendo che questo «Rinascimento Orientale [...] non avrebbe avuto minore influenza sulla sfera dell'intelligenza europea [rispetto a quello italano]».<ref>Friedrich Schlegel, “On the Language and Philosophy of the Indians,” trad. E. J. Millington, in ''The Aesthetic and Miscellaneous Works of Friedrich von Schlegel'' (London: George Bell, 1875), 425–526, 427.</ref> Schlegel affermò che il sanscrito non solo era legato al greco e latino, come Jones aveva sostenuto, ma che fosse «di maggiore antichità» rispetto ad entrambi, e confrontò la diffusione delle lingue derivate dal sanscrito ​​in Europa e in Asia alle lingue romanze dal Mediterraneo al contemporaneo nuovo mondo.<ref>Schlegel, ''On the Language and Philosophy of the Indians'', 456, 506.</ref>