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[[File:Sanno Hotel in 1936.JPG|thumb|left|upright=0.7|I ribelli espongono i loro striscioni sul Sanno Hotel, quartier generale dei giovani ufficiali.]]
 
Dopo la morte di Saitō e il ferimento di Suzuki, i principali consiglieri dell'Imperatore ancora i servizio erano il capo della segreteria del Lord del sigillo, [[Kōichi Kido]], il Ministro della casa imperiale Kurahei Yuasa e il vice-ciambellano Tadataka Hirohata. Questi tre alti dignitari accorsero al Palazzo imperiale dopo aver appreso dell'insurrezione dal segretario dell'ammiraglio Suzuki e sostennero una posizione rigida consigliando l'Imperatore a richiedere il massimo impegno per schiacciare la ribellione; bisongavabisognava respingere lo spirito di rassegnazione che sembrava dominare nel governo che avrebbe potuto solo favorire il "successo delle forze ribelli". Fu dopo aver ascoltato questi avvertimenti dei suoi consiglieri che Hirohito irrigidì la sua posizione verso gli insorti<ref>{{cita|Shillony, 1973|pp. 173-174}}</ref><ref>{{cita|Kita, 2003|pp. 104-105}}</ref>.
 
Il generale Kawashima arrivò al Palazzo Imperiale alle ore 09.30 dopo il suo incontro con gli ufficiali ribelli al Ministero della guerra ed ebbe un colloquio con l'Imperatore al quale lesse ad alta voce il proclama degli insorti; il Ministro della guerra raccomandò a Hirohito di costituire un nuovo governo per "rinnovare la ''kokutai'', stabilizzare la vita nazionale e completare la difesa dela patria". L'Imperatore rifiutò e ordinò invece al generale Kawashima di schiacciare la rivolta; Hirohito apparve molto preoccupato, definì gli avvenimenti "deplorevoli" e affermò che riteneva che l'esercito rischiava di "infilare il collo in un cappio di seta"<ref>{{cita|Toland, 1971|pp. 40-41}}</ref>. I componenti superstiti del governo Okada, all'oscuro del fatto che il Primo ministro era ancora vivo, cercarono di dimettersi nel pomeriggio, ma l'Imperatore disse che non lo avrebbe permesso fino a quando la rivolta non fosse stata sedata<ref name="cita|Bix, 2000|p. 299"/><ref>{{cita|Shillony, 1973|pp. 149-150 e 174}}</ref>.