Crisi da sovraindebitamento: differenze tra le versioni
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Con il termine “sovraindebitamento” si intende il perdurante squilibrio tra il patrimonio liquidabile e le obbligazioni contratte, tali da impedire all’imprenditore di adempiere alle stesse attraverso mezzi ordinari.
L’istituto della crisi da sovraindebitamento è stata inserita, nell’ordinamento giuridico italiano, mediante decreto legge n.179 del 18 ottobre 2012, convertito con modificazioni dalla legge n.221 del 7 dicembre 2012.<ref>{{Cita libro|autore=L. Guglielmucci,|titolo=Diritto Fallimentare|anno=2014|editore=Giappichelli Editore|città=Torino|p=p.347|pp=|ISBN=}}</ref>
Il legislatore, con l’introduzione della disciplina del 2012, ha voluto offrire ai debitori in buonafede, che non avessero i requisiti stabiliti dall’art.1 [[Legge fallimentare|l.f.]] , l’utilizzo di un mezzo alternativo per soddisfare i debiti sorti, attraverso un accordo o un piano del consumatore: la procedura in questione, rientrante nel Capo II denominato “procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento” della l. 221/
Il creditore sarà predisposto maggiormente all’accettazione dell’accordo ovvero del piano del consumatore in quanto a quest’ultimo è garantita una soddisfazione, seppur parziale, del credito vantato in un lasso di tempo ridotto rispetto all’azione individuale; il debitore, invece, trarrà come vantaggio lo stralcio di una parte di debiti, non più esigibili da parte dei creditori.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=F. DI Marzio|titolo=La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento|rivista=Il Civilista “|volume=Speciale Riforma 2013|numero=}}</ref>
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