Discussione:Società Sportiva Lazio: differenze tra le versioni
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Tra le imprecisioni più eclatanti vorrei segnalare: il presunto sostegno di Mussolini alla Lazio, mai esistito se non sotto forma della sottoscrizione di una tessera di socio "per la simbolica quota di lire mille": Mussolini fu presente, non più di due-tre volte, tanto alla Rondinella a partite della Lazio quanto a Campo Testaccio per assistere a partite della Roma. L'interesse del duce per il calcio, al di fuori del vantaggio che poteva trarne a fini propagandistici, era pressoché nullo, né egli si intromise mai nelle questioni calcistiche per favorire una squadra piuttosto che un'altra. Solo la Nazionale gli interessava, in quanto appunto veicolo propagandistico: ai Mondiali del 1938 la Federazione Italiana pretese che il Brasile, nell'incontro di semifinale contro l'Italia, non schierasse il calciatore Niginho, che aveva giocato in Italia come oriundo e aveva abbandonato il nostro paese nell'estate 1935 per evitare una possibile chiamata alle armi per la guerra in Abissinia: si dice che dieto la richiesta (esaudita dalla Fifa) di non vedersi schierato contro un "traditore" ci fosse Mussolini stesso, ma i riscontri storici sono discordi in merito. Va ricordato, comunque, che nell'immaginario collettivo, se rimangono tracce di interventi di questo tipo, essi consistono unicamente nel famoso "scudetto fatto vincere da Mussolini" alla Roma nel 1942, leggenda alimentata soprattutto dalle dichiarazioni di Helenio Herrera, allenatore appena licenziato dalla società giallorossa nel 1971: leggenda che a Roma ha costituito a lungo oggetto di discussione fra tifosi, e che tuttavia non ha trovato alcun riscontro storico e che nel tempo ha perduto credibilità. Gli interventi a favore dei club avvenivano soprattutto ad opera dei gerarchi, il più attivo e spudorato dei quali fu il bolognese Arpinati, che condizionò almeno una volta (1925) in modo scandaloso l'esito di un campionato: forse non è un caso che durante il ventennio il Bologna, squadra sostenuta da Arpinati, vinse sei dei sette titoli di cui si fregia. Non mi pare di aver letto fra le future "opere" dello sceriffo un capitolo dedicato a "il Bologna e la politica", che pure lo meriterebbe più di qualsiasi altro club.
Anche la questione su "quale fosse la prima squadra di Roma", se non resa manifestamente ridicola dal confronto delle date di fondazione, è chiusa da tempo, nonostante patetici tentativi di riaprirla estendendo arbitrariamente a ritroso la storia dell'ASRoma, comprendendo in essa (perché mai?) anche la storia di Roman, Fortitudo e Alba, fondate rispettivamente nel 1903, 1908 e 1907: il che chiude comunque ogni discussione.
Il "nutrito gruppo di calciatori appassionati di paracadutismo" era del corposo numero di due: Martini e Re Cecconi. Le due fazioni opposte trovavano la loro ragione esclusivamente in questioni geografiche (i nordici contro gli altri), tanto è vero che i citati "fascisti" Re Cecconi e Martini erano acerrimi nemici degli altrettanti presunti "fascisti" Wilson e Chinaglia. L'episodio citato del calcio di Chinaglia a D'Amico ha origine unica nelle vicende di quell'Inter-Lazio (D'Amico, di cui Chinaglia si considerava una specie di padre putativo, derise Giorgio che aveva subito un tunnel da Alessandro Mazzola). Per quanto riguarda l'episodio delle armi sull'aereo, non c'è bisogno di scomodare John Foot: l'episodio è notissimo, è citato anche nel libro di Chiappaventi e accadde su un volo per Bergamo
E' falsa anche l'affermazione circa gli spari "contro i tifosi della Roma": pazzi scatenati sì, assassini no di certo. L'episodio riguarda la vigilia di un derby, quello del 31 marzo 1974, passaggio decisivo verso lo scudetto della Lazio. Alcuni tifosi romanisti pensarono bene di disturbare il sonno dei calciatori laziali, la notte precedente la partita: Petrelli in testa, furono sparati alcuni colpi in aria per spaventare i disturbatori (effetto ottenuto, stando ai racconti dei laziali).
Le risse con Arsenal e Ipswich hanno origine unicamente dalle vicende del terreno di gioco.
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