Curinga: differenze tra le versioni

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== Geografia fisica ==
Il paese, che sorge su di una collina a circa 380 metri s.l.m., si affaccia sulla [[piana di Sant'Eufemia|piana]] di Lamezia e il [[Mar Tirreno]], al centro del [[golfo di Sant'Eufemia]], sulla [[Costa dei Feaci|Costa dei Feaci.]] Il territorio comunale si estende per 52,53 kmqkm² e degrada dolcemente da est verso ovest, dalle falde delle Serre Vibonesi (Monte Contessa, metri 881 s.l.m.) al litorale pianeggiante.
[[File:Territorio Curinga.jpg|sinistra|miniatura|Il territorio del comune di Curinga, visto da Monte Contessa, con le Isole Eolie sullo sfondo.]]
Offre paesaggi e caratteristiche ambientali variegate: boschi di faggi, lecci, querce e abeti sono presenti in alta collina. In località Vrisi si può ammirare il Gigante Buono, un platano orientale millenario monumentale (Platano orientale di Vrisi), tra i piupiù grandi d'Europa, mentre il pioppo nero più grande d'Italia si trova poco più a valle, proprio all'ingresso del borgo. Per questo motivo Curinga è conosciuta anche come ''"il paese dei due giganti"'' .
 
Il litorale è caratterizzato da cinque km di spiaggia libera con un ampio arenile in sabbia silicea e dune marine che ospitano colonie di piante psammofile e una folta macchia mediterranea con mirti e ginepri. L'intera area è stata riconosciuta come Sito di Interesse Comunitario (S.I.C. "Dune dell'Angitola"). Seguendo la linea costiera, una folta pineta ricopre tutto il litorale comunale fino a Torre MezzaPraja ''(Ruaddu)'' dove lascia spazio a eucalipti ed a una zona umida anch'essa riconosciuta Sito di Interesse Comunitario (S.I.C. "Palude di Imbutillo"). Alle spalle della pineta costiera si estende una fertile pianura ricca di agrumeti e uliveti che interessa metà della superficie comunale. Ai piedi delle colline si trova un'antica ed enorme duna fossile importante testimonianza del neolitico. Il panorama collinare è caratterizzato quasi interamente da ulivi secolari e vigneti.
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L'insediamento principale è il borgo di Curinga che sorge in posizione collinare ed è capoluogo dell'omonimo comune. Ospita la metà dei residenti. Il pittoresco centro storico del paese è un intreccio di stradine, scalini, vicoli caratteristici ''(carrìari)'' che attraversano un tessuto urbano estremamente irregolare fatto di piccole case costruite in pietra e attacate tra loro che portano a piazzette dominate quasi sempre da palazzotti gentilizi: Largo e palazzo Bevilacqua, Piano di Pruscino e palazzo Loffredo (Perugini), Largo Impietrata (Menzalora) e palazzo Serrao. Altri ancora sono Palazzo Senese, Palazzo Panzarella, Palazzo Ciliberti (Cuda). È diviso in rioni ''(rughi),'' tra i quali i principali sono Ospizio ''(Spìzzu)'', Calvario ''(Carvàru),'' San Giuseppe, Pietrapiana ''(Petraxhiana),'' Serra di Ciancio, Notar Cola ''(Notraccola).'' Il corso principale del centro storico è Corso Garibaldi e attraversa le tre piazze di Curinga: Piazza Diaz, Piazza San Francesco, Piazza Immacolata. Tre sono anche le chiese principali: Il Duomo o Chiesa di Sant'Andrea Apostolo, il Santuario Maria SS.ma del Carmelo, la Chiesa Maria SS.ma dell'immacolata. Le ultime due vedono una intensa partecipazione da parte delle relative confraternite. Nel centro storico sono presenti inoltre la Chiesa di San Giuseppe, la Chiesa dell'Addolorata, la Chiesa di Maria SS.ma del Soccorso, mentre fuori dall'abitato la Chiesa della Madonna delle Grazie. Il centro storico nel corso degli anni ha subito un graduale spopolamento dovuto a fenomeni di migrazione verso paesi quali Stati Uniti, Canada, Argentina, Venezuela, Australia, Francia, Svizzera, Germania. A [[London (Canada)]] è presente una forte e orgogliosa comunità di curinghesi che mantengono viva la tradizione e il legame con il paese di origine attraverso le attività del Curinga Club. Gli ultimi fenomeni di spopolamento del centro sono da individuare invece in una gestione urbanistica che ha favorito la nascita di nuovi quartieri mal integrati nel tessuto urbano storico del paese. Gli antichi rioni un tempo pieni di vita appaiono oggi decadenti.
 
Al centro della piana si trova [[Acconia]], frazione di Curinga che detiene quasi lo stesso numero di abitanti del paese capoluogo. Importante e rinomato centro agricolo sviluppatosi sui resti dell'antica Laconia, risorge proprio come villaggio agricolo in seguito alla bonifica della piana, conoscendo un forte incremento urbano a partire dagli anni 80. Ha una piazza intitolata a San Giovanni Battista sulla quale si affaccia l'omonima Chiesa. Costruita di recente, non distante dalla piazza è la Chiesa di Santa Maria della Speranza che ospita la vita parrochiale della comunità. E'È sede di una stazione ferroviaria ([[Stazione di Curinga]]). Poco distanti da Acconia si trovano le contrade di Ferriolo, Cerzeto, Torrevecchia, Prato S.Irene.
 
Le contrade di Trunchi, Ergadi, Calavrici si trovano sul confine sud del comune di Curinga.
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L'intero territorio curinghese fa parte del regno mitologico che [[Omero]] nell'Odissea descrisse come ''[[Feaci|"Terra dei Feaci"]]. Armin Wolf, docente di Storia medievale presso l'università di Heidelberg e ricercatore presso il Max Planck Institute di Francoforte, sostiene che Ulisse, prima del suo imbarco per ritornare a Itaca, abbia attraversato via terra l'Istmo calabrese di Sant'Eufemia (Cz) e ritiene che la terra dei Feaci sia da identificare con l'attuale territorio ricompreso tra il Golfo di Sant'Eufemia e quello di Squillace.''
 
“''[…] Alti alberi là dentro, in pieno rigoglio, peri e granati e meli dai frutti lucenti, e fichi dolci e floridi ulivi; mai il loro frutto vien meno o finisce, inverno o estate per tutto l'anno: ma sempre il soffio di Zeffiro altri fa nascere e altri matura. Pera su pera appassisce, mela su mela, e presso il grappolo il grappolo, e il fico sul fico. Là anche una vigna feconda era piantata, ed una parte di questa in aprico terreno matura al sole; d'un 'altra vendemmiano i grappoli  e altri ne pigiano; ma accanto ecco grappoli verdi, che gettano il fiore, altri appena maturano. Più in là lungo l'estremo filare, aiuole ordinate d'ogni ortaggio verdeggiano, tutto l'anno ridenti. E due fonti vi sono: una per tutto il giardino si spande; l'altra all'opposto corre fin sotto il cortile, fino all'alto palazzo: qui viene per acqua la gente. Questi mirabili doni dei numi erano in casa d'Alcinoo[…]"([[Odissea]], VII, 81-132).''
[[File:Statere tesoretto terina curinga magna grecia.jpg|miniatura|Statere arcaico facente parte del tesoretto di Curinga. ''Museo Nazionale dela Magna Grecia di Reggio Calabria.'']]
Proprio sull'estesa e sabbiosa spiaggia curinghese [[Ulisse]] approda e incontra [[Nausicaa]]. Questa lo condurrà a Scheria, da suo padre, il re [[Alcinoo]] che lo aiuterà in seguito a ritornare a [[Itaca]].
 
Furono probabilmente questi racconti a spingere i primi coloni greci a stabilirsi nell'area. È ragionevole ritenere che nel periodo magno greco il litorale curinghese fornì un comodo e utile approdo marittimo tra gli imbocchi e quindi le vie di comunicazione verso l'interno, dell' [[Amato (fiume)|Amato]] e dell' [[Angitola (fiume)|Angitola]] a metà strada tra le città greche di Hipponion ([[Vibo Valentia]]) e [[Temesa]] (Nocera T.). ll tempio di [[Dioscuri|Castore e Polluce]] (di cui si conservano, all'interno del giardino di villa Cefaly, due delle quattro colonne rinvenute), eretto dai navigatori [[achei]] che occuparono quest'area, e successivamente inglobato dai Romani nella costruzione delle Terme, fornisce un indizio sull'ubicazione della città greca perduta di [[Terina]]. Questa tesi tuttavia necessiterebbe di studi e campagne di scavo approfondite e al momento non ci sono certezze sull'entità dell'insediamento ellenico in zona, nonostante la chiara nomenclatura che individua nell'area luoghi come ''Lacconia'' ([[Laconia]]), Calavrici ([[Kalavryta]]), Malia (Amalias), ed ancora Argò, Argadi, Aglioca, Chinea, Moddoni, Palandara ecc.. Proprio Lacconia viene decantata dai versi del poeta Bartolomeo Romeo che la descrive come: ''città opulenta, pullulante di templi ricchi di marmi e di divinità, palazzi aristocratici, officine che da mane a sera ritmano la canzone del lavoro, studi profondi alternati a svaghi raffinati"''<ref>{{Cita libro|autore=Antonio Bonelli|titolo=Curinga. Recuperi di storia e di vita sociale|anno=1984|editore=Rubbettino Editore|città=Soveria Mannelli|p=25|pp=|ISBN=}}</ref>''.'' Girolamo Marafioti nel 1601 scrive: ''"si ritrovano ancora in questo territorio le rocche del marmo"''<ref>{{Cita libro|autore=Girolamo Marafioti|titolo=Croniche et antichità di Calabria.|anno=1601|editore=|città=|p=|pp=|ISBN=}}</ref>.
 
In contrada Prato S. Irene e nelle adiacenze del torrente Tre Calrini è stata scoperta una necropoli con suppellettili tardo elleniche, vestigia di età classica si riscontrano anche nell'alveo del torrente Turrino. Nel 1916, durante operazioni di bonifica del torrente, venne ritrovato accidentalmente un tesoretto di circa 300 [[Statere|stateri]] greci arcaici ([[VI secolo a.C.|VI secolo a.C]]) in argento e in buono stato di conservazione, subito diviso tra gli operai e la gente del luogo. L'intervento di Paolo Orsi e della Prefettura ne scongiurò la totale dispersione: 164 monete furono recuperate a Ravenna, 14 a Catanzaro, 11 a Pizzo, 4 a Curinga, mentre il contenitore ceramico ed il resto del tesoretto non furono più ritrovati. Provenienti dalle zecche delle città di Taranto, Crotone, Metaponto, Sibari, Caulonia, sono attualmente conservate nel [[Museo nazionale della Magna Grecia|Museo Nazionale della Magna Grecia]] a Reggio Calabria<ref>{{Cita libro|autore=Emanuela Spagnoli, ‎Marina Taliercio Mensitieri|titolo=Ripostigli dalla piana lametina|anno=2004|editore=Social Science|città=|p=|pp=49-53|ISBN=}}</ref>.
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=== Periodo Normanno ===
[[File:Diploma concessione conte ruggero curinga calabria.jpg|miniatura|Frammento della trascrizione del 1098, fatta da Francesco Mauro da Lacconia, del diploma con cui il Conte Ruggero concede benefici ai basiliani. ''Biblioteca Universale di Halle''.]]
Nel 1057 [[Roberto il Guiscardo]] con i suoi uomini muove da nord verso Reggio. Arrivato presso il fiume Mucato (Turrina) nei pressi di Lacconia, si accampa per due giorni per consentire ai soldati di riposare. Ne approfitta per esplorare il territorio, contattare la popolazione e tentare accordi con i notabili di Neokastron e Maghida. I due borghi vengono assoggettati cosicosì come il resto della Calabria [[Impero bizantino|bizantina]]. Roberto diviene Duca dei territori conquistati, ma è costretto a cedere metà della Calabria al fratello [[Ruggero I di Sicilia|Ruggero]]. La linea di confine sul Tirreno viene fissata seguendo il corso del torrente Mucato. A Ruggero spetta il sud mentre Roberto andrà a nord. Il territorio di Curinga e Lacconia in particolare sono in questo periodo confine amministrativo tra i due territori normanni. Nel 1062 il Duca Roberto fa pressione su Antrasillo, signore di Maida, affinché questi ceda il cenobio di Sant'Elia con le dipendenze e i villani all'abate di S.Eufemia. Nel 1098 il Conte Ruggero, in marcia verso Salerno, presso Lacconia firma un Diploma che concede beni e diritti ai basiliani della zona. Sotto il dominio normanno si intensificò l'attività agraria nella piana: cereali, canna da zucchero, oliveti, vigne ed orti. Iniziano a comparire anche le prime colture di gelsi con conseguente produzione tessile. I terreni sono affidati oltre che ai conventi, alla famiglia normanna (o nordica) dei Bono, che vantava proprietà tra Lacconia e L'Amato. L'imperatore [[Federico II di Svevia|Federico II]], abilissimo falconiere amante della caccia, dichiarò foresta regia (Ascrea) i boschi che allora si estendevano alle spalle di Lacconia fin oltre L'Amato, mentre in un privilegio rilasciato nel 1225 ai Cistercensi di Corazzo si parla della florida tonnara presente tra Rocca Angitola e Lacconia. La regina [[Costanza II di Sicilia|Costanza]] cedette il feudo a Giacomo figlio di Ruggero di [[Sanseverino (famiglia)|Sanseverino]], che nel 1354 concesse all'ordine dei Celestini il prelievo di ventiquattro barili di tonno all'anno, privilegio confermato dai Re Ladislao nel 1404 e [[Federico I di Napoli|Federico d'Aragona]] nel 1488. La tonnara rimase attiva fino alla fine XVIII secolo.<ref>{{Cita libro|autore=Antonio F. Parisi|titolo=Lacconia. Un antico insediamento|anno=1987|editore=Laruffa Editore|città=Reggio Calabria|p=|pp=15- 16, X - XII, 18 - 21|ISBN=}}</ref>
 
=== Periodo Angioino - Aragonese ===
Con la caduta di [[Manfredi di Sicilia|re Manfredi]], gli Angioni si insediarono nel territorio. Nel 1269 Lacconia venne concessa a Giordano Sanfelice mentre il cenobio di San Nicola in Calavrici divenne base operativa e osservatorio di Gillotto Santoliceto nel suo tentativo di impadronirsi di Rocca [[Niceforo II Foca|Nicefora]] (Rocca Angitola), tentativo riuscito nel 1278. Ai Santoliceto, uomini di fiducia di [[Carlo I d'Angiò|Carlo I]], verranno riconosciuti i diritti su Lacconia, Curinga e Calavrici, oltre che su Maida ed il resto del feudo. Furono anni bui per la popolazione del luogo, costretta a subire prepotenze e angherie di ogni genere da parte dei nuovi signori. Durante il dominio angioino, i monasteri, che tanto si erano adoperati per il rifiorire della piana, versano in uno stato di abbandono. La popolazione insorge nel 1283 ([[Vespri siciliani|Guerra del Vespro]]), aggravando ulteriormente la situazione economica, politica, sociale e religiosa già al collasso a causa del fiscalismo degli Angioini, delle incursioni saracene e dalle truppe assoldate dalle parti in lizza. Il monastero di San Nicola viene devastato e, abbandonato dai monaci, non verrà più riedificato<ref>{{Cita libro|autore=AAVV / Sebastiano Augruso, Palma De Vita, Pietro Monteleone, Giovambattista Calvieri|titolo=Geografie Verticali|anno=2001|editore=Qualecultura / Jaca Book|città=Vibo Valentia|p=|pp=237 - 238|ISBN=}}</ref>. Nel 1331, morta l'ultima dei Santoliceto, la civitas di Lacconia con sede [[Protopapa|protopapale]] ed il casale di Curinga passano prima a [[Goffredo Marzano]] e nel 1409 alla potente famiglia [[Caracciolo]].
 
Nel 1459 le truppe di [[Ferdinando I di Napoli|Ferdinando I]] scacciano gli Angioini dal feudo, requisendo tutte le proprietà dei Caracciolo. Passate al figlio [[Federico I di Napoli|Federico]], questi concede numerosi benefici e franchigie e gli abitanti del luogo, diversamente dal resto della Calabria, godono di diritti e grazie. Vengono promossi lavori di bonifica e incrementate le colture di gelso con la costruzione di grandi trappeti per la lavorazione dello zucchero. Curinga è sede di abili artigiani del vetro: ''"in un luogo vicino, Coriga, si solevano in questi anni passati fare bellisimibellissimi vasi di vetro"''<ref>{{Cita libro|autore=Girolamo Marafioti|titolo=Croniche et Antichità di Calabria|anno=1601|editore=|città=|p=|pp=|ISBN=}}</ref>. Nel 1496, per far fronte all'imminente guerra, Federico dovette cedere il feudo a Marcantonio Caracciolo. Curinga e Lacconia ritornano sotto il dominio baronale.
 
=== Dal 1500 al 1800 ===