Leone Fortis: differenze tra le versioni
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==Biografia==
Cambiato il suo cognome in "Fortis", ===La passione per il teatro===
Leone Fortis tornò a Padova. Non trovando sbocchi alla sua passione per il [[giornalismo]], scrisse il dramma in cinque atti ''Camoens'', con vaghe allusioni patriottiche, che fu rappresentato a Milano
===A Venezia===
===A Milano e a Trieste===
Due mesi più tardi, a Milano, usciva "[[Il Pungolo]]", [[settimanale]] che arrivò al 4 aprile 1858, sostituito dal gemello "Il Panorama". Nella testata Leone Fortis, ideatore e direttore del foglio, si rappresentava sotto forma del diavolo zoppo "Asmodeo" - uno dei suoi [[pseudonimo|pseudonimi]] - che punzecchiava col forcone un gruppo di malcapitati. Il settimanale si impose per i toni ironici e anticonformisti e per il profilo dei collaboratori: il critico musicale [[Filippo Filippi]], la ditta [[Paulo Fambri]]-[[Vittorio Salmini]] (scrivevano per il teatro a quattro mani), [[Ippolito Nievo]] che vi pubblicò novelle, inoltre Arnaldo Fusinato e [[Cletto Arrighi]]. Tra i disegnatori e [[vignetta|vignettisti]] c'era [[Salvatore Mazza]], noto anche come pittore animalista e di genere. Usciva, a [[Natale]], un "Almanacco del Pungolo", redatto dagli stessi collaboratori e illustrato dagli stessi vignettisti: conteneva le prime prove della [[Scapigliatura]] milanese.
Non puntuale e non generoso nei pagamenti, Leone Fortis aveva fama di spendaccione. Scriveva Nievo ad Arnaldo Fusinato, dopo aver appreso che qualche collaboratore era stato pagato: «A lungo andare ci stanchiamo d'essere creduti minchioni e io per me rinunzio al Papato di collaboratore del "Pungolo", ma non voglio più fare il grullo».<ref>Ippolito Nievo, ''Epistolario'', a cura di Marcella Gorra, 1980, p. 458.</ref> Era un continuo prendersi in giro con il settimanale Il giornale "Il Pungolo" divenne per eccellenza il giornale dei milanesi: costo contenuto, vendita attraverso strilloni, usciva il pomeriggio, ma a ora incerta, a seconda degli umori di Leone Fortis e dell'arrivo a [[Como]] del vapore postale che portava la corrispondenza da [[Lecco]]. Comparve il 20 giugno 1859 e si impose sulla "[[La Perseveranza|Perseveranza]]", giudicata foglio troppo
A [[Napoli]] appena liberata (settembre [[1860]]), Fortis inaugurò un foglio dallo stesso titolo, affidato al cognato J. Comin. Poiché Comin non pagava i collaboratori, quando Fortis venne a Napoli, tutti andarono a riceverlo. Egli offrì un lauto pranzo, poi si fece accompagnare alla partenza del [[nave a vapore|vapore]]. "Il Pungolo" milanese si spostò progressivamente su posizioni ministeriali, perché Fortis, indebitato, ricorreva ad aiuti degli uomini della Destra, che erano al governo. Il giornale entrò in concorrenza con le nuove testate, "[[Il Secolo (quotidiano)|Il Secolo]]" (1866) e il "[[Corriere della Sera]]" (1876), il quotidiano più innovativo del tempo. "Il Pungolo" era affetto da un conservatorismo che, dalla politica, era arrivato alla critica letteraria e artistica. Il giornale fu venduto, poi ricomprato, infine si estinse, il 10 settembre 1892.▼
▲===''Il Pungolo'', quotidiano===
▲Il giornale "Il Pungolo" divenne per eccellenza il giornale dei milanesi: costo contenuto, vendita attraverso strilloni, usciva il pomeriggio, ma a ora incerta, a seconda degli umori di Leone Fortis e dell'arrivo a Como del vapore postale che portava la corrispondenza da Lecco. Comparve il 20 giugno 1859 e si impose sulla "Perseveranza", giudicata foglio troppo vicino al governo. Il 9 dicembre 1859, alla vigilia delle amministrative, pubblicò l'elenco delle persone che a marzo 1853 si erano felicitate con Francesco Giuseppe per essere sfuggito a un attentato. Nel 1860 accolse corrispondenze di [[Alessandro Dumas padre]] dalla Sicilia. Pubblicava in Appendice racconti di giovani, come [[Arrigo Boito]], [[Emilio Praga]], [[Igino Ugo Tarchetti]].
▲"Il Pungolo" milanese si spostò su posizioni ministeriali, perché Fortis, indebitato, ricorreva ad aiuti degli uomini della Destra, che erano al governo. Il giornale entrò in concorrenza con le nuove testate "Il Secolo" e il "Corriere della Sera", il quotidiano più innovativo del tempo. "Il Pungolo" era affetto da un conservatorismo che, dalla politica era arrivato alla critica letteraria e artistica. Il giornale fu venduto, poi ricomprato, infine si estinse, il 10 settembre 1892.
===Altre testate===
Nel 1866 Leone Fortis lanciò a Padova "La Nuova Venezia"; a Roma, a ottobre 1870,
[[File:Depretis Illustrazione Italiana 1885.jpeg|thumb|Depretis sulla copertina dell'Illustrazione Italiana (1885).]]
===''Conversazioni della domenica''===
A ottobre 1873 iniziarono le ''Conversazioni'' di Leone Fortis, che furono poi raccolte in cinque volumi, pubblicati dal 1877 e il 1890. Uscivano ogni settimana, su "Illustrazione italiana", poi su "Pungolo della domenica", quindi su "Le Conversazioni della domenica". Leone Fortis colloquiava con una lettrice immaginaria, facendo la rassegna critica della vita sociale: teatro, poesia, musica, letteratura. Attaccato alla tradizione romantica, rifiutava mode straniere e contestava ogni sperimentalismo. Apprezzava Prati e il drammaturgo [[Paolo Ferrari (commediografo)|Paolo Ferrari]], tollerava Aleardi, Fusinato in poesia, [[Pietro Cossa]] e [[Giuseppe Giacosa]] in drammaturgia, apprezzava [[Edmondo De Amicis]]; ma esecrava il verismo di [[Giovanni Verga]] e di [[Luigi Capuana]] e soprattutto [[Gabriele D'Annunzio]], esempio di vita sessuale disordinata, e riduceva [[Giosuè Carducci]] a imitatore dei classici latini. Si scagliò contro [[Olindo Guerrini]] e i versi del suo ''[[Postuma]]'', sostenendo che erano eccessivamente scollacciati. Alle critiche di Fortis, Guerrini rispose con ''[[Nova polemica]]'', in particolare nel lungo ''Prologo''.
Contro il verismo in letteratura, il positivismo in filosofia e il socialismo in politica, Fortis rievocava sempre il Risorgimento di Cavour: la Destra e il Re erano per lui lo scudo alla visione socialista della Sinistra di [[Agostino Depretis]] prima, poi di [[Francesco Crispi]]. Col passare del tempo le cronache di Fortis, non adeguandosi al mutare della scena politica, smisero di influenzare l'opinione pubblica.
===Ultimi anni===
Nel 1893 si trasferì a Roma, come condirettore della "[[Gazzetta ufficiale del Regno d'Italia]]". L'anno dopo rivalutava in parte, in un articolo, Francesco Crispi, per essersi convertito alla monarchia e aver positivamente operato in campo internazionale. Dopo il 1890 pubblicò sulla "Rivista delle tradizioni popolari italiane" e su "La Vita italiana", riviste dirette da [[Angelo De Gubernatis]], e su "Natura ed arte". Morì cieco. Il suo immane archivio è andato perduto.
Tra le opere di Leone Fortis, i ''Drammi'', in 2 volumi, Milano, 1888 e ''Ferrari: ricordi e note'', Milano, 1889.
===Curiosità===
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