Pietro Fumel: differenze tra le versioni
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Successivamente all'unità d'Italia, dopo l'arrivo della [[Spedizione di Borjes|spedizione]] di [[José Borjes]] fu mandato in [[Calabria]] (precisamente nel [[provincia di Cosenza|Cosentino]]) con il titolo di colonnello per domare il [[brigantaggio postunitario|brigantaggio]]. La repressione attuata da Fumel fu spietata, usando i metodi più estremi per eliminare i briganti, ricorrendo alla tortura e al terrore, senza distinzioni tra briganti e manutengoli o presunti tali e a prescindere dall'osservanza di qualsiasi garanzia legale.<ref>Franco Molfese, ''Storia del brigantaggio dopo l'Unità'', Feltrinelli, 1966, p.152</ref> Egli decimò le bande di Palma, Schipani, Ferrigno, Morrone, Franzese, Rosacozza, Molinari, Bellusci e Pinnolo.
Le esecuzioni comandate da Fumel avvenivano in pubblica piazza e lungo le strade. {{Citazione necessaria|Le vittime venivano decapitate e le loro teste venivano impalate come avvertimento per chi aderiva o appoggiava le bande brigantesche, altri cadaveri invece venivano gettati nei fiumi.}} L'episodio più noto della sua attività antibrigantaggio avvenne a [[Strage di Fagnano Castello|Fagnano Castello]], quando ordinò la fucilazione di cento contadini inermi.<ref>Giuseppe Rizzo, Antonio La Rocca, ''La banda di Antonio Franco'', Il coscile, 2002, p.114</ref>
A [[Cirò]] il 12 febbraio del [[1862]], Fumel scrisse un proclama sulla risoluzione del problema del brigantaggio:
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