Utente:FabiorWikiTIM/Post-verità: differenze tra le versioni
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Il termine '''post-verità''', derivante dall'[[lingua inglese|inglese]]
Nella post verità la notizia viene percepita e accettata come vera dal pubblico sulla base di emozioni e sensazioni, senza alcuna analisi effettiva sulla veridicità o meno dei fatti reali. In una discussione caratterizzata da
Il termine, già comparso in precedenza, ha conosciuto una notevole ribalta nelle discussioni relative a [[politologia]] e [[comunicazione politica]] a seguito di alcuni importanti eventi politici avvenuti nel 2016 (tra cui il [[referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea]] e le [[elezioni presidenziali negli Stati Uniti d'America del 2016]])<ref>Sull'"accento speciale" che hanno meritato questi due eventi, nella ricostruzione pubblica del fenomeno, v. Stefano Rolando, ''Post-verità e dibattito pubblico'', [[Mondoperaio]], n. 5/2017, p. 87.</ref>, al punto che l'[[Oxford English Dictionary]] ha deciso di eleggere ''post-truth'' come "parola dell'anno del 2016"
== Origine del neologismo ==
Secondo l'Oxford Dictionary, il termine ''post-truth'' fu usato per la prima volta nel 1992, in un articolo scritto dal drammaturgo serbo-americano [[Steve Tesich]], apparso sulla rivista statunitense ''[[The Nation]]'': vi si affermava che, rispetto alla copertura mediatica successiva alla scoperta della verità dello [[scandalo Watergate]], quella più attenuata offerta sullo [[scandalo Iran-Contra]] e sulla [[Guerra del Golfo|prima guerra del Golfo]] dimostrava come «noi, come popolo libero, abbiamo liberamente scelto di voler vivere in una specie di mondo post-verità».<ref><cite class="citation web">Flood, Alison (15 November 2016)
Nel 2004, il docente americano Ralph Keyes usò il termine "post-truth era" come titolo di un suo libro. Nello stesso anno il giornalista americano Eric Alterman parlò di «politiche ambientali post-verità» e coniò il termine «presidenza post-verità», dopo aver analizzato le dichiarazioni fuorvianti fatte dall'[[George W. Bush|amministrazione Bush]], dopo gli [[Attentati dell'11 settembre 2001|attacchi terroristici dell'11 settembre]]. Il saggista americano Colin Crouch, nel suo libro ''Post-democrazia'', usò tale termine per delineare un modello di politica, dove «le elezioni di fatto esistono e possono cambiare i governi», ma dove «il dibattito elettorale pubblico è uno spettacolo strettamente controllato, gestito da squadre rivali di professionisti esperti nelle [[Disinformazione|tecniche di persuasione]], che scelgono solo una piccola gamma di temi, da affrontare durante i dibattiti». Crouch attribuiva al «modello di industria pubblicitaria», applicato alle comunicazioni politiche, la causa della crisi di fiducia e le accuse di disonestà che pochi anni dopo altre persone associarono con le politiche post-verità.
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