Battaglia del Little Bighorn: differenze tra le versioni

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{{Campagnabox Campagna delle Grandi Pianure del 1876}}
 
La '''battaglia del Little Bighorn'''<ref name="Bighorn">Il [[Little Bighorn|Little Bighorn River]] (letteralmente "il piccolo [[Bighorn]]") è un affluente del [[Bighorn River|Bighorn]], un [[fiume]] che attraversa gli Stati del [[Wyoming]] e del [[Montana]] e prende il nome dal ''[[bighorn]]'' o pecora delle Montagne Rocciose. La grafia del toponimo "Big Horn", per quanto diffusa nella pubblicistica italiana, appare pertanto meno corretta rispetto a "Bighorn".</ref> fu uno scontro armato tra una forza combinata di [[Lakota]] ([[Sioux]]), [[Cheyenne]] e [[Arapaho]] e il [[7th Cavalry Regiment|7º Cavalleria]] dell'esercito degli [[Stati Uniti d'America]] che ebbe luogo il 25 giugno [[1876]] vicino al [[torrente]] [[Little Bighorn]], nel territorio orientale del [[Montana]].<ref name="Bighorn" /> Si svolse quasi al termine della [[presidenza di Ulysses S. Grant]].
 
La [[battaglia]] fu il più famoso incidente delle [[guerre indiane]] e costituì una schiacciante vittoria per i [[Lakota]] e i loro alleati. In realtà, parteciparono al combattimento soltanto cinque squadroni del Settimo Reggimento di [[cavalleria]] degli Stati Uniti ("[[7th Cavalry Regiment|7º Cavalleria]]"), comandati dal tenente colonnello [[George Armstrong Custer]], che furono comunque sterminati quasi fino all'ultimo uomo.
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Custer partì il 22 giugno con l'intesa di arrivare nella valle del Little Bighorn dopo quattro giorni. Invece, ordinando marce forzate, arrivò in vista del villaggio con un giorno d'anticipo. Quando incontrò la pista indiana, invece di proseguire a sud come ordinato, la seguì immediatamente. All'alba del 25 giugno, gli scouts di Custer, indiani Arikara e Corvi, avvistarono dalla cima del picco Crow's Nest un grande accampamento di nativi. Quando Custer salì a sua volta sulla cima, alcune ore dopo, l'accampamento non era più visibile, probabilmente a causa della diversa posizione del sole e limpidezza dell'atmosfera. Pertanto Custer non aveva una chiara idea né della posizione esatta, né della dimensione del villaggio.
 
Custer raggiunse il suo bivacco e da qui scese verso valle e divise il reggimento. Per comprendere la mossa di Custer, va rilevato un elemento comune a tutte le guerre indiane fino a quel momento: le tribù nomadi, non avendo città o beni immobili da difendere, preferivano fuggire quando le circostanze non erano in loro favore. Custer di questo aveva diretta esperienza, sia negativa che positiva: nella campagna del 1867, al comando del generale Hancock, aveva inseguito inutilmente per quasi tre mesi i Cheyenne, dopo che questi, sentendosi minacciati, avevano abbandonato il loro villaggio sul fiume Pawnee Fork. D'altra parte, il suo grande (e unico) successo nelle guerre indiane era stato ottenuto proprio l'anno successivo, quando aveva circondato ed attaccato di sorpresa il villaggio Cheyenne di Caldaia Nera nella battaglia del Washita (questa battaglia non va confusa con il precedente attacco al villaggio di Caldaia Nera quando, nel 1864, era accampato a Sand Creek nel Colorado e fu attaccato dal Terzo Cavalleria della milizia del Colorado, al comando del colonnello Chivington).
 
La preoccupazione maggiore di Custer, mentre si avvicinava al villaggio sul Little Bighorn, era che i nativi scoprissero la sua presenza e fuggissero. Il suo obiettivo era probabilmente di ripetere la propria tattica della [[battaglia del Washita]], cioè circondare il villaggio e contenere i nativi, ma alcuni ragazzi nativi trovarono una scatola di gallette caduta da uno dei muli che trasportavano le salmerie del reggimento. Uno dei ragazzi fu ucciso dai soldati, ma un altro riuscì a scappare. Temendo che questi desse l'allarme al villaggio, Custer accelerò imprudentemente la sua azione (per ironia della sorte, il gruppo a cui questo ragazzo apparteneva raggiunse il villaggio quando Custer era già morto).
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Dopo aver avanzato per 4–5&nbsp;km Reno finalmente avvistò il villaggio e attaccò come ordinato, ma i nativi, invece di fuggire, contrattaccarono in forze. Reno fermò la carica e ordinò ai soldati di scendere da cavallo e formare una linea di difesa. In questa manovra, un quarto della sua forza fu ritirato dallo scontro, perché un soldato su quattro era incaricato di badare ai cavalli. Reno, prudentemente, ancorò il suo fianco destro su un boschetto di pioppi che crescevano sulla riva sinistra del fiume, ma la riga dei soldati era troppo corta per sbarrare la valle in tutta la sua larghezza e gli indiani aggirarono l'ala sinistra e cominciarono ad attaccare i soldati alle spalle. Reno ordinò una ritirata nel boschetto. Da qui, apparentemente preso dal panico, ordinò una seconda, caotica ritirata attraverso il fiume e su per le scarpate della riva opposta. Arrivò su una altura con metà dei suoi uomini, gli altri furono uccisi, feriti o rimasero nascosti tra gli alberi, incapaci di guadare il fiume. Lì Reno rimase assediato fino al giorno dopo.
 
Custer, nel frattempo, divise ancora una volta il suo comando in un'ala sinistra e un' ala destra, però questa volta continuò a seguire il crinale a nordest del villaggio, cercando un posto per scendere, attraversare il fiume e attaccare il villaggio dal lato Nord. Quando finalmente vide il villaggio da vicino, si rese conto che aveva bisogno sia di più uomini che di più munizioni. Mandò il trombettiere John Martin ([[Giovanni Martini (militare)|Giovanni Martini]]) a cercare Benteen e ordinargli di raggiungerlo e portare i muli con le munizioni e le provviste. poiché Martin -che era di origini italiane e si trovava in America soltanto da 2 anni- non parlava ancora bene l'inglese, il tenente Cooke, aiutante di Custer gli diede precisi ordini scritti che furono esibiti nell'inchiesta successiva alla battaglia. A questo punto Custer era ancora all'offensiva, non era in contatto con gli Indiani e non si trovava in pericolo.
 
Martin aveva solo una vaga idea di dove si trovasse Benteen. Anni dopo scrisse: Io non sapevo ne dov'era il Colonnello Benteen, ne dove cercarlo ...... guardavo tutt'intorno per trovare il Colonnello Benteen"<ref>{{Cita libro|titolo=citato in W.A Graham, "The Custer Myth"|editore=University of Nebraska Press 1953|p=290}}</ref> []. Prudentemente, il tenente Cooke gli ordino' di mantenersi sul sentiero e ripercorrere il percorso del reggimento. Questo significava che Martin avrebbe potuto cavalcare per ore verso il punto dove il reggimento si era diviso e poi seguire le tracce lasciate da Benteen. Benteen si era però stancato presto di andare “a caccia di valli all'infinito su un terreno che trovava molto difficile per gli uomini e i cavalli. Anni dopo scrisse: "Dire che il terreno era scabroso non e' sufficiente; usare qualche parolaccia davanti alla parola scabroso renderebbe meglio l'idea" e "che nessun Indiano di buon senso avrebbe scelto un posto per un campo" in quell' area [citato in E. A, Brininstool, "Troopers with Custer",University of Nebraska Press 1989, pg 76]. Queste dichiarazioni non furono smentite dagli altri ufficiali che lo accompagnavano, cioe' I tenenti Edgerly e Godfrey ed il Capitano Weir, che pure era un amico e sostenitore di Custer. Quando Benteen giudico' che sarebbe stato piu' utile ricongiursi col reggimento, viro' a destra per ricongiungersi con Custer e Reno e torno' sulla pista che loro avevano seguito. Li' Martin incontro' Benteen circa 25 minuti dopo aver lasciato Custer.
 
Benteen si avviò verso Custer, come ordinato, accellerando dal passo al trotto. Benteen fu fortemente criticato dai sostenitori di Custer per non essersi affrettato di piu', pero' lui non ritenette che Custer fosse in pericolo. All'inchiesta che segui la battaglia testimonio': "Le mie impressioni dal Trombettiere Martin erano che gli indiani erano in fuga" ("My impressions from Trumpeter Martin were that the Indians were skedaddling"<ref>{{Cita libro|titolo=Proceedings of a Court of Inquiry in the Case of Major Marcus Reno|editore=Judge Advocate General's Office, 1933|p=405}}</ref> []. Per di piu' l'ordine di Custer era anche di portare le munizioni, cosa problematica perché la carovana di muli che le portava era ancora più indietro e marciava ancora più lentamente. Inoltre pacchi sui muli cominciavano ad allentarsi e cadere.
 
Dopo venti minuti Benteen avvistò Reno assediato sulla collina. All'inchiesta testimonio' "La mia prima visione del combattimento ha mostrato che non c'era nessuna fuga da parte degli indiani e io naturalmente credetti che quello fosse l'intero comando" (My first sight of the fight showed that there was no skedaddling being done by the Indians and I, of course, thought that was the whole command") [Proceedings of a Court of Inquiry in the Case of Major Marcus Reno, Judge Advocate General's Office, 1933, pg 405]. Pertanto raggiunse l'area dove aveva visto il combattimento. Una volta arrivato li Reno gli corse incontro esclamando:"Per L'amor di Dio Benteen, Ferma il tuo comando e aiutami. Ho perso la metà dei miei uomini!" (For God's sake Benteen! Halt your command and help me! I've lost half my men!) [Kenneth Hammer, ''Custer in '76: Walter Camp's Notes on the Custer Fight''. (Norman, OK: University of Oklahoma Press, 1990), p. 101] . Benteen gli chiese se sapeva dove si trovasse Custer e Reno rispose di no, che Custer gli aveva promesso che l'avrebbe supportato nella sua carica al villaggio, dopo di che non lo aveva piu' visto e non sapeva dov'era [Proceedings of a Court..., pg 463]. A questo punto decise fosse più opportuno restare con lui e difendere la posizione sulla collina, anche perche' Reno era suo superiore.
 
Custer intanto aveva finalmente ingaggiato battaglia con i nativi. I suoi movimenti possono essere solo ricostruiti approssimativamente, sulla base delle testimonianze dei guerrieri nativi (spesso confuse) e dalla posizione dei morti, dei bossoli delle cartucce e dei proiettili trovati durante la ricerca archeologica del campo di battaglia effettuata nel 1984 [D.D. Scott e R.A.Fox Jr., Archeological Insights into the Custer Battle.University of Oklahoma Press1987. pg 108 e ss]. Si crede che Custer abbia mandato in avanscoperta il Capitano Yates con due squadroni per esplorare Medicine Tail Coulee, un canalone che portava ad un guado del fiume. È possibile che poco dopo Custer stesso lo abbia seguito. In ogni caso, al guado, secondo la testimonianza degli Indiani, cinque guerrieri Cheyenne e cinque Sioux offrirono resistenza sufficiente per ritardare l'avanzata e dare tempo ad altri nativi di arrivare in forze. È anche possibile che Custer si sia accorto che stava attaccando il villaggio nel suo mezzo, non all'estremità nord, come intendeva. In ogni caso, la carica fallì e il contingente risalì sulle colline, continuando a spostarsi verso il nord, questa volta incalzato da centinaia di indiani guidati da [[Fiele (condottiero hunkpapa)|Fiele]] (in inglese "Gall"). Il battaglione cominciò a disunirsi, come indicato dai corpi dei caduti che furono trovati lungo il percorso della ritirata. Apparentemente le varie compagnie cercarono individualmente un posto per organizzare una resistenza. [[Cavallo Pazzo]] attaccò Custer dal Nord fermandone la ritirata.
 
Preso tra queste due cariche, Custer si fermò, smontò gli uomini che gli rimanevano, formò un quadrato e cercò di resistere, ma inutilmente. In meno di mezz'ora tutto il suo comando fu annientato. Non possiamo sapere se Custer sia stato l'ultimo a morire, come vuole la leggenda, o sia stato tra i primi. Lo scrittore David H. Miller, che visse tra i nativi e intervistò molti partecipanti alla battaglia, suggerisce che Custer sia stato colpito alla base di Medicine Trail Coulee e successivamente portato sul luogo dell'ultima resistenza morto o morente.
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[[File:Giovanni Martini.jpg|thumb|George Armstrong Custer ritratto con la moglie ed una domestica]]
 
Le fonti più recenti <ref>Frederic C.Wagner. Partecipants in the Battle of Little Big Horn - A Biografical Dictonary - McFarland & Company, Inc., Publishers, Jefferson, North Carolina, 2016 - ISBN 9781476664590</ref> indicano i nomi di quattro italiani che parteciparono alla battaglia del Little Bighorn. Tra le truppe di Custer vi erano il tenente conte [[Carlo Di Rudio]]<ref name="Compagnia A">Compagnia "A"</ref> da Belluno, il soldato [[Agostino Luigi Devoto]] da Genova<ref name="Compagnia A"/>, il soldato [[Giovanni Casella]] da Roma<ref>O Cassella, arruolato sotto il nome di John James, Compagnia "E"</ref> ed il soldato [[Giovanni Martini (militare)|Giovanni Martini]] da Sala Consilina<ref>Compagnia "H", aggregato alla colonna Custer come trombettiere nella parte iniziale della battaglia</ref>, tutti sopravvissuti alla battaglia.
 
Il trombettiere campano<ref>I natali di John Martin/Giovanni Martini sono contesi da diversi comuni italiani.</ref> Giovanni Martini (John Martin; 1853-1922) fu l'unico soldato scampato della colonna di Custer. Il giovane emigrato, ex tamburino [[garibaldino]] nella campagna in Trentino del 1866 e a [[Battaglia di Mentana|Mentana]] nel [[1867]], deve la vita allo stesso Tenente Colonnello che gli ordinò di correre a chiedere aiuto al capitano Benteen, prima che l'intera colonna venisse circondata ed annientata.