Gina Labriola: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Messbot (discussione | contributi)
top: +O using AWB
Riga 26:
A Chiaromonte, in un antichissimo catoio di proprietà della sua famiglia, ha realizzato un grande atelier di pittura su seta, dove ha raccolto le testimonianze di tutti i suoi viaggi e delle sue patrie, oggi un vero e proprio museo della sua lunga attività poetica e pittorica.
Le sue opere sono state tradotte in persiano, francese, inglese, spagnolo. Ha ricevuto numerosi e prestigiosi premi. Numerose le tesi di laurea che le sono state dedicate in diverse università italiane.
 
Alla notizia della morte improvvisa di Gina Labriola nella notte tra il 3 e il 4 aprile del 2011, così scriveva Maria Pina Ciancio, che sul suo LucaniArt Magazine aveva in più occasioni segnalato la rilevanza della poesia della lucana Labriola nel panorama letterario contemporaneo: “''Quello che so con certezza rientrando da Roma, dopo 5 ore di pensieri rincorsi al finestrino, è che Gina non  è raccontabile. Unica e speciale in tutto, chi ha trascorso qualche ora con a lei è stato sicuramente investito dall'empito della sua energia vitale, dal sorriso sempre pronto,  dall'ironia leggera e spiazzante sulla vita, sulla morte e sul destino.E' per questo che adesso non riesco a pensarla diversamente che nel suo cat-atelier (catoio-atelier [a Chiaromonte]) come lei stessa amava definirlo, alle prese con sete e pennelli tra voli di parole e polveri d'argento annodati al filo di un pensiero.'' ''Niente è mai abbastanza.”.'' E’ sempre Maria Pina Ciancio a delineare un profilo di Gina Labriola in una lettera a lei dedicata nella stessa occasione: ''“…All’età in cui ti ho conosciuta non amavi più tanto leggere poesia (quella contemporanea si intende). Ritenevi che si fosse perduta la grammatica e la sintassi e che talvolta le composizioni risultassero ostiche e incomprensibili. Tu eri per la semplicità e la chiarezza “che la poesia si capisca!” ripetevi. E proprio sul conto dei poeti sapevi essere parecchio dura, spietata e talvolta canzonatoria. Già, non avevi una buona opinione dei poeti, di quelli giovani soprattutto condannavi la loro bòria e la loro presunzione, degli altri i loro atteggiamenti e le loro pose innaturali, colme di narcisistica vanità. Credo che quello che definivi puro “sfogo parolaio” che potesse sostituire la psicanalisi a costo inferiore, fosse innanzitutto un’autoironia di te stessa e della poesia (in genere) per le disattenzioni e le incomprensioni che la nostra società le riservava. Non ti piaceva l’appellativo di poetessa, preferivi che ti considerassero, come tu stessa dicevi, “una cantastorie”. E avevi nelle vene il talento della cantastorie, ma l’animo, la gentilezza, la sensibilità erano del poeta e della poesia…”.''
 
==Opere==