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====L'emergere della «moralità» e il peso evolutivo delle gerarchie====
Peterson si riallaccia alle scoperte di [[Jean Piaget]] che sì interessò nello studio e nella spiegazione della spontanea emersione della morale nei giochi tra i bambini. Piaget notò che quando i bambini stavano insieme e si univano per uno scopo particolare (in generale per giocare), emergeva una sorta di moralità. In ogni gioco emergeva una moralità. Quello che c'era in comune tra le moralità emergenti dai vari giochi era una sorta di meta-moralità, che a sua volta emergeva dalle particolari moralità incorporate alle particolari situazioni cooperative e competitive tra bambini (ossia i differenti giochi).
 
Peterson in un certo grado espande questo ragionamento, biologicamente, all'idea della gerarchia di dominanza (o ordinamento gerarchico), particolarmente comuni negli animali che formano associazioni individualizzate (come l'uomo o i mammiferi in generale). Molti animali sociali, e in un certo grado anche animali che non sono sociali, sono infatti «incorporati», biologicamente, in una gerarchia di dominanza all'interno della loro specie. Nel corso dell'evoluzione, in un processo di [[adattamento]] operante a livello psicologico, l'uomo ha finito per «astrarre» dalle varie gerarchie di dominanza in cui era biologicamente incorporato un'idea stessa della necessità della gerarchia, un [[significato (psicologia)|significato]], un substrato di moralità sotteso alla gerarchia, in altre parole una piramide dei valori. L'idea centrale della gerarchia, la sua moralità, naturalmente, era strettamente correlata a ciò che vi era sulla sommità – ciò che reggeva la gerarchia – ovvero, in pratica, l'idea di [[Dio]], espressa poi dalle varie culture umane in differenti forme metaforiche: l'[[occhio della Provvidenza]] nella cultura egizia, il [[Bhudda d'oro]] nel Bhuddismo, o il [[crocifisso]] nel [[Cristianesimo]]. Tale idea centrale ha a che fare, secondo Peterson, con l'«accettazione volontaria della sofferenza» insita nella vita all'interno della gerarchia. E non è un'idea arbitraria: secondo Peterson questa è un'idea strettamente e profondamente radicata nella cultura e nella biologia umana, resa innata nel processo di adattamento evolutivo umano a livello psicologico proprio dal peso evolutivo delle gerarchie di dominanza. Infatti l'idea della gerarchia è radicata nella biologia, è instanziata nel nostro [[sistema nervoso]], proprio perché la gerarchia di dominanza stessa è profondamente ed evolutivamente radicata nella biologia degli animali, da almeno 350 milioni di anni.
 
La [[neuropsicologia]] e le [[neuroscienze]] hanno evidenziato infatti delle differenze nel cervello che sembrano dipendere e tenere traccia dello status all'interno della gerarchia: più l'esemplare è dominante, più grandi sono alcune regioni cerebrali, soprattutto quelle del circuito neurale composto dall'[[amigdala]], coinvolta nell'apprendimento e nell'elaborazione di informazioni sociali ed emotive, e dall'[[ipotalamo]], implicato nel controllo dei neurotrasmettitori e dei neurormoni come la serotonina. Queste differenze sono state successivamente osservate anche nei primati. In generale, afferma Peterson sulla base delle moderne conoscenze scientifiche, più si è ai piani bassi della gerarchia più si è impulsivi, stressati e «sensibili alle emozioni negative»; al contrario, più si è in alto all'interno della gerarchia più si alza il livello di [[serotonina]], si è meno «sensibili alle emozioni negative», meno impulsivi e in generale si vive di più e meglio.
 
Peterson si chiede dunque se c'è un comportamento che possa aumentare la probabilità di muoversi verso l'alto all'interno delle gerarchie. Per trovare una risposta a questa domanda Peterson riprende i ragionamenti di Jung, secondo cui una volta che l'essere umano smette di popolare il cosmo con le sue divinità, interiorizza queste divinità. Gli antichi, ad esempio, nel guardare il cielo utilizzavano la loro immaginazione per popolare i cieli di figure, trovando forme nei cieli, come ad esempio le [[costellazione|costellazioni]]. Le divinità in qualche modo, secondo l'interpretazione di Jung, erano immagini diffuse dalla propria immaginazione verso il mondo: sono i contenuti del proprio inconscio che si manifestano quando si incontra l'ignoto, il territorio inesplorato, sono immagini che si proiettano in ciò che non si comprende. Le divinità dunque provengono dall'immaginazione, ed è lì che secondo Jung dobbiamo andarle a ritrovare: è come tornare a «salvare il proprio padre dal ventre della balena» nella favola di [[Pinocchio]], è lo stesso concetto.
 
L'idea di Jung, condivisa da Peterson, è che i cadaveri delle divinità abitano la nostra immaginazione, ed è tornando alla nostra immaginazione che si possono rivivificare. È cioè in questo modo, ricercando e investigando la struttura della nostra immaginazione, che si possono scoprire i grandi archetipiche guidano l'essere umano. Peterson considera l'immaginazione - almeno in parte - come una manifestazione della propria biologia. Le varie culture hanno espresso la loro immagazione in modi diversi, ma c'è un background evolutivo potenziale sotteso che permette l'espressione dell'immaginazione. In un certo modo secondo Peterson l'immaginazione funziona come il linguaggio, e come esso è una predisposizione innata: i bambini, appena nati, possono potenzialmente imparare qualunque fonema, sono biologicamente predisposti per farlo; poi quando incominciano ad imparare il proprio linguaggio, che dipende dalla cultura di appartenenza, imparano certi fonemi mentre perdono l'abilità di esprimerne altri. Come il linguaggio, anche l'immaginazione funziona allo stesso modo: secondo Peterson, che media le idee di Jung con le moderne conoscenze scientifiche, noi manifestiamo il potenziale, costruito nella nostra psicologia dalla nostra biologia, di poter esprimere il set di tutti i possibili archetipi; poi, quando si è inculturati nella proprio ambiente socio-culturale, il set di archetipi che si manifestano si restringe a quelli espressi dalla nostra cultura di appartenenza. Le idee sottese, innate nella nostra immaginazione, per Peterson sono le stesse, sono solo «intrappolate in diversi abiti culturali».
 
 
Cosa si nasconde nell'immaginazione dunque? Peterson, come Jung, vede l'immaginazione come il luogo di nascita di innate idee archetipiche, che lui interpreta, in termini evolutivi, come rappresentazioni dei ''[[pattern]]'' del nostro comportamento adattativo, e raffigurano dunque le gerarchie di dominanza, che sono biologicamente i modi standard in cui gli esseri umani, tanto quanto gli altri animali, organizzano i propri gruppi all'interno di un territorio. Quando l'evoluzione ha portato l'uomo ad essere [[autocoscienza|autocosciente]], lo ha reso autocosciente anche di appartenere a delle gerarchie di dominanza, e l'appartenenza e l'accettazione evolutiva di tale appartenenza è coincisa con l'astrazione dell'idea di tali gerarchie all'interno delle idee archetipiche. Di conseguenza, queste idee innate non arbitrarie, che dirigono la nostra morale e il nostro comportamento, secondo Peterson, evolutivamente parlando, hanno un fondamento biologico evolutivo e non possono che contenere al loro interno i modelli biologici standard di comportamento, le gerarchie e i modi per scalarle, i pattern di adattamento evolutivo comportamentale della nostra specie. Quando l'uomo ha incominciato ad essere autocosciente, come strategia evolutiva, ha dato significato e accettato a mano a mano i ruoli di potere all'interno delle naturali gerarchie di appartenenza. In questo senso Peterson interpreta, ad esempio, le idee archetipiche della mitologia mesopotamica, con [[Marduk]] che rappresenta come deve strutturarsi il potere, ovvero sulla base di «discorso, visione e buona volontà di confrontare il terribile ignoto». Marduk, nell'iconografia e nella mitologia tradizionale possiede infatti degli occhi attorno a tutto il capo, utilizza parole magiche e si confronta contro il primordiale drago marino [[Tiāmat]], ovvero il drago del caos, una raffigurazione del rettile predatore che si annida nei pericoli dell'ignoto. Sono queste idee archetipiche, che si manifestano in tutte le culture, a rappresentare e contenere i modelli di comportamento virtuosi che, a livello biologico-evolutivo, permettono di scalare le gerarchie umane.
 
 
 
individuando i comportamenti
 
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Cervelli-diversi-in-base-allo-status-sociale-38bff94b-07b9-4e72-a5da-dd843025fb88.html
 
====La «malattia spirituale» del totalitarismo====