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Nel voltrese '''[[Orazio De Ferrari]]''' ([[Voltri]], [[22 agosto]] [[1606]] – [[Genova]], [[settembre]] [[1657]]) la sintesi, di un acceso naturalismo derivato dal genovese [[Gioacchino Assereto|Assereto]], contestualmente ad un potente colorismo ispirato a Rubens e [[Antoon van Dyck|Van Dyck]], ha portato il celebre critico [[Roberto Longhi]] alla famosa definizione per il De Ferrari di "barocco naturalistico". Per le sue vigorose e drammatiche composizioni, fu particolarmente ricercato per le grandi scene mitologiche o bibliche destinate alle sale delle dimore patrizie come la celebre ''Favola di Latona'', dipinta nel 1638 per il [[Manuel de Acevedo y Zúñiga|conte di Monterrey]], Viceré di Napoli, e il ''Ratto delle Sabine'' della collezione Zerbone, sia come autore di pale d'altare nella città di Genova e in tutta la Liguria.
 
Un altro pittore che trae ispirazione dalla pittura del Merisi è '''Luigi Miradori''' ([[Genova]], [[1605]] – [[Cremona]], [[1656]]) detto il Genovesino. A differenza di molti dei suoi contemporanei, si mostra un pittore eccentrico scegliendo temi e rappresentazioni poco canoniche e molto personali, con una spiccata attenzione per le note di costume contemporaneo e le scene popolaresche<ref name=":0">{{Cita libro|autore=De Vecchi, Cerchiari|titolo=Arte nel Tempo|editore=Bompiani|p=696677|volume=II}}</ref>. Lasciò precocemente Genova per Piacenza e Cremona, dove sono conservati i suoi maggiori capolavori.
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File:Domenico fiasella detto il sarzana, discesa dello spirito santo, 1618 (sestri levante, s. m. di nazareth) 01.jpg|Domenico Fiasella, ''Discesa dello spirito santo'', Sestri levante, s. m. di nazareth
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A partire dal quarto decennio del Seicento, e per tutta la seconda metà del secolo e l'inizio del successivo, appaiono sulle volte delle più fastose dimore patrizie e delle più ricche chiese genovesi le più spettacolari ed illusionistiche decorazioni, ad opera dei maggiori maestri della decorazione ad affresco, Valerio Castello, Domenico Piola, Gregorio De Ferrari, Giovanni Andrea Carlone, che gareggeranno con le più ardite composizioni che [[Giovanni Lanfranco]], [[Pietro da Cortona]] e [[Luca Giordano]] realizzavano a Roma e a Napoli negli stessi anni.
 
[[Valerio Castello]] (Genova, 1624 – Genova, 1659), nonostante la morte prematura e improvvisa che lo stroncò a trentacinque anni, fu il primo a superare, nella decorazione ad affresco, il rigido schema tardomanierista che prevedeva che il pittore raffigurasse i propri episodi ad affresco entro cornici dipinte o in stucco, dipingendo figure che invadono illusionisticamente lo spazio reale, agitate da un dinamismo che pervade interamente le sue composizioni. Figlio di uno dei principali interpreti del manierismo genovese, [[Bernardo Castello]], dopo il suo apprendistato a Genova completò la sua formazione in Emilia, dove apprese la grazia e l'eleganza delle figure di [[Parmigianino]]<ref>Raffaello Soprani, [https://books.google.com/books?id=oFcGAAAAQAAJ Vite de Pittori, Scultori ed Architetti Genovesi]; seconda edizione, volume I: rivisto da Carlo Giuseppe Ratti, Stamperia Casamara, dalle Cinque Lampadi, Genova, 1768. Pagine 339-350</ref>. Nelle sue opere su tela, utilizza colori luminosi e vivaci accordi cromatici ispirati a Rubens, e uno stile personale nella resa dei soggetti che spesso vengono lasciati allo stato di abbozzo<ref name=":0" />, come nella celebre ''Madonna delle ciliegie''. Saranno gli affreschi realizzati per i Balbi, il ''Salotto della Fama'' realizzato nel palazzo di Giovanni Battista Balbi (attuale palazzo reale), e le numerose sale di [[Palazzo Balbi-Senarega|Palazzo Balbi Senarega]], quali il salone d'onore con l'''Allegoria del Carro del Tempo'', e la ''Galleria del Ratto di Persefone'', a costituire l'apice del suo successo. Entro vertiginose ed illusionistiche architetture, realizzate dal bolognese [[Andrea Seghizzi]].
 
==Note==