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[[Valerio Castello]] (Genova, 1624 – Genova, 1659), nonostante la morte prematura e improvvisa che lo stroncò a trentacinque anni, fu il primo a superare, nella decorazione ad affresco, il rigido schema tardomanierista che prevedeva che il pittore raffigurasse i propri episodi ad affresco entro cornici dipinte o in stucco, dipingendo figure che invadono illusionisticamente lo spazio reale, agitate da un dinamismo che pervade interamente le sue composizioni. Figlio di uno dei principali interpreti del manierismo genovese, [[Bernardo Castello]], dopo il suo apprendistato a Genova completò la sua formazione in Emilia, dove apprese la grazia e l'eleganza delle figure di [[Parmigianino]]<ref>Raffaello Soprani, [https://books.google.com/books?id=oFcGAAAAQAAJ Vite de Pittori, Scultori ed Architetti Genovesi]; seconda edizione, volume I: rivisto da Carlo Giuseppe Ratti, Stamperia Casamara, dalle Cinque Lampadi, Genova, 1768. Pagine 339-350</ref>. Nelle sue opere su tela, utilizza colori luminosi e vivaci accordi cromatici ispirati a Rubens, e uno stile personale nella resa dei soggetti che spesso vengono lasciati allo stato di abbozzo<ref name=":0" />, come nella celebre ''Madonna delle ciliegie''. Saranno gli affreschi realizzati per i Balbi, il ''Salotto della Fama'' realizzato nel palazzo di Giovanni Battista Balbi (attuale palazzo reale), e le numerose sale di [[Palazzo Balbi-Senarega|Palazzo Balbi Senarega]], quali il salone d'onore con l'''Allegoria del Carro del Tempo'', e la ''Galleria del Ratto di Persefone'', a costituire l'apice del suo successo. Entro vertiginose ed illusionistiche architetture, realizzate dal bolognese [[Andrea Seghizzi]], si stagliano i colori squillanti delle concitate rappresentazioni allegoriche volte a celebrare il prestigio e la fama dei committenti attraverso i riferimenti a miti e divinità d'epoca classica. è noto solo attraveso fotografie il suo capolavoro d'ispirazione sacra, gli affreschi della [[Chiesa di Santa Maria in Passione|chiesa di santa Maria in Passione]], distrutti durante la seconda guerra mondiale.
 
Dopo l'improvvisa scomparsa Valerio Castello, fu il suo collaboratore [[Domenico Piola]] (Genova, 1627 – Genova, 1703) a rimanere il protagonista indiscusso sulla scena genovese, ottenedo le maggiori commissioni da nobili ed ecclesiastici. Anch'egli discendente da una famiglia di artisti, per tutta la seconda metà del Seicento, fu a capo della maggiore bottega artistica della città, chiamata casa Piola, frequentata fra gli altri dal figlio dello scultore [[Filippo Parodi]], [[Domenico Parodi|Domenico]], il cognato Stefano Camogli, i figli Paolo Gerolamo e Anton Maria, il genero [[Gregorio De Ferrari]] e i [[Quadratura (pittura)|quadraturisti]] e [[Stucco|stuccatori]] [[Bologna|bolognesi]] [[Enrico Haffner|Enrico]] e Antonio Haffner. Fra i suoi maggiori capolavori, si ricordano la decorazione ad affresco del salone d'onore di [[Palazzo Pantaleo Spinola|Palazzo di Pantaleo Spinola]] con ''L'offerta a Giove delle chiavi del tempio di Giano,'' la decorazione della [[Chiesa dei Santi Gerolamo e Francesco Saverio]] del [[Collegio dei Gesuiti di Genova|collegio dei Gesuiti a Genova]] (1666)<ref>''Realtà e illusione nell'architettura dipinta'', Fauzia Farneti, Deanna Lenzi, Alinea Editrice, 2006, p. 167</ref>, della [[Chiesa di San Luca (Genova)|Chiesa di san Luca]], parrocchia gentilizia delle famiglie Spinola e Grimaldi, e i salotti dell’''Autunno'' e dell’''Inverno'' del palazzo di Giovanni Francesco Brignole-Sale ([[Palazzo Rosso (Genova)|Palazzo Rosso]]) oltre ad un numero vastissimo di pale d'altare diffuse in tutta la liguria.
Improvvisamente scomparso Valerio Castello, fu [[Domenico Piola]] (Genova, 1627 – Genova, 1703) a rimanere il protagonista
 
== Scultura ==