Lucio Licinio Crasso: differenze tra le versioni

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|AnnoNascita = [[140 a.C.]] circa
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Nel [[113 a.C.]] prese le difese della sua parente Licinia, una [[vergine vestale]], e di due sue colleghe, Marcia ed Emilia, che erano state accusate di incesto. Con la sua eloquenza Crasso fece sì che venissero riconosciute innocenti dal [[Pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]] [[Lucio Cecilio Mettio]]; in seguito, però, il popolo incaricò [[Lucio Cassio]] di indagare sulla sentenza, e questa volta l'eloquenza di Crasso non fu sufficiente.
 
Fu [[questore (storia romana)|questore]] assieme a [[Quinto Mucio Scevola (console 95 a.C.)|Quinto Mucio Scevola]]: al suo ritorno dalla provincia dell'[[Asia (provincia romana)|Asia]], passò per la [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]] e per [[Atene]]. Così come in Asia aveva preso lezioni da [[Scepsio Metrodoro]], ad Atene studiò presso [[Carmadra]] e altri filosofi e retori, ma si allontanò presto dalla città, incredibilmente risentito che gli ateniesiAteniesi non avessero ripetuto i misteri che avevano celebrato prima del suo arrivo.
 
Al suo ritorno a Roma riprese l'attività legale, difendendo l'amico [[Sergio Orata]] dall'accusa di appropriarsi dell'acqua pubblica per le sue coltivazioni di ostriche. Nel [[107 a.C.]] fu [[tribuno della plebe]].
 
Nel [[106 a.C.]] parlò in favore della ''lex Servilia'' diproposta dal console [[Quinto Servilio Cepione (console 106 a.C.)|Quinto Servilio Cepione]], il cui scopo era quello di annullare la ''lex Sempronia'' di [[Gaio Sempronio Gracco|Caio Sempronio Gracco]] (122 a.C.), la quale aveva sancito che i giudici dovevano essere selezionati tra i [[ordine equestre|cavalieri]] e non tra i senatori. Nel [[103 a.C.]], mentre era [[edile (storia romana)|edile]] curule assieme a Scevola, diede dei sontuosi giochi, nei quali per la prima volta si ebbero combattimenti di leoni.
 
Fu poi [[pretore (storia romana)|pretore]] e [[augure]], per poi essere eletto [[console (storia romana)|console]] assieme a Scevola per l'anno [[95 a.C.]]: insieme promulgarono la ''[[lex Licinia Mucia]] de civibus redigundis'', che portò ad una revisione degli elenchi dei cittadini Romani per depennare coloro che negli anni precedenti si erano fatti illegalmente inserire in esse o si spacciavano per cittadini; fu il rigore di questa legge che contribuì allo scoppio della [[guerra sociale]]. Durante il consolato difese Quinto Servilio Cepio,Cepione che(figlio eradel odiatoconsole daidel cavalieri106), per la sua ''lex Servilia'' edche era stato accusato di ''[[majestas]]'' da [[Gaio Norbano]], mae ne Cepioottenne venneil condannatoproscioglimento.
 
Si occupò poi dell'amministrazione della [[Gallia citeriore]], che condusse egregiamente, a parte una caduta di stile. Volendo ottenere onori militari, cercò lo scontro con dei nemici, ma non ne trovò; pensò allora di sottomettere delle tribù innocue e chiese il [[trionfo]] per questa azione: fu solo per l'intervento di Scevola che la cosa non ebbe buon fine.
 
Intorno al [[93 a.C.]] partecipò ad una delle cause legali più note dell'epoca, quella tra MarcoManio Curio e Marco Coponio riguardo ad una eredità: Crasso difese Curio, mentre le parti di Coponio furono prese da Scevola, che era un ottimo avvocato. La causa verteva su di un testamento, fatto da un uomo che riteneva la moglie incinta di pochi mesi, e che lasciava i propri beni al figlio nascituro, a meno che questi non fosse morto prima dei quattordici anni, nel qual caso l'eredità sarebbe andata a Curio. Il figlio non nacque, e Scevola, difendendo l'interesse di Coponio, affermò che la clausola fosse stata annullata da questo fatto. Crasso, invece, affermò che l'autore del testamento non poteva distinguere tra il non verificarsi della clausola per morte del figlio dal caso in cui il figlio non fosse nato affatto, e quindi avanzava la richiesta di riconoscimento del ruolo di erede del suo cliente. La corte diede ragione a Crasso, e Curio ereditò.
 
Nel [[92 a.C.]] fu [[censore (storia romana)|censore]] con [[Gneo Domizio Enobarbo (console 96 a.C.)|Gneo Domizio Enobarbo]].
 
Nel 91 sostenne i progetti riformistici del tribuno della plebe [[Marco Livio Druso (tribuno)|Marco Livio Druso]] e nel settembre di quell'anno, dopo aver pronunciato un ardente discorso di accusa contro il console [[Lucio Marcio Filippo (console 91 a.C.)|Lucio Marcio Filippo]] (avversario di Druso), si ammalò di polmonite e nel giro di pochi giorni morì.
 
== Bibliografia ==