Lettera VII: differenze tra le versioni

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L'occasione per mettere in pratica i suoi progetti gli fu offerta da Dione, il quale gli scrisse per chiedergli di aiutarlo a riformare la città di [[Siracusa]]. Platone narra così dei suoi viaggi in [[Italia meridionale]], a [[Taranto]] da [[Archita]] e soprattutto a Siracusa ospite di Dione, il quale lo presentò al [[tiranno]] [[Dionisio I di Siracusa|Dionisio il Vecchio]], e in seguito al figlio [[Dionisio II di Siracusa|Dionisio il Giovane]]. Tuttavia, dai tre viaggi che fece non ottenne niente, se non di essere tenuto quasi come un prigioniero da Dionisio il Giovane.<ref>''Lettera VII'' 350a-b.</ref>
 
L'intento di Platone e Dione era di istruire l'ancor giovane Dionisio II alla filosofia, in modo da poter istituire un nuovo governo retto da un re filosofo. Tuttavia, i due si dovettero scontrare con le macchinazioni di corte, che miravano a diffondere falsità e calunnie nei loro confronti. Lo stesso Dionisio tenne un comportamento decisamente ambiguo: da un lato affermò di nutrire interesse per la filosofia e amicizia verso Platone, ma al contempo si lasciò influenzare dalle maldicenze di corte e finì con l'[[Esilio|esiliare]] Dione e far allontanare Platone. Le cose poi peggiorarono con il terzo viaggio, quando Dionisio invitò nuovamente Platone a Siracusa e spedì addirittura una [[nave]] a prelevarlo da Atene. Tuttavia, appena giunto in Sicilia la situazione precipitò a causa di alcune sommosse militari. Inoltre, Platone si inimicò il sovrano sostenendo di fronte a lui i diritti di Dione, con il risultato di essere costretto a rimanere, ospite sgradito, a Siracusa, senza poter tornare in patria e per di più rischiando la propria vita. Tornato infine ad Atene grazie all'aiuto dell'amico Archita, Platone maledìmaledisse la sua scelta di andare a Siracusa e perse i contatti con Dione, il quale, tornato poi in Sicilia, riuscì a detronizzare Dionisio e prendere il potere, ma morì in seguito a una congiura.
 
== La critica della scrittura e le «dottrine non scritte» ==