Exilles: differenze tra le versioni

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== Storia ==
[[File:Exilles - plan-relief 1695.jpg|sinistra|miniatura|Plastico ("''plan-relief"'', in francese) del forte di Exilles ede una parte del paese, 1695.]]
L'abitato di Exilles ha origine antichissima: grazie alla sua posizione strategica il sito attualmente occupato dal Forte era abitato già in epoca primitiva e poi in epoca celtica: solo dal [[1155]], sotto il comando dei [[delfini del Viennois|conti d'Albon]], si può confermare l'esistenza di un vero e proprio complesso fortificato. Da quella data, il forte di Exilles e il paese passarono di mano in mano, tra la dominazione piemontese e quella francese: una storia lunga, che vide contrapposte per lungo tempo le fazioni del [[Ducato di Savoia]] e quelle del [[Delfinato]], e che diede anche origine alla famosa vicenda del [[miracolo eucaristico di Torino]].
 
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Dopo il [[Trattato di Utrecht]], Exilles venne fortificato nuovamente dai Savoia, che ne fecero una piazzaforte inespugnabile. Nel settembre del [[1745]], nel corso della [[guerra di successione austriaca]], le truppe francesi tentarono di aprirsi la strada verso la [[valle di Susa|bassa valle di Susa]] attaccando il forte di Exilles, ma vennero respinti dalle cannonate della guarnigione del forte al comando del capitano Papacino d'Antoni.<ref>Michele Ruggiero, ''Storia della valle di Susa'', p. 312</ref>
[[File:DSCF2335 Exilles.jpg|thumb|left|Il forte di Exilles, oggi.]]
Nel [[1796]] i francesi ne ordinarono lo smantellamento: la città era infatti passata alla repubblica dopo il [[Trattato di Parigi (1796)|Trattato di Parigi]] e [[Vittorio Amedeo III di Savoia]], come ricorda [[Luigi Cibrario]]:
{{Citazione|...cedette alla [[Francia]] la [[Contea di Savoia|Savoia]], [[Contea di Nizza|Nizza]], [[Tenda (Francia)|Tenda]]; si obbligò a demolire le fortezze di Exilles, di [[Susa (Italia)|Susa]] e di [[Demonte]], consentì che fossero occupate dai francesi [[Cuneo]], [[Ceva]], [[Tortona]], [[Alessandria]], [[Casteldelfino]] e l'[[Testa dell'Assietta|Assietta]]...|Luigi Cibrario, ''Storia di Torino'', libro VI}}