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Condannato al carcere e al confino, vi rimase fino all'[[Armistizio di Cassibile]], quando assieme ad altri antifascisti venne caricato s'un treno per essere deportato in [[Terzo Reich|Germania]]. Fuggito durante il trasporto, riuscì a tornare con mezzi di fortuna a Rovigno, dove si unì ai partigiani jugoslavi. Qui organizzò un gruppo di guastatori di cui fecero parte Luciano Simetti, Antonio Abbà, Stanko Pauletić, Giuseppe Turcinovich, Giorgio Bognar e Milan Iskra, le cui imprese divennero famose. Questi colpirono con attacchi dinamitardi svariati tratti di vie ferrate, treni, ponti e tralicci<ref>{{cita|Giuricin 2014|pp. 63-65}}</ref>. Clamorosa rimase un'azione organizzata dal Comitato distrettuale del partito comunista croato che comprendeva Pino Budicin, Augusto Ferri, Antun Pavlinić e [[Giusto Massarotto]], portata a termine a Rovigno da Benussi-Cìo assieme a Mario Hrelja e Luciano Simetti. Alle 19:30 del 5 gennaio 1944, riuscirono a fare irruzione nella Casa del Fascio durante un'importante riunione finalizzata a costituire il nuovo corpo della "Guardia civica", per il cui successo era stata promossa una campagna propagandistica in tutta l’Istria, finalizzata al reclutamento del maggior numero possibile di volontari. Dopo aver attaccato con i mitra in pugno la quindicina di fascisti presenti, i tre piazzarono una mina nell'edificio, che venne completamente sventrato. L'attacco diede nuova linfa e coraggio alle organizzazioni antifasciste rovignesi, che reclutarono diversi nuovi attivisti<ref>{{cita|Giuricin 2014|pp. 69-71}}</ref>. Ad aprile dello stesso anno Benussi-Cìo fra l'altro partecipò ad un'azione simile, che colpì la Casa del Fascio di [[Valle (Croazia)|Valle]].
 
Alla fine della guerra, Matteo Benussi-Cìo tornò nella sua Rovigno rifiutando ogni carica pubblica che gli era stata offerta. Secondo quanto riportato dalla stampa jugoslava, morì in un ospedale di Belgrado il 16 giugno 1951, a seguito di una malattia che l'aveva colpito come conseguenza degli sforzi sostenuti durante la guerra<ref>Tuttora nel sito dell'{{cita|ANPI}} si afferma che Benussi-Cìo ''"fu prematuramente stroncato da una grave malattia"''.</ref>.
 
Solo molti anni dopo si seppe che in realtà - nonostante avesse già quarantacinque anni - era stato richiamato alle armi per prestare il servizio militare suppletivo nell'esercito jugoslavo. Qui venne inviato in un’unità di addestramento assieme ai giovani di leva, dove il suo carattere indocile e soprattutto la sua quasi nulla conoscenza della lingua serbo-croata furono la causa di una serie di situazioni problematiche, che vennero qualificate come segni di insubordinazione. Venne quindi inviato in un’unità di disciplina, ove pare sia stato
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== Bibliografia ==
* {{Cita news|titolo=Matteo Benussi eroe di ogni tempo|url=http://editfiume.info/lavoce/istria/434-matteo-benussi-eroe-di-ogni-tempo|sito=[[EDIT|Editfiume]]|pubblicazione=[[La Voce del popolo (quotidiano)|La Voce del popolo]]|città=[[Fiume (Croazia)|Fiume]]|editore=[[EDIT]]|data=18 giugno 2013|cid=EDIT 2013|accesso=29 giugno 2018}}
* {{Cita libro|titolo=Memorie di una vita|autore=Luciano Giuricin|altri=con la collaborazione di Ezio Giuricin|url=http://www.crsrv.org/pdf/etnia/Libro_Giuricin.pdf|editore=Unione Italiana di Fiume - Università Popolare di Trieste - Centro di Ricerche Storiche di Rovigno|città=Rovigno|anno=2014|ISBN=9789537891107|cid=Giuricin 2014|accesso=29 giugno 2018}}