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<small><sup>1</sup>Casi direttamente sottoposti ai tribunali alleati</small><ref>La tabella e le notizie relative alle liste sono in
<ref name = "Commissione parlamentare 1">{{cita|Commissione parlamentare 2006|ppp. 410-41295}}</ref>.<br>
<small><sup>2</sup>L'Albania presentò all'UNWCC una lista con 142 nomi.</small><ref>{{cita|Conti 2011|p. 159}}</ref>
 
La prima lista di italiani reclamati dagli jugoslavi fu pubblicata dalla stampa italiana a febbraio del 1945<ref>{{cita| name = "Commissione parlamentare 2006|p.1" 95}}</ref>: fra i quaranta nomi indicati non figurarono i membri del Tribunale Straordinario della Dalmazia<ref>{{Cita news|url = http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1945_02/19450211_0001.pdf|titolo = La Jugoslavia esige la consegna dei criminali fascisti di guerra|pubblicazione = [[l'Unità]]|data = 11 febbraio 1945|p = 1|accesso = 28 febbraio 2016|formato = pdf}}.</ref>. Negli elenchi successivi recuperati dagli italiani o ad essi forniti furono inseriti i nomi di Magaldi (accusato sia dalla Jugoslavia in quanto comandante del presidio di Sebenico e giudice del Tribunale Straordinario della Dalmazia, sia dalla Grecia in quanto presidente del Tribunale militare di Atene), Serrentino (spesso indicato come Sorrentino) e Caruso. Accanto al nome di quest'ultimo venne aggiunta negli elenchi la parola ''deceduto'' in quanto fucilato il 22 settembre 1944 per aver collaborato coi tedeschi nell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Allo stesso modo venne indicato come ''deceduto'' Serrentino, dopo la sua fucilazione a Sebenico (15 maggio 1947). Francesco Centonze venne accusato dalle relazioni iniziali della commissione jugoslava ed inserito nei primi elenchi, ma col passare del tempo il suo nome non apparve più fra i ricercati.
 
Col passare dei mesi i principi relativi alla dichiarazione di Mosca erano però già stati radicalmente modificati per quanto concerne l'Italia: successivamente alla dichiarazione di guerra di quest'ultima alla Germania (13 ottobre 1943) e all'assunzione dello status di cobelligerante, l'estradizione dei criminali italiani non venne più considerata di primaria importanza da Gran Bretagna e USA, che peraltro condussero diversi processi in proprio direttamente sul territorio italiano, in quanto potenze occupatrici<ref>{{cita|Pedaliu 2004|p. 506}}</ref>. Nel periodo successivo alla guerra subentrarono diversi ordini di considerazioni che portarono britannici ed americani a non insistere nelle estradizioni dei criminali di guerra italiana in Jugoslavia o in altri paesi, ponendo in essere delle condotte dilatorie o apertamente d'opposizione: da un lato vi era il desiderio di assicurarsi la propria influenza nei confronti dell'Italia postbellica, dall'altro quello di opporsi all'influenza del [[PCI]] e - attraverso di esso - dell'Unione Sovietica nella politica italiana. Un terzo fattore che contribuì in maniera decisiva a determinare l'atteggiamento anglo-americano derivò dalla dura [[Occupazione jugoslava dell'Istria e della Venezia Giulia|occupazione militare jugoslava di Trieste e della Venezia Giulia]]: l'amministrazione [[Harry Truman|Truman]] riteneva che [[Josip Broz Tito|Tito]] non fosse altro che una pedina in mano a [[Stalin]], iniziando a considerare le richieste jugoslave per l'estradizione dei criminali di guerra italiani come una mera mossa propagandistica per screditare l'Italia agli occhi dell'opinione pubblica mondiale<ref>{{cita|Pedaliu|pp. 507-512}}</ref>.