Cogitare et agere, sed non perficere: differenze tra le versioni

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'''''Cogitare et agere, sed non perficere''''' è una espressione latina usualmente tradotta "Pensare e porre in essere atti idonei a commettere un delitto, ma non portarli a termine".<ref>{{cita|Mantovani, 2007|p. 220}}.</ref>
== Storia ==
Nella maggior parte degli ordinamenti giuridici si segue l'antico brocardo che terminava con un ''non est puniendum''. "La [[Scuola Positiva (rivista)|Scuola Positiva di diritto penale]] (...) vorrebbe punire l’atto in quanto questo accerti e manifesti la pericolosità del delinquente. […] A tutto ciò si è sempre costantemente ribellato [[Codice penale italiano del 1889|il nostro legislatore]], che richiede, per la punibilità, atti che inizino l’esecuzione del delitto"<ref>Promemoria dell’arringa di Bruno Cassinelli al processo contro Tito Zaniboni, marzo 1927, in Acs, Segreteria particolare del Duce (Spd), Carteggio riservato (CR) (1922-1943), b. 99, che prosegue: "l’On. Cassinelli prospetta il profilo giuridico della sua arringa, volendo sostenere
1927, in Acs, Segreteria particolare del Duce (Spd), Carteggio riservato (CR) (1922-1943), b. 99, che prosegue: "l’On. Cassinelli prospetta il profilo giuridico della sua arringa, volendo sostenere
che Zaniboni deve essere impunito, perché nell’atto in cui fu sorpreso la mattina del 4
novembre all’Hotel Dragoni, [[Tito Zaniboni|Zaniboni]] non aveva ancora iniziato atti di esecuzione incriminabili,
ma soltanto aveva unicamente disposto e preparato i mezzi del delitto; il che
non è punibile dalla legge".</ref>.
 
Il [[Codice penale italiano]] regola la materia nell'art. 56 [[delitto tentato]] in cui stabilisce una pena, sia pure ridotta, in tutti i casi in cui ci sia la figura del delitto tentato.<ref>{{cita|Mantovani, 2007|p. 224}}.</ref>