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===Portale===
Al centro del prospetto si apre il [[portale]] maggiore della chiesa, ornato da colonnine «''con lavori in elice''» che «''sorreggono superiormente altrettanti [[costolone|costoloni]] [[sistema archivoltato|archivoltati]] e concentrici''». I [[capitello|capitelli]], di gusto romano-corinzio, mostrano un'elegante lavorazione a «''foglie d'acqua''».<ref>G. Carducci, ''Su le memorie e i monumenti di Ascoli nel Piceno'', ''op. cit''., pag. 147.</ref> Alla base dell'imposta dell'[[arco (architettura)|arco]] si trovano le [[scultura|sculture]] di due leoncini scolpite con «''rara finezza''».<ref name="G. Carducci, Memorie monumenti AP pag. 148"> G. Carducci, ''Su le memorie e i monumenti di Ascoli nel Piceno'', ''op. cit''., pag. 148.</ref><ref name="A. Rodilossi, Ascoli Piceno città d'arte, pag. 143."/> LAll'interno della [[archivoltolunetta]] dellavi sono le [[lunettastatua|statue]], recascolpite laad data[[altorilievo]], dell'annodella [[1036Madonna col Bambino]] affiancata dai santi Vincenzo e Anastasio, eseguite da un ignoto lapicida.<ref name="G. Carducci, Memorie monumenti AP pag. 148"/><br>
All'interno vi sono le [[statua|statue]], scolpite ad [[altorilievo]], della [[Madonna col Bambino]] affiancata dai santi Vincenzo e Anastasio, risalenti all'[[XI secolo]], eseguite da un ignoto lapicida.<ref name="G. Carducci, Memorie monumenti AP pag. 148"/> Giambattista Carducci sottolinea come questo gruppo scultoreo abbia similitudini nello stile con altre [[statua|statue]] ascolane e uno stile «''rimarchevole''» che «''non sa nè di antico, nè della così detta Greca maniera; ma rassembra un'alba, un oscuro presentimento dell'eleganza piena di dignità e di sentimento, che rese insigne il XIV secolo''».<ref name="G. Carducci, Memorie monumenti AP pag. 148"/> Giuseppe Fabiani riferisce che nei secoli bassi, nella città di Ascoli, era attiva una scuola di scultura <ref>G. Fabiani, ''Ascoli nel Quattrocento'', Vol. II, ''op. cit.'', pag. 8.</ref> con maestranze specializzate nella lavorazione e nel taglio del [[travertino]] cui appartenevano i «''magistri de preta''» che, negli Statuti ascolani del [[1377]], formavano una [[corporazione]] a parte insieme ai maestri del legno.<ref>G. Fabiani, ''Ascoli nel Quattrocento'', Vol. II, ''op. cit.'', pp. 8-10.</ref>
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La diversa interpretazione della data scolpita nell'epigrafe dell'[[archivolto]] della lunetta di questo portale, interpretata sia come [[1036]] e sia come [[1306]], ha determinato anche la diversa descrizione della storia architettonica dell'opera.
<!-- ==reimpiego del vecchio portale nella facciata trecentesca==
 
L'antichità della datazione 1036 rivela che la composizione delle sculture e le modanature dell'intradosso dell'arco hanno avuto una loro primitiva collocazione nella facciata più antica e sono state trasposte e reimpiegate a decorazione del nuovo prospetto trecentesco.<ref> C. Mariotti, Ascoli Piceno, op. cit., pag. 47.</ref> Come scrive Cesari: «''Il vecchio portale, amorosamente conservato, vene utilizzato nella nuova facciata ed arricchito di nuove decorazioni, specialmente dell'archetto esterno, con fregio e meandri e fogliami di laboriosa fattura. Per la facciata venne adottato il partito a quadrati uguali, ripartiti entro lesene.''» <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 6"/> «''portale maggiore, specialmente della parte interna di esso la lunetta e con le rozze statue primitive''». <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 5"/> L'ingegnere precisa «''che la porta del [[1036]] è certo posteriore alla primitiva chiesetta''» e questa considerazione la deduce dall'osservazione della lavorazione del travertino utilizzato per realizzarla confrontandolo con quello impiegato nella navata centrale lavorato con «''scarsa maestria''». <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 5"/> Definisce costruzione non «''[[isodomo|isodoma]]''» costituita da «''materiale rozzamente lavorato con corsi orizzontali non sempre perfettamente tenuti e spesso livellati con frammenti di mattoni''». Rileva che anche le piccole bifore sono architravate con semplici pietre ed incavate per ottenere gli archetti, «''come si usava nell'epoca della massima decadenza''» <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 6">E. Cesari, ''La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno'', ''op. cit''., pag. 6.</ref> Al contrario di quanto descritto gli stipiti della porta mostrano una «''lavorazione perfetta''», buone connessure ed un archivolto di cunei tagliati secondo la direzione dei raggi.<ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 6"/>
Procedendo cronologicamente, gli autori che riportano la data 1036 ascrivono all'[[XI secolo]] l'epoca di realizzazione del gruppo scultoreo. <ref name="G. Carducci, Memorie monumenti AP pag. 148"/> Giambattista Carducci riferisce come le statue abbiano stile e similitudini con altre [[statua|statue]] ascolane e scrive: «''Notevolissima ed anzi rara cosa mi sembrano le figure sculte sul marmo in altorilievo, che stanno dentro la lunetta nell’alto della porta, effigie dei due Santi titolari della chiesa, posti a destra ed a sinistra della Madonna col Bambino nel grembo. Fu peccato veramente che agli storici della scultura rimanesse ignoto questo lavoro del [[XI secolo]], per niun conto riferibile all’epoca della costruzione della facciata. Tornato utile sarebbe loro stato il sapervelo, perché statue di svelta al giusto proporzione, di un posare convenientissimo e non senza tal garbo, con teste modellate comechè rozze assai sui rapporti del vero, con vestimenta in qualche modo intese, sono qualità, impossibili qui a disconoscersi, e singolari troppo in tanta tenebre di età . Ed è da avvertire che altre consimili per Ascoli ne vedremo, per cui s’arguisce che ve ne fosse una scuola, della quale non tutti i paesi possono avere un simil vanto. ''» <ref name="G. Carducci, Memorie monumenti AP pag. 148"/>
LDefinisce lo stile «''rimarchevole''» che «''non sa nè di antico, nè della così detta Greca maniera; ma rassembra un'alba, un oscuro presentimento dell'eleganza piena di dignità e di sentimento, che rese insigne il XIV secolo''».<ref name="G. Carducci, Memorie monumenti AP pag. 148"/> Giuseppe Fabiani riferisce che nei secoli bassi, nella città di Ascoli, era attiva una scuola di scultura <ref>G. Fabiani, ''Ascoli nel Quattrocento'', Vol. II, ''op. cit.'', pag. 8.</ref> con maestranze specializzate nella lavorazione e nel taglio del [[travertino]] cui appartenevano i «''magistri de preta''» che, negli Statuti ascolani del [[1377]], formavano una [[corporazione]] a parte insieme ai maestri del legno.<ref>G. Fabiani, ''Ascoli nel Quattrocento'', Vol. II, ''op. cit.'', pp. 8-10.</ref> Secondo Cesare Mariotti l'antichità della datazione 1036 rivela che la composizione delle sculture e le modanature dell'intradosso dell'arco hanno avuto una loro primitiva collocazione nella facciata più antica e sono state trasposte e reimpiegate a decorazione del nuovo prospetto trecentesco.<ref> C. Mariotti, Ascoli Piceno, op. cit., pag. 47.</ref> Come scriveEnrico Cesari si esprime così: «''Il vecchio portale, amorosamente conservato, vene utilizzato nella nuova facciata ed arricchito di nuove decorazioni, specialmente dell'archetto esterno, con fregio e meandri e fogliami di laboriosa fattura. Per la facciata venne adottato il partito a quadrati uguali, ripartiti entro lesene.''» <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 6"/> «''portale maggiore, specialmente della parte interna di esso la lunetta e con le rozze statue primitive''». <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 5"/> L'ingegnere precisa «''che la porta del [[1036]] è certo posteriore alla primitiva chiesetta''» e questa considerazione la deduce dall'osservazione della lavorazione del travertino utilizzato per realizzarla confrontandolo con quello impiegato nella navata centrale lavorato con «''scarsa maestria''». <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 5"/> Definisce costruzione non «''[[isodomo|isodoma]]''» costituita da «''materiale rozzamente lavorato con corsi orizzontali non sempre perfettamente tenuti e spesso livellati con frammenti di mattoni''». Rileva che anche le piccole bifore sono architravate con semplici pietre ed incavate per ottenere gli archetti, «''come si usava nell'epoca della massima decadenza''» <ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 6">E. Cesari, ''La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di Ascoli Piceno'', ''op. cit''., pag. 6.</ref> Al contrario di quanto descritto gli stipiti della porta mostrano una «''lavorazione perfetta''», buone connessure ed un archivolto di cunei tagliati secondo la direzione dei raggi.<ref name="E. Cesari, La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in Ascoli Piceno, pag. 6"/>
 
===La cripta di San Silvestro===