Utente:Giuseppe Capitano/Sandbox: differenze tra le versioni

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== Ipotesi sulle origini della maiolica arcaica di Pisa ==
Uno dei problemi principali nella storia degli studi è stato capire anzitutto da dove arrivarono le conoscenze per l'impiego della smaltatura stannifera a Pisa associata alla vetrina piombifera<ref>Per studi al riguardo si rimanda a: {{cita|Berti - Tongiorgi 1977a|p. 5}}; {{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 276}}; {{cita|Gelichi 1987}}; {{cita|Berti 1993a}}; {{cita|Berti - Gelichi 1995b}}; {{cita|Berti - Gelichi 1995c}}; {{cita|Berti - Gelichi - Mannoni 1995}}.</ref><ref name=BR_276>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 276}}</ref>. Per delineare un quadro esaustivo, gli studiosi si sono basati sullo studio dei “bacini ceramici”, importati da vari centri del Mediterraneo e posti sulle murature esterne delle chiese pisane<ref>Vedi {{cita|Berti - Tongiorgi 1981a}} per un catalogo di bacini ceramici delle chiese pisane e {{cita|Berti - Giorgio 2011}} per uno studio più recente degli stessi.</ref>. Un "bacino ceramico"<ref>http://www.treccani.it/enciclopedia/bacini_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/</ref> è quel recipiente ceramico aperto, che, pensato e creato per uno scopo completamente diverso, ad esempio come servizio da mensa, è stato usato a Pisa, ma anche in altri centri toscani e di altre regioni, come abbellimento architettonico sulle pareti esterne degli edifici, in modo particolare quelli religiosi. Tali ceramiche nel primo periodo di importazione dovevano costituire uno status symbol in quanto di grande pregio sia artistico che economico e con ogni probabilità appartenevano a personaggi abbienti della Pisa medievale. Tra il XII e il XIII secolo diventarono appannaggio anche dei ceti sociali medi, come dimostrano alcuni scavi urbani degli ultimi 25 anni<ref name=BR_276/><ref>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 276}}. Per un catalogo sui reperti da scavo vedi {{cita|Berti 1993b}} e {{cita|Berti 1993c}}. I risultati degli scavi più recenti sono esposti in: {{cita|Giorgio 2011a}}; {{cita|Giorgio - Trombetta 2011}}.</ref>.
 
Secondo le ricerche più accreditate, l’avvio delle produzioni smaltate pisane nel XIII secolo fu reso possibile dalla trasmissione di un ingente bagaglio di conoscenze sino a quel momento sconosciute a Pisa. Si pensi che prima dell’avvento della maiolica arcaica l’unica produzione locale di vasellame era quella di recipienti in terracotta privi di copertura vetrosa e di decori colorati (detti perciò anche “acromi”)<ref>Per dettagli sulla ceramica "acroma" vedi {{cita|Busi 1984}} e {{cita|ALberti - Giorgio 2018}} per uno studio più recente.</ref>. Questo nuovo tipo di ceramica rivestita comparve agli inizi del Duecento già nelle sue forme definitive e con tecnica di realizzazione dei rivestimenti perfetta. Viene dunque scartata l’ipotesi che si tratti del frutto di un’esperienza maturata direttamente in città per mezzo di sperimentazioni successive.
 
L’ipotesi più plausibile rimane quella secondo la quale la produzione della maiolica arcaica pisana è stata probabilmente stimolata dalle abbondanti importazioni che dalla fine del X secolo, e ancor di più dal secolo successivo, raggiunsero la città, e realizzata, probabilmente con l’aiuto di qualche maestranza straniera venuta a Pisa. Di conseguenza, per capire quale sia stato il punto di partenza della produzione della maiolica arcaica pisana bisogna spostare l'attenzione verso i centri che, prima di Pisa, fabbricarono manufatti con tecniche simili. Nel panorama delle ceramiche importate da vari paesi del Mediterraneo<ref name=BR_277>{{cita|Berti - Renzi Rizzo 1997|p. 277}}. </ref><ref>Per informazioni sulle aree di provenienza dei bacini si rimanda a: {{cita|Berti 1993c}}; {{cita|Berti 1993d}}; {{cita|Gelichi - Berti - Nepoti 1996}}; {{cita|Berti - Giorgio 2011}} e {{cita|Giorgio 2018}}.</ref>{{#tag:ref|Tra i “bacini ceramici” pisani figurano ceramiche importate dall’area Bizantina, dalla [[Tunisia]], dalla [[Storia della Sicilia islamica|Sicilia islamica]] e poi normanna, dalla [[Puglia]] (le “protomaioliche” brindisine), dall'[[Egitto]], e dalla [[Liguria]] (le “graffite arcaiche liguri”).|group=N}}, quelle alle quali si avvicinano di più le maioliche arcaiche di produzione pisana sono le ceramiche islamiche fabbricate in area spagnola peninsulare (Penisola iberica) ed insulare (Isole Baleari), con decorazioni in verde e porpora, o in verde e manganese. La tecnica di produzione, che prevede due coperture vetrificate diverse sulle superfici del corpo ceramico (rispettivamente smaltata in bianco sulla superficie principale e vetrina piombifera incolore o giallastra sulla superficie secondaria), venne usata in alcuni centri della Spagna sotto il dominio islamico (al-Andalus) tra i quali Palma di Maiorca. Anche dal punto di vista delle forme, le maioliche arcaiche pisane sono simili ai manufatti ceramici prodotti a Denia fra la metà del XII ed il primo quarto del XIII secolo<ref name=BR_277/>.
 
Per quanto riguarda Maiorca e le importazioni delle sue ceramiche, bisogna ricordare le intense e complesse relazioni tra quest’isola e la Repubblica di Pisa a partire dai fatti accaduti tra 1113-1116. In questi anni infatti, si svolse una crociata volta ad annullare la pirateria musulmana nel mediterraneo. Questa, ricordata come “la spedizione delle isole Baleari”, era guidata dalla Repubblica di Pisa (alleata con i Catalani), alla quale nel 1085 era stata concessa la sovranità delle Baleari da Papa Gregorio VII.