Repubblica romana: differenze tra le versioni

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{{Vedi anche|Conflitto degli ordini|secessio plebis}}
 
Intanto la città era teatro di violenti conflitti tra patrizi e plebei, conflitti che trovanotrovavano origine nella richiesta dei secondi di essere rappresentati nelle istituzioni della città (istituzioni che, dopo la caduta della monarchia, erano appannaggio esclusivo dei patrizi) e di non essere ridotti in schiavitù, in applicazione del [[Nexum]], perché debitori a seguito di eventi bellici<ref>[[Tito Livio]], [[Ab Urbe condita libri]], lib. II, par. 23</ref>. In quel frangente l'Urbe riuscì a resistere alle forze esterne solo ritrovando l'accordo tra i due ordini (il dittatore [[Manio Valerio Massimo]] promise le riforme a guerra conclusa) i quali, compatti, con rapide ed efficaci azioni militari riuscirono nel [[494 a.C.]] a respingere gli attacchi dei [[Sabini]], [[Equi]] e [[Volsci]]<ref>[[Tito Livio]], [[Ab Urbe condita libri]], lib. II, par. 28-30</ref>.
 
A guerra conclusa, poiché i patrizi non volevano concedere ai plebei quanto promesso, soprattutto a causa della forte opposizione a questa riforma dell'ala più oltranzista dei patrizi guidata da [[Gneo Marcio Coriolano|Gneo Marcio]], conosciuto come ''Coriolano'', questi per la prima volta nella storia romana adottarono come forma di lotta politica la [[secessio plebis]], ovverosia abbandonarono la città, ritirandosi sul monte Sacro appena fuori le mura cittadine, rifiutandosi di rispondere alla chiamata alle armi dei Consoli.