Enrico Galassi: differenze tra le versioni

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== La riscoperta del mosaico come espressione artistica moderna ==
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[[File:Enrico Galassi senza titolo (Figura su divano con violoncello).jpg|destra|miniatura|Enrico Galassi, Senza titolo (figura su divano con violoncello), senza data cm 17 x 21, tempera su carta, collezione privata]].
Capace di intuire le potenzialità di luoghi semi-sconosciuti (come il Poveromo in [[Versilia]]), Galassi "scopre" nei primi anni Quaranta l'isola del Giglio e vi va ad abitare, assieme alla moglie americana, [[Melissa Reid]], sposata nel 1942, e alla figlia primogenita Alice (detta "Babina"), in una vecchia torre di [[Cala Cupa]] e in alcuni spazi dell'ex lazzaretto, da lui ristrutturati «in stile modernista»<ref name="cassani-28"/>.
A distanza di un ventennio dagli studi alla Scuola del Mosaico ravennate e dalle sue riflessioni scritte in articolo sul «Corriere Padano», Galassi intuisce le potenzialità di un mosaico che si rinnovi sulla base dell'arte del suo tempo, un mosaico, dunque, «concepito non come decoro architettonico ma come opera artistica indipendente»<ref name="ruscio-cit"/><ref name="cassani-28"/>. Il frutto di due anni di ricerche confluiscono in una mostra di ventidue mosaici<ref>Su cartoni di [[Mino Maccari]], [[Giuseppe Capogrossi]] e [[Marino Mazzacurati]].</ref><ref name="ruscio-cit"/> alla Galleria Ferruccio Asta di Milano, nel maggio 1942<ref name="ruscio-cit"/><ref name="cassani-28"/>. Nel foglio di presentazione scritto dall'amico [[Alberto Savinio|Savinio]] si legge: come da bambino, a [[Sant'Apollinare Nuovo]] a [[Ravenna]] il piccolo Enrico «estraeva le tessere colorate e brillanti dei musaici feriti, le appiccicava nella creta e componeva per gioco delle figurazioni secondo la sua fantasia», così adesso «questo mosaico-gioco, Enrico Galassi lo continua ancora e sempre lo continuerà, lui che essendo artista-nato, sa che l'arte è un gioco da dei, timorosi di lasciarsi prendere dalla noia di quaggiù»<ref>Alberto Savinio, ''Enrico Galassi'', Milano, Galleria Ferruccio Asta, 6-20 maggio 1942, s.n.p.</ref>. L'amore – e la nostalgia – per l'infanzia, uniscono Galassi e Savinio, come si può vedere da una riflessione più tarda dello stesso Galassi, parlando di canzoni popolari: «Nell'abbandonarvi al sentimento puro che queste opere [...] emanano, avvertirete freschezza, pace, dolcezza che vi faranno ancora una volta sentire felici e spensierati come fanciulli o, se preferite, come poeti»<ref>Enrico Galassi, in ''Un secolo di canzoni. Fogli volanti'', a cura di Francesco Rocchi e con la collaborazione di Libero Bigiaretti ''et alii'', s.l., Parenti Editore, 1961, pp. IX-X: X.</ref>. Come intuisce sempre [[Alberto Savinio|Savinio]], nei suoi mosaico Galassi rifà, da vero piccolo demiurgo, ogni volta il mondo: «Di quest'arte, Enrico Galassi ha riscoperto il carattere favoloso; e col gioco delle tessere, come un coboldo, come un paziente alchimista, egli ricompone sulla superficie della terra e alla luce del sole, il "tesoro" fatto di immagini strane, bellissime e sciolte dalla logica e dagli umani "perché", che la Terra nasconde nel suo tenebroso cuore»<ref>A. Savinio, ''Enrico Galassi'', cit., s.n.p.</ref>. Gli anni precedenti la liberazione di Roma sono intensissimi per Galassi. Nel 1943 espone due opere in una collettiva alla Galleria Minima Il Babuino, a Roma, assieme a [[Giorgio De Chirico]], [[Giorgio Morandi]], [[Alberto Savinio|Savinio]], [[Gino Severini]] e [[Mario Sironi]]<ref name="ruscio-cit"/>.