Giochi nell'antica Roma: differenze tra le versioni

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Il gioco, seguendo la tradizione greca, era considerato dai Romani come dotato di una valenza educativa: i bambini, come avevano insegnato [[Platone]] <ref>Platone, ''Lex'', I. 643</ref> e [[Aristotele]] <ref>Aristotele, ''Politica'', VII. 15</ref>, giocando prendono contatto con la società che li circonda, imparano a rispettare le regole con lealtà, pena l'esclusione dalla comunità.
 
==Giochi eed giocattoli==
I bambini per lo più giocavano con i divertimenti adatti alla loro età preferibilmente assieme ai loro coetanei con giocattoli di poco conto o anche senza di questi come facevano ad esempio per giocare a [[nascondino]] <ref>Giulio Polluce chiama questo gioco ''apodidraskínda'', "il gioco della fuga" (in ''Onomasticon'', IX)</ref>, che i Romani chiamavano ''latibulo'' (nascondersi) <ref>''Ivi'' p.39</ref>: un gioco che nella sua semplicità ha conservato nei tempi moderni le stesse antiche modalità.