Concilio di Nicea I: differenze tra le versioni
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Nel corso del [[XVIII secolo]], l'atteggiamento di alcuni [[illuminismo|illuministi]] nei confronti del concilio di Nicea fu improntato su posizioni critiche, evidenziando gli aspetti politici e sociali che accompagnarono il primo dei concili ecumenici. Notevole è la discussione che fa [[Edward Gibbon]] del Concilio nella sua monumentale opera ''[[Storia del declino e della caduta dell'Impero romano|Decline and Fall of the Roman Empire]]''<ref>[[Edward Gibbon]], ''Decline and Fall of the Roman Empire'', trad. italiana Oscar Storia Mondadori, 1998, p.293, ISBN 88-04-45284-6.</ref>. In particolare, [[Edward Gibbon|Gibbon]] evidenzia le necessità politiche di mantenimento dell'unità dell'Impero, che spinsero [[Costantino I|Costantino]] a convocare il concilio. [[Edward Gibbon|Gibbon]] non fa mistero del provvedimento di esilio da parte imperiale: «( [...] ) la dottrina nicena fu ratificata da Costantino, e quando l'imperatore affermò risolutamente che chiunque si fosse opposto al giudizio divino del concilio avrebbe dovuto prepararsi a prendere immediatamente la via dell'esilio, tacquero i mormorii di protesta di una fiacca opposizione, che da diciassette vescovi si ridusse quasi istantaneamente a due.»
Su posizioni più caustiche si situa il deista, anticlericale e laico, aderente alla massoneria [[Voltaire]], che nel suo ''[[Dictionnaire philosophique]]'' dedica la voce "Concili" a una succinta storia dei concili ecumenici<ref>{{fr}} [http://www.voltaire-integral.com/18/conciles.htm 'Concili', Dizionario filosofico. Voltaire, Parigi 1694 - 1778]</ref>. [[Voltaire]] indica l'attore primo della convocazione del concilio in [[Costantino I|Costantino]], il quale desiderava che le "frivole" dispute teologiche non costituissero uno scandalo o, peggio, occasioni di dissidio nel popolo<ref>''Ces questions, qui ne sont point nécessaires et qui ne viennent que d'une oisiveté inutile, peuvent être faites pour exercer l'esprit; mais elles ne doivent pas être portées aux oreilles du peuple.''</ref>. [[Voltaire]] ritiene che tali dispute avessero poco a che fare con il messaggio principale dei Vangeli, e con la moralità che normalmente si chiede da una persona dabbene.
L'[[aneddoto]] citato da Voltaire è da lui riportato per affermare che i concili sono fatti dagli uomini e che quindi sono il frutto naturale delle passioni umane e delle circostanze storiche:
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