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=== Storia antica e medievale ===
[[File:Kohaito, zona dei palazzi axumiti 09.JPG|miniatura|sinistra|Resti di un palazzo axumita nel sito archeologico di [[Kohaito]]]]
Intorno al 2.500 a.C., lungo la costa del Mar Rosso, esisteva un regno che gli antichi egizi chiamavano "La terra di Punt", che significa “Terra degli dei”. Il regno comprendeva una grande fetta di Eritrea settentrionale, alcune parti del Sudan, del Gibuti e aveva come centro il porto di Adulis.
 
Intorno al 1000 a.C., i [[Sabei (Yemen)|Sabei]], partendo dall'attuale Arabia Saudita, attraversarono il Mar Rosso, stabilendosi prima nelle isole Dahlak e poi in diverse aree delle coste e altopiani dell’Eritrea. Alcuni degli insediamenti di spicco del tempo in Eritrea includono [[Adulis]], Kohaito, Metera, Tekondae, e Keskese. Questi insediamenti hanno avuto una loro natura urbana.
 
Intorno all’VIII secolo a.C. i diversi insediamenti sabei si riunirono sotto un unico ombrello politico e formarono il Regno di [[D'mt]]. Il regno, con centro in Adulis, abbracciava gran parte degli altopiani eritrei e la riva del Mar Rosso, e alcune parti del nord Tigray, mantenendo forti legami commerciali e culturali con le civiltà greca, romana e meroitica. Il Regno di [[D'mt]] portò significativi cambiamenti agricoli, religiosi, architettonici, politici e linguistici nei popoli della regione. Gli storici considerano il Regno di D'mt come precursore del Regno axumita.
 
Nel I secolo d.C., unendo le città di Adulis, Kohaito, Keskese, Tekonda, Metera, e Axum vienevenne fondato il Regno axumita; buona parte di questo regno si trovava nell'attuale Eritrea e nella parte settentrionale del Tigray. Il regno è noto per essere esistito a partire dal I secolo fino all'inizio del VII secolo d.C., ma è stato nel III secolo che Axum divenne uno stato pienamente sviluppato, raggiungendo l'apice della sua potenza nel IV secolo d.C. Per mostrare il loro potere, i re aksumiti costruirono massicce steli (pilastri in pietra), e alcune di queste sono in piedi ancora nel ventunesimo secolo. La prima volta che il nome di "Axum" appare in una fonte storica è nel già citato [[Periplus Maris Erythraei|''Periplo del Mar Eritreo'']], risalente al I secolo d.C.
 
Dal VI secolo il Regno axumita diventadiventò una grande potenza arrivando a conquistare l’Arabia meridionale, oggi lo Yemen. Tuttavia, a partire dal VII secolo, il regno cominciò a declinare. Dopo la caduta del Regno axumita, la storia eritrea entra nel suo periodo medievale.
 
=== La conquista e la dominazione ottomana ===
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Bisogna sottolineare che l'Eritrea, rispetto all'Etiopia e alla [[Somalia Italiana]], fu la colonia con la più forte presenza di italiani. Infatti nel censimento del [[1939]] solo ad [[Asmara]] furono censiti 53.000 Italiani su una popolazione totale di 98.000 abitanti.
 
Il 5 dicembre [[1934]], avvenne l'[[incidente di Ual Ual]] tra [[Somalia Italiana]] ed Etiopia, che fornì il pretesto al regime [[Fascismo|fascista]] per [[Guerra d'Etiopia|aggredire l'Abissinia]], partendo il 3 ottobre [[1935]] dalle basi dell'Eritrea. L'Abissinia venne conquistata il 5 maggio 1936 e il 9 maggio tutte le colonie italiane del Corno d'Africa furono unificate da [[Benito Mussolini|Mussolini]] nella cosiddetta [[Africa Orientale Italiana]] (AOI).
[[File:Coat of arms of Eritrea governorate.svg|miniatura|upright=0.5|Stemma del Governo dell'Eritrea nell'AOI]]
L'[[Eritrea italiana]] entrò a far parte dell'AOI sotto un [[Governatori dell'Eritrea|Governatore]] con sede ad Asmara ed un territorio ampliato anche come compenso per l'aiuto nella conquista dell'Etiopia, dato al [[Regno d'Italia]] da parte di oltre 60.000 [[Àscari]] eritrei.
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Nella primavera del [[1941]], ancor prima della resa agli inglesi di [[Amedeo di Savoia-Aosta (1898-1942)|Amedeo di Savoia]], l'Eritrea venne occupata da un esercito britannico a seguito della [[battaglia di Cheren]]. Con la perdita di [[Gondar]] (27 novembre 1941), ultimo ridotto italiano in Africa orientale, si dissolsero le ultime speranze di riconquista della colonia.
 
Dopo il [[1941]], per i quasi 100.000 Italiani della comunità italiana dell'Eritrea iniziò un periodo difficile che porteràportò alla loro quasi totale scomparsa in pochi decenni<ref>{{cita web |autore = Eros Chiasserini |url = http://www.maitacli.it/fascicolo/ERITREA%20-%20GLI%20ANNI%20DIFFICILI.pdf |titolo = Eritrea 1941-1951 – Gli anni difficili |formato = PDF |accesso = 2 marzo 2009 |urlmorto = sì |urlarchivio = https://web.archive.org/web/20090419182334/http://www.maitacli.it/fascicolo/ERITREA%20-%20GLI%20ANNI%20DIFFICILI.pdf |dataarchivio = 19 aprile 2009 }}</ref>.
 
L'Eritrea rimase sotto occupazione militare alleata fino al [[1947]] e divenne un protettorato britannico fino al [[1952]], quando le [[Nazioni Unite]] la dichiarerannodichiararono federata con l'Impero etiope.
 
=== L'unione all'Etiopia ===
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* la popolazione di religione musulmana, sostenuta anche da diversi cristiani e dagli italo-eritrei, era decisamente orientata verso l'indipendenza (eventualmente dopo una fase transitoria di Amministrazione fiduciaria affidata all'[[Italia]] o alla [[Gran Bretagna]]).
 
Il 6 maggio [[1949]], il Ministro degli Esteri italiano [[Carlo Sforza]] si accordò con il collega britannico [[Ernest Bevin]] per il passaggio dell'Eritrea in amministrazione fiduciaria all'Italia, per poi costituirsi in Stato autonomo, tranne lo sbocco al mare di [[Assab]] da concedere all'[[Etiopia]]<ref>Carlo Sforza, ''Cinque anni a Palazzo Chigi'', Roma, Atlante, 1952, pagg. 159 e succ.ve</ref>. Tale compromesso non ebbe, per un solo voto, la maggioranza all'assemblea dell'[[Organizzazione delle Nazioni Unite|ONU]]. Il 1º ottobre successivo, al comitato politico dell'ONU di [[Lake Success]], Sforza si espresse in senso favorevole all'indipendenza immediata per l'ex-colonia, ritenendo in tal modo di adottare una linea distensiva nei rapporti tra l'Italia e il mondo islamico<ref>Carlo Sforza, ''cit.'', pagg. 171 e succ.ve</ref>.
 
Il governo di [[Hailé Selassié]], secondo alcuni con una qualche complicità dei britannici, non esitò a ricorrere al terrorismo degli [[Sciftà]] per colpire le fazioni indipendentiste<ref>v. pag 172 Stefano Poscia, ''Eritrea: colonia tradita'' Edizioni associate, 1989</ref>.