Massacro di Amritsar: differenze tra le versioni

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[[File:Massacre memorial in Amritsar.jpg|thumb|upright=0.9|IlMonumento monumentoalla alle vittimememoria del massacro. di Jalianwalla Bagh]]
'''Massacro di Amritsar''' o anche '''massacro di Jalianwalla Bagh''' è il nome che indica un episodio avvenuto il 13 aprile [[1919]] ad [[Amritsar]], principale città dello stato [[india]]no del [[Punjab (India)|Punjab]], allora parte dell'[[India]] e quindi dell'[[Impero britannico]].
 
Il generale di brigata [[Reginald Dyer]] ordinò alle sue truppe, in parte [[Regno Unito|britanniche]] e in parte [[Brigata Gurkha|Gurkha]], di aprire il fuoco sulla folla che assisteva ada un comizio in un'angusta piazzetta della città, causando, secondo la successiva commissione d'inchiesta, 379 morti e circa 1.200 feriti.
 
Da un lato Dyer non ritenne di sparare alcun colpo di avvertimento affinché la folla si disperdesse, dall'altro la manifestazione era una provocatoria violazione della legge marziale, instaurata pochi giorni prima a seguito di reiterati attentati contro l'amministrazione britannica.
 
== Antefatto ==
Il 18 marzo 1919 nell'intero subcontinente vi furono proteste e manifestazioni di massa guidate dal [[Partito del Congresso Indiano|Partito del Congresso]] contro il ''[[Rowlatt Act]]'', legge che consentiva incarcerazioni arbitrarie di dissidenti senza alcun processo.
 
Dopo la [[prima guerra mondiale]] stava aumentando l'insoddisfazione fra gli indiani. Questi avevano partecipato al conflitto senza però trarre alcun vantaggio dai loro sacrifici, sottostando a uno stato meno liberale di quello di altri ''[[dominion]]'' come [[Canada]] e [[Australia]].
 
Mentre i membri istruiti della classe media del Congresso mettevano in pratica i metodi pacifici propugnati da [[Mohandas Gandhi]], chiamati ''[[satyagraha]]'', molti dei manifestanti non lo facevano.
 
Il primo giorno delle marce, il 6 aprile, pacifiche dimostrazioni politiche volsero rapidamente alla violenza. Gli assassinii di numerosi amministratori britannici, attacchi incendiari a banche inglesi, uffici governativi e proprietà private indussero il governatore inglese del Punjab, [[sir Michael O'Dwyer]], a dichiarare la [[legge marziale]]. Il timore diffuso del Governo coloniale indiano era che tali violenze fossero l'inizio di una rivolta generale paragonabile a quella del 1857.
 
== Il raduno ==
Il 13 aprile migliaia di indiani si trovarono al Jalianwalla Bagh, nel cuore della città di Amritsar. L'occasione era la festività [[Sikh]] di [[Baisakhi]] in cui è tradizione festeggiare l'arrivo della primavera ritrovandosi in comunità. Il raduno sfidava l'articolo della legge marziale che proibiva le riunioni di cinque o più persone in città. Il luogo del ritrovo, il Jalianwalla Bagh, era un parco circondato su tutti i lati da mura di mattoni e con una sola stretta apertura per l'accesso e l'uscita.
 
== Il massacro ==
Le truppe inglesi e i gurkha marciarono sino al parco accompagnati da un mezzo blindato su cui erano montate mitragliatrici, che però rimase fuori dato che non era in grado di passare nello stretto ingresso.
 
I soldati erano guidati dal colonnello (generale di brigata ''pro tempore'' in attesa della smobilitazione) e veterano della Primaprima Guerraguerra Mondialemondiale [[Reginald Dyer]] che, senza sparare alcun colpo di avvertimento affinché la folla si disperdesse, ordinò ai suoi uomini di aprire il fuoco.
 
Dato che non esistevano nel parco altre uscite oltre a quella già ingombrata dai soldati, la gente tentò disperatamente di scappare arrampicandosi sui muri e alcuni si gettarono in un pozzo per sfuggire ai proiettili.
 
Il tiro, furono sparati 1.650 proiettili, continuò sino all'esaurimento delle munizioni e in pochi minuti vi furono ufficialmente "almeno 379 morti e oltre 1.200 feriti"<ref>Dato riportato nel seguente video: http://it.youtube.com/watch?v=BwH7Q1cOncI&feature=related</ref>; le truppe si ritirarono senza fornire alcuna assistenza medica ai feriti<ref>Dato riportato a pag. 170 di: ''Moduli di Storia. 3 Il Novecento.'', Edizioni Bruno Mondadori, 1998.</ref>.
 
[[File:Massacre memorial in Amritsar.jpg|thumb|upright=0.9|Il monumento alle vittime del massacro.]]
 
== Conseguenze ==
Seguirono due mesi di ferree leggi marziali in tutto il Punjab con violenze e umilianti disposizioni contro gli indiani non appartenenti all'amministrazione.
 
L'accaduto, che si s'inseriva nelle tensioni provocate in India dal rifiuto britannico di rispettare le promesse di riforme e autonomia fatte nel corso della prima guerra mondiale, portò l'opinione pubblica indiana su posizioni più marcatamente indipendentiste.
 
Alcuni, come i dirigenti religiosi [[sikh]] di Amritsar, che offrirono una medaglia a Dyer, o la stessa [[Annie Besant]], appoggiarono l'operato di Dyer, temendo l'estendersi all'India di una rivoluzione sociale. Altri invece ritennero giunto il momento di passare a movimenti di massa politici e sindacali per imporre al governo coloniale un reale mutamento di rotta. Per il movimento nazionalista indiano, e per quello gandhiano in particolare, il massacro di Amritsar segnò un cruciale punto di svolta.
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Dyer venne fatto dimettere dal suo incarico dal tenente generale Sir Havelock Hudson, che gli disse che era stato sollevato dal suo comando. Più tardi gli fu detto dal comandante in capo dell'India, il generale Sir Charles Monro, di dimettersi ufficialmente.
 
L'evento divise anche l'opinione pubblica britannica. Secondo il celebre scrittore Rudyard Kipling al contrario Dyer fu "''l'uomo che salvò l'India''". Al contrario, Winston Churchill, all'epoca Ministro, durante un dibattito alla Camera dei Comuni dichiarò il massacro "''un episodio senza precedenti o paralleli nella storia moderna dell'impero britannico ... un evento straordinario, un evento mostruoso, un evento che si trova in un singolare e sinistro isolamento ... la folla non era né armata né attaccante''".
 
Dyer venne sottoposto a procedimento disciplinare da una commissione appositamente costituita dal governo britannico in India, comprendente nove giudici dei quali tre indiani. La commissione condannò all'unanimità le azioni di Dyer, sebbene i membri indiani abbiano scritto anche un loro rapporto di minoranza. Le conclusioni dell'inchiesta furono le seguenti:
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* Persone innocenti erano in mezzo alla folla, e non c'era stata violenza in precedenza a Bagh (il parco del massacro).
* Dyer avrebbe dovuto ordinare alle sue truppe di aiutare i feriti o incaricare le autorità civili di farlo.
* Le azioni di Dyer erano state "''inumane e non inglesi''" ede avevano gravemente danneggiato l'immagine del dominio britannico in India.
 
A seguito di questo verdetto Dyer venne dimissionato dall'esercito britannico e tornò in Gran Bretagna senza ricoprire altri incarichi ufficiali fino al giorno della sua morte, il 23 luglio 1927.
 
Il giorno successivo al massacro Dyer emanò un comunicato ufficiale, il cui stralcio consente di comprendere il punto di vista di un soldato professionista che, unito all'atmosfera di quei giorni, provocò il tragico evento "...''Per me il campo di battaglia di Francia o di Amritsar è lo stesso. Sono un militare e andrò dritto''..."
 
== Monumento ==