De gratia et libero arbitrio: differenze tra le versioni

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==Genesi dell’opera==
Il motivo che lo ha spinto a scrivere il ''De gratia et libero arbitrio'' è illustrato da Agostino stesso nella prima delle due lettere (''Ep.'' 214) indirizzate a Valentino, abate di Adrumeto, spedita precedentemente al trattato: il «monastero è stato turbato da qualche divergenza d'opinioni» <ref name="5.">''Ep.'' 214 I.</ref> in merito all’effettiva esistenza del libero arbitrio umano, a causa del contenuto di una lettera che Agostino aveva precedentemente indirizzato al presbitero Sisto (il futuro papa [[Sisto III]]) e di una cui copia i monaci adrumetini erano entrati in possesso (''Ep.'' 194). In quest’ultima epistola, l’Ipponate esorta Sisto a mantenere salda la sua posizione «contro gli avversari della grazia di Cristo» <ref name="6.">''Ep.'' 194 I 1.</ref>, ossia i [[Pelagiani]], fornendo principalmente due tipi di argomentazione a favore della grazia divina: la grazia di Dio è necessaria all’uomo per operare il bene e quindi non dipende dai meriti delle persone, ma ne è causa («essa non sarebbe grazia se, invece di essere un dono gratuito della bontà, fosse una ricompensa dovuta ai meriti» <ref name="7."> Ivi, III 7.</ref>); la gratuità della grazia di Dio è evidente nel caso dei bambini morti prima o dopo il battesimo <ref name="8."> Il motivo per cui alcuni bambini muoiono prima del battesimo (ossia fuori dalla grazia di Dio) o subito dopo il battesimo (quindi nel periodo di maggiore innocenza) resta, tuttavia, misterioso: «Ma questi casi si danno per la misteriosa provvidenza di Dio, i cui giudizi sono imperscrutabili e le vie impenetrabili» (''De gr. et lib. arb.'' XXII 44).</ref> («Qual motivo, domando io, [i Pelagiani] potranno addurre per spiegare come mai uno è trattato in modo che muoia battezzato, mentre un altro […] spira prima che lo presentino per farlo battezzare?» <ref name="9."> ''Ep.'' 194 VII 31.</ref>).
 
Dalla lettura di questa epistola, emerge chiaramente la concezione antropologica agostiniana: la stirpe umana non è altro che «un’unica massa condannata di peccatori»<ref>Ivi, II 4.</ref> , in quanto «infetta del peccato originale»<ref>Ivi, VIII 38.</ref> ; perciò l’uomo, a causa del peccato commesso da [[Adamo]], porta in sé e trasmette per via ereditaria il germe del male, che non può essere cancellato totalmente nemmeno dal battesimo: «Forse che, nel battesimo, sarebbe risanata in un istante l'infermità della concupiscenza carnale così come viene cancellata in un istante la colpa del peccato, non per la condizione della nascita ma per la grazia della rinascita?»<ref>Ivi, X 44.</ref> . Perciò gli uomini, sebbene ritengano di poter decidere sempre liberamente se volgere le proprie azioni al bene o al male, in realtà sono, in maniera maggiore o minore, vittime della loro stessa natura di peccatori e quindi la loro volontà, lungi dall’essere libera, si trova in balia del peccato, a meno che la grazia di Dio non intervenga a liberarla. Adamo ne è la prova concreta: libero da ogni restrizione, ha compiuto il male, dimostrando la fragilità e l’incostanza della volontà umana e, allo stesso tempo, condannando quest’ultima ad essere serva della concupiscenza<ref>Cf. G{{maiuscoletto|rossi}} 1980, 104-108.</ref> . Da ciò si comprende perché Agostino afferma che «il dannato riceve la pena meritata, mentre chi si salva riceve una grazia non meritata»<ref>''Ep.'' 194 II 4.</ref> : tutti gli uomini, compresi gli infanti, sono peccatori e meritano il castigo divino; perciò, se alcuni si salvano, ciò accade solo per un atto di bontà gratuito da parte di Dio. Questo principio sta alla base dell’intera dottrina agostiniana della grazia.
 
Tuttavia, nell’intento polemico della lettera, Agostino finisce per costituire una forte opposizione tra grazia divina e libertà umana: «Allo stesso modo che alla volontà di Dio è attribuita la natura umana la quale è da lodare senza che nessuno ne possa dubitare, così alla volontà dell'uomo è attribuita la colpa che è da condannare senza che alcuno si possa ribellare»<ref>Ivi, VI 30.</ref> . Possiamo dunque comprendere come fosse facile (seppur errato) dedurre, da queste parole, che la volontà umana ha solo la possibilità di peccare; questa distorsione portò alcuni monaci di Adrumeto ad esaltare «la grazia al punto da negare il libero arbitrio dell'uomo»<ref>''Ep.'' 214 I.</ref> . È per evitare il diffondersi di questo fraintendimento che Agostino scrive e spedisce il suo «trattato»<ref>''Ep.'' 215 II.</ref> .
 
==Struttura dell'opera==
In base all’argomento trattato, l’opera può essere distinta in cinque sezioni: necessità del libero arbitrio e della grazia (I 1-IV 9); priorità della grazia sulle azioni umane (V 10-IX 21); natura della grazia (X 22-XVI 32); carità (XVII 33-XIX 40); azione di Dio sul cuore dell’uomo (XX 41-XXIV 46).