Vittorio Alfieri: differenze tra le versioni
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La sorella Giulia fu mandata presso il [[monastero]] astigiano di [[Cripta e museo di Sant'Anastasio|Sant'Anastasio]].<ref name="ibidem"/> Dal terzo marito la madre avrà Anna Maria Giuseppina Barbara, Giuseppina Francesca, Pietro Lodovico Antonio, Giuseppe Francesco Agostino e Francesco Maria Giovanni.<ref name="Bonghi, art. cit."/>
Come scrive egli stesso nell'autobiografia, era un bambino molto sensibile, a tratti vivace, solitario, insofferente alle regole, descritto dai biografi moderni come tendente alla [[nevrosi]]<ref>Sambugar, Salà, ''Letteratura modulare'', vol 1, introduzione alla Vita scritta da esso di V. Alfieri</ref>, una condizione che si protrarrà per tutta la vita, causandogli spesso anche [[psicosomatica|disturbi psicosomatici]].<ref>Giuseppe Antonini, Leonardo Cognetti De Martiis, ''Vittorio Alfieri: studi psicopatologici''.</ref> Spesso soffrirà di disturbi gastrici per l'intera sua esistenza.
{{citazione|Fra gli otto e nov'anni, trovandomi un giorno in queste disposizioni malinconiche, occasionate forse anche da salute, che era gracile anzi che no, visto uscire il maestro, e il servitore, uscii dal mio salotto che in un terreno dava nel cortile, dov'era intorno intorno molt'erba. Mi misi a strapparne colle mani quanta ne poteva, ed a metterne in bocca, masticarne, e ingoiarne quanta poteva, benché il sapore me ne riuscisse ostico assai, ed amaro. Aveva sentito dire non so da chi che la [[Conium maculatum|cicuta]] era un'erba che avvelenava, e faceva morire; non aveva fatto nessun pensiero di morire, e quasi non sapea quel che fosse; pure, seguendo un istinto naturale misto con non so quale idea di dolore, mi spinsi avidamente a mangiar di quell'erba, credendo che in quella vi dovea anch'esser cicuta.<ref>Vita, Epoca I, ''Primi sintomi di carattere appassionato''.</ref>}}
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