Codice civile (Italia): differenze tra le versioni
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I lavori per la redazione del codice civile presero il via all’indomani della prima guerra mondiale. Il testo, entrato in vigore nel 1942, è il risultato del lavoro di una serie di commissioni e sottocommissioni formate da [[professore|professori universitari]], [[Magistrato|magistrati]], [[Avvocato|avvocati]] e funzionari, coordinate da [[Filippo Vassalli]].<ref>Principale collaboratore del Vassalli fu [[Rosario Nicolò]], insieme ai magistrati [[Gaetano Azzariti]] e [[Dino Mandrioli]].</ref> Nel codice confluirono gli articolati in origine destinati al codice di commercio, opera di commissioni e sottocommissioni coordinate da [[Alberto Asquini]].
Le vicende relative all'elaborazione del codice civile sono state ricostruite solo in anni recenti. Grazie agli archivi di F. Vassalli e di Asquini, è stato possibile rintracciare i nomi dei giuristi chiamati a esprimere pareri spesso recepiti nella formulazione finale (ad esempio, [[Piero Calamandrei]]). Questi giuristi non presero parte alla redazione delle singole norme. È stato messo in luce anche il contributo determinante di alcuni giuristi come [[Nicola Coco]] e [[Giuseppe Osti]], quest'ultimo promotore della responsabilità oggettiva del debitore che sarà accolta nel testo del codice (ma che nelle decisioni giurisprudenziali finirà col convivere con la tesi della responsabilità per colpa), e di alti funzionari che nel [[dopoguerra]] avranno un ruolo in politica come [[Giuseppe Medici]], e dello stesso [[Dino Grandi]], guardasigilli dal 12 luglio [[1939]] al 5 febbraio [[1943]]. È stata fatta anche chiarezza su aspetti rimasti oscuri, come i ripetuti tentativi di ''[[Fascismo|fascistizzare]]'' il codice, in gran parte andati a vuoto, e sulle tormentate vicende che hanno portato all'unificazione del diritto privato.
===La "defascistizzazione" del codice===
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