Legislazione italiana a tutela delle minoranze linguistiche: differenze tra le versioni

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Gli idiomi regionali diversi dalle dodici lingue parlate dalle minoranze linguistiche, riconosciute dalla Repubblica italiana con la legge 482/99 ai sensi dell'art. 6 della Costituzione italiana, possono disporre di un riconoscimento legislativo regionale "esclusivamente culturale" ai sensi dell'art. 9 della Costituzione italiana ("la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica")<ref>{{cita web|url= https://www.asgi.it/banca-dati/corte-costituzionale-sentenza-del-10-maggio-2010-n-170/|titolo= Corte Costituzionale, sentenza del 10 maggio 2010, n. 170, dd del 13 maggio 2010}}</ref>. Come chiarito dalla Corte Costituzionale nelle sue sentenze, il riconoscimento delle minoranze linguistiche è di competenza esclusivamente statale e sottratta alla legislazione concorrente; la Consulta con sentenza nr. 170 del 13.5.2010 ha, per esempio, dichiarato incostituzionale l'uso dell'espressione "lingua piemontese" contenuta nella L.r. nr. 11 del 7 aprile 2009 della regione Piemonte<ref name="Piemonte">{{cita web|url=http://www.minoranzelinguistiche.provincia.tn.it/binary/pat_minoranze_2011/normativa_regioni/LR_11_2009_Regione_Piemonte.1375436491.pdf|titolo=Sentenza costituzionale nr.170/2010}}</ref> e, con sentenza nr. 81/2018, ha dichiarato incostituzionale<ref>[https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2018&numero=81 ''Sentenza costituzionale nr.81/2018'']</ref> la l.r. Regione Veneto nr. 28 del 13.12.2016 in cui si definiva “minoranza nazionale” il complesso dei residenti nella regione<ref>[[s:Regione Veneto - L.R. 13 dicembre 2016, n. 28 - Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali]]</ref>.
 
Daniele Bonamore ha osservato che a molti idiomi regionali non viene comunque riconosciuta dignità di lingua in virtù del fatto che essi, benché non associabili ''tout court'' all'italiano, ''sono'' oggi l'italiano: il siciliano ([[Scuola siciliana]]) di [[Giacomo da Lentini]], di [[Cielo d'Alcamo]], il bolognese di [[Guido Guinizelli]], l'umbro di [[Jacopone da Todi]], il veneto di [[Carlo Goldoni]], il toscano di [[Dante Alighieri|Dante]], di [[Guido Cavalcanti]] e dei loro contemporanei, sono considerati fondatori della maggioranza linguistica italiana; al di fuori di questo epicentro si collocano, per contro, il friulano, il ladino, il sardo, il franco-provenzale e l'occitano, a cui è riconosciuta dignità di lingua<ref>Bonamore, Daniele (2006). ''Lingue minoritarie Lingue nazionali Lingue ufficiali nella legge 482/1999'', Editore Franco Angeli, p.16</ref>. Michele Salazar considera questa spiegazione di Bonamore nuova e convincente <ref> Michele Salazar (Università di Messina, Direttore Rivista giuridica della scuola) - Presentazione - Bonamore, Daniele (2008). ''Lingue minoritarie Lingue nazionali Lingue ufficiali nella legge 482/1999'', Editore Franco Angeli, p.15,16,17</ref>
 
Secondo [[Tullio Telmon]], le minoranze linguistiche e le lingue non riconosciute sono tutte sullo stesso livello rispetto all'italiano, indipendentemente dalle loro origini e dai loro tratti distintivi<ref>{{Senza fonte|Se posta nei termini corretti di una dialettica tra sistemi linguistici dominanti e sistemi linguistici dominati [….], l'intera questione delle minoranze linguistiche deve essere collocata in una normale situazione di diglossia, dove il polo del codice dominante è quello della lingua italiana [cioè dal Cinquecento in poi lingua tetto, riconosciuta come tale anche dai sardi e dai friulani, così come dai lombardi, dai siciliani ecc.] mentre il polo del codice subalterno è costituito da tutte le singole parlate locali, indipendentemente dalle loro origini storiche e dalle loro collocazioni tipologiche. (Telmon, 2006, 51}} <!-- Titolo, editore, ecc...? -->)</ref>. [[Giovan Battista Pellegrini]] ha osservato che la contrapposizione tra due comunità divergenti quanto la [[lingua friulana|friulana]] e la [[lingua sarda|sarda]] (riconosciute dalla legge come minoranze linguistiche) a comunità non meno divergenti e tuttavia "italoromanze", renda ambiguo tale aggettivo tanto da mettere in discussione la posizione sociolinguistica di tutte le [[lingue parlate in Italia]]<ref>({{Senza fonte|Se dovessimo considerare nettamente estranei al dominio linguistico italo-romanzo i Sardi e i Friulani, dovremmo ridiscutere la posizione di tante altre parlate regionali rispetto alla lingua e alla cultura nazionale; non ci sarebbe pertanto disagevole dimostrare che anche l'Abruzzo, il Piemonte, la Calabria, la Sicilia ecc., oltre a possedere linguaggi popolari singolarissimi, non sono sprovviste di una loro particolare cultura o di documenti letterari antichi, anzi antichissimi, non di certo inferiori per importanze e ampiezza a quelli che normalmente si allegano per dimostrare la totale autonomia del sardo (che in buona parte risulta reale e unica in tutta la Romania) e del friulano. E non sarebbe inopportuno constatare, per assurdo, ancora una volta, che "ancor oggi, e tanto più nel vicino passato, se ci fondiamo sulle parlate municipali non influenzate dalla koiné e se prescindiamo da ragioni extralinguistiche, la nazione italiana è costituita da una maggioranza di minoranze. Pellegrini 1977, 18-19}} <!-- Titolo, editore, ecc...? -->)</ref>.