Massimo Scaligero: differenze tra le versioni

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(Massimo Scaligero, ''La Luce,'' Edilibri) </ref> e per i filosofi spiritualisti del Rinascimento italiano<ref name=":0">sebbene sia da ricercarsi altrove la fonte ispiratrice della produzione di Scaligero posteriore al 1950, è certo che Rosmini e Gentile, e in genere 8 filosofi spiritualisti del Rinascimento italiano, operarono con virtù fecondatrice sulla formazione della sua mente contribuendo, grazie al sintetismo morale del loro pensiero e alla relativa espressione estetico-letteraria, all'indirizzo e alla forma espositiva degli scritti mediante cui egli si sarebbe fatto testimone dello spirituale nell'Italia della seconda metà del XX secolo.
(Giancarlo Roggero, ''Antonio Rosmini e la fedeltà micheliana del nostro tempo;'' Estrella de Oriente 2013, pag. 132).</ref>.
 
L'opera di Scaligero mantenne una continuità linguistico-espressiva sia nei confronti dell'[[Attualismo (filosofia)|attualismo]] che dell'[[antroposofia]].
 
Il pensiero e la ricerca di Scaligero, pur nell'ossequio di una continuità culturale da lui mai rinnegata, mantenne carattere di assoluta originalità tanto che il filosofo e orientalista [[Giuseppe Tucci]] (amico ed allievo di [[Giovanni Gentile]] nonché suo successore all'[[Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente|IsMEO]]) ravvisò in lui "il maggiore pensatore italiano del XX secolo"<ref>(...) se il vigore igneo e cristallino del suo pensiero indusse taluni - come l'orientali sta Giuseppe Tucci - a ravvisare in lui il maggiore pensatore italiano del XX secolo, per altro verso si ritrovano qua e là nelle sue opere osservazioni sulla pratica della preghiera e sul senso della devozione, cosa non consueta nel magistero di personalità rispondenti al tipo "filosofo puro".
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===Gli anni del fascismo: da intellettuale fascista alla "redenzione". La diatriba degli storici. ===
Iniziò giovanissimo l'attività giornalistica. Lo zio, Piero Scabelloni, giornalista e umanista, lo iniziò alla scrittura. Iniziò a scrivere per la stampa fascista, pubblicando una moltitudine di articoli spaziando in stile e ricerca: fu fine umorista<ref>{{Cita libro|titolo=Massimo Scaligero, Il sorriso degli dei (a cura di Enzo Erra); ed. Tilopa.}}</ref>, esperto di storia e religioni, esoterista. Aderì in modo più o meno implicito a quella corrente che oggi può essere definita degli "intellettuali fascisti" ossia non se ne discostò, pubblicando per organi della stampa fascista, articoli – anche a carattere antisemita – fino al 1942<ref>Molti dei suoi primi saggi apparvero nel 1931, salutando il fascismo come il portatore 'di quella spiritualità luminosa che è la principale caratteristica delle civiltà superiori'. Pubblicò in organi di stampa fascisti nel 1932 e 1933. I suoi primi articoli impiegano una terminologia esoterica, e l’argomento spirituale fu un elemento consistente in tutta la sua opera. Scaligero preconizzava una 'spiritualità fascista' in un articolo di prima pagina nel Regime Fascista nell’agosto 1938. Argomenti razziali appaiono nei suoi scritti fin dal 1935". "Scaligero enunciò la sua prospettiva esoterica in una prima opera magna, un libro del 1939 intitolato “''La Razza di Roma''”. La sua proposizione d’apertura si riferiva alla “nostra posizione razzista” come ad una specifica forma del razzismo italiano. Denunciando “il materialismo delle società democratiche”, Scaligero caratterizzava l’italiana come 'una razza destinata alla vittoria', con il regime fascista consolidante 'il razzismo in un senso vero e superiore'. Preoccupato di dimostrare le radici ariane della razza italiana, presentò un elaborato modello narrativo della teoria teosofica delle razze-radice, comprese le origini razziali iperboree, lo sviluppo e la caduta di Atlantide, ed un vasto panorama evolutivo in cui 'la razza ariana bianca' fondò la civilizzazione occidentale in tempi preistorici. I gruppi razziali nordici e mediterranei si fusero insieme nella razza di Roma migliaia di anni prima, sintetizzando i migliori tratti di quei gruppi. Gli antichi Romani rappresentavano l’armonizzazione delle due eredità razziali unite in un nobile impero. I popoli europei avevano riscoperto la loro primordiale unità ariana sotto la guida della Roma imperiale." </ref>.
 
Proprio agli inizi degli anni quaranta (dopo aver corretto all'anagrafe il cognome con il ''nom de plume'' e dopo esser stato il protagonista di un acceso dibattito antisemita su ''Roma fascista)'' per Scaligero incomincia un severo periodo di revisione della sua partecipazione alla vita politica del Paese. Il processo di revisione culminerà con una particolare esperienza interiore conclusasi durante un periodo di detenzione presso il carcere di ''Regina Coeli'' (esperienza di cui si darà nota in seguito) dal qual Scaligero uscì prosciolto da ogni imputazione ossia ''innocente''. Dalla data di scarcerazione Scaligero non parlo né scrisse mai più di politica e a chiunque paventasse la possibilità di pubblicare nuovamente uno dei suoi libri di matrice fascista, rispondeva: ''Siete degli imbalsamatori.''
 
Il problema degli intellettuali fascisti è un problema storico attualissimo ed aperto. Se da un lato l'operazione dominante è consistita per anni in una doppia ''[[damnatio memoriae]]'' consistente sia nell'affidare all'oblìo pagine critiche di determinate e illustri biografie (per salvare immagine e reputazione dei personaggi) sia in un processo di distruzione, sminuizione, denigrazione del valore dell'opera intellettuale di uno di questi intellettuali, prodotta in tutta risposta alle loro ingerenze con il regime.
 
Peter Staudenmaier, universitario che ha dedicato un importante studio ai rapporti fra nazismo, fascismo ed esoterismo, ha definito Massimo Scaligero una "figura ignominiosa" per la sua intensa attività di propaganda razzista ed antisemita al servizio del regime.<ref>Peter Staudenmaier, Between Occultism and Nazism: Anthroposophy and the Politics of Race in the Fascist Era", Aries Book, Brill, 2014</ref> <ref>Collaborò con articoli alla rivista di regime ''[[La difesa della razza]]''. Nella comunità ebraica di Roma, viene ricordato, insieme a Julius Evola, Giovanni Preziosi, Piero Pellicano, Alberto Luchini, fra gli intellettuali più attivi nella propaganda antisemita che portò alla promulgazione delle leggi razziali nel 1938</ref>Staudenmaier tuttavia non rilegge nella sua interezza la vicenda biografica di Scaligero, cristallizzandolo entro la mera esperienza del periodo fascista.
 
L'universitaria italiana [[Mirella Serri]] nel suo libro ''I Redenti, gli intellettuali che vissero due volte''<ref>{{Cita libro|titolo=I Redenti.Gli intellettuali che vissero due volte.1938-1948 (Corbaccio, 2005) EAN: 9788879727143}}</ref> ricostruisce attraverso documenti inediti la vicenda biografica di alcuni intellettuali italiani che dopo aver sposato l'ideale fascista ne ripudiarono l'ideologia. Mirella Serri riconosce sostanzialmente tre tipi di intellettuali: "i voltagabbana", i "dissimulatori onesti" e gli "uomini che vissero due volte". Scaligero, appartenente alla categoria degli "uomini che vissero due volte" , rappresenta per la [[Mirella Serri|Serri]], il tipo di intellettuale che attraverso la propria vicenda biografica segna il doloroso processo di maturazione di un'Italia democratica all'interno di un regime totalitario messo in crisi dalla Guerra Mondiale.
 
La disputa storica è ancora aperta. La produzione bibliografica di Massimo Scaligero è lì a testimoniare una peculiare vicenda biografica.
 
Scaligero,a proposito della sua partecipazione al fenomeno italiano del fascismo, scrisse nel suo libro autobiografico ''Dallo Yoga alla Rosacroce'':{{citazione|Non politico, anzi apolitico per temperamento, tuttavia, giovanissimo, nel periodo fascista credetti poter immettere nella forma politica la mia visione del mondo: questo spiega la categoria in cui qualcuno ancora oggi tenta recludermi: categoria che io non rinnego per debito di lealtà e di verità, ma che non mi ha mai contenuto, né mi ha mai impedito di essere quello che realmente volevo. Tanto è vero che sono stato sempre un isolato, ospitato dalla stampa del tempo solo grazie alla validità etica degli argomenti che proponevo. Quello che ho scritto in quel periodo lo potrei ripubblicare oggi su qualsiasi giornale, di sinistra, di destra, o di centro, solo sostituendo alla parola «[[fascismo]]», per esempio, l'espressione «visione sociale», o «istanza morale». Se invece che in regime fascista mi fossi trovato in regime [[sovietico]], il contenuto delle mie idee sarebbe stato identico: avrei soltanto dovuto trovargli un'altra forma. I miei scritti del tempo stanno lì a testimoniare che io volevo allora quello che voglio tuttora: sottolineare, come senso ultimo dei problemi, l'esigenza della reintegrazione dell'uomo. Soltanto una via morale può garantire una via sociale: solo l'individuo libero che rechi in sé la moralità come forza, o come una seconda natura, è garanzia della giusta gestione di un organismo sociale e del suo stato di diritto: questo è stato sempre il senso dell'aspetto « politico » dei miei scritti: un pensiero d'una semplicità da parere ingenuo, e tuttavia concreta chiave del problema.<ref>Massimo Scaligero: ''Dallo Yoga alla Rosacroce''</ref>}}