Modulor: differenze tra le versioni
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Sulla base di queste indagini, esposte con maggiore livello di dettaglio nel successivo paragrafo, Le Corbusier pubblicò ''Le Modulor'' nel 1948, seguito da ''Modulor 2'' nel 1955. L'architetto svizzero applicò la sottile trama matematica del Modulor nella progettazione di diversi edifici, inclusi [[Cappella di Notre-Dame du Haut|Notre-Dame du Haute]], il complesso urbano di [[Chandigarh]] e l'[[Unité d'Habitation]], a [[Marsiglia]], nella ferrea convinzione che «solo l'utente ha la parola».<ref>{{cita libro|p=27|titolo=Il verde e il costruito: nell'interpretazione dei grandi maestri dell'architettura moderna|collana=Architettura, Urbanistica, Ambiente|autore=Raimondo C. M. Grassi|editore=Gangemi Editore|ISBN=88-492-4745-1}}</ref> Con il Modulor, infatti, si raggiungevano nuovi picchi di qualità architettonica in un'epoca, il XX secolo, in cui i sistemi modulari di standardizzazione esigevano la presenza di una scala dimensionale umana, sulla quale basare la progettazione di grandiosi complessi edilizi e, al contempo, oggetti d'uso domestico.
Pur riscuotendo un clamoroso successo - si pensi al giudizio di [[Albert Einstein]], per il quale il Modulor era «un sistema bidimensionale che rende difficile il male e facile il bene» - sono state tuttavia mosse molte critiche verso il sistema, il quale a detta dei detrattori presenta lacune insolvibili. L'altezza della figura sembra essere arbitraria e scelta forse per convenienza [[matematica]] e, anzi, non teneva conto dell'estrema eterogeneità dell'utenza, che poteva talora discostarsi dall'«utente medio» così come concepito da Le Corbusier e costretta, per contingenze varie, a fruire lo spazio secondo meccanismi più complessi (si pensi ai disabili motori e sensori)
== Descrizione ==
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