Questione adriatica: differenze tra le versioni
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{{Citazione|Dal 1866 l'Istria e la Dalmazia si trovarono per la prima volta dopo molti secoli separate dal Veneto. Vienna adottò una politica di favoritismo verso sloveni e croati. Allora in Dalmazia molte scuole italiane furono trasformate in croate. Il croato venne imposto come lingua ufficiale ovunque, meno che a Zara. In Istria invece il movimento nazionale croato era più arretrato. Un grosso ruolo lo svolse il clero: in particolare i vescovi di Parenzo-Pola, Trieste-Capodistria e Veglia, nominati con l’approvazione dell’Imperatore, che favorirono gli slavi. Un vescovo di Veglia fu perfino richiamato in Vaticano dopo le proteste degli italiani di Veglia, Cherso e Lussino contro la soppressione dell’italiano nella liturgia e nella scuola. I sacerdoti slavi, tenendo i registri dello stato civile, compirono molti abusi. Nel 1877 il deputato istriano al Parlamento di Vienna Francesco Sbisà presentò un’interrogazione denunciando la slavizzazione di nomi e cognomi italiani. Nel 1897 il linguista rovignese Matteo Bartoli parlò di 20mila nomi modificati, soprattutto a Cherso, Lussino e Veglia. Per evitare il rito in croato molti optarono per i funerali civili o battezzarono altrove i propri figli. Nel 1900 nella diocesi di Trieste-Capodistria vi erano 100 preti italiani contro 189 slavi, neanche la metà dei quali originaria di queste terre|Gabriele Bosazzi, Unione degli Istriani}}
Nel 1861, in occasione della [[proclamazione del Regno d'Italia]], e nel 1866, dopo la [[terza guerra d'indipendenza]], l'Istria non fu annessa all'Italia per svariate ragioni, a causa delle quali molti istriani si organizzarono al fine di ottenere questa unione, abbracciando l'[[irredentismo italiano]]. Del resto gli irredentisti volevano l'annessione dell'Istria all'Italia perché la ritenevano ''terra irredenta'' in quanto culturalmente parte del retaggio identitario italiano e geograficamente inclusa nei confini naturali dell'[[Italia (regione geografica)|Italia fisica]]<ref>[http://www.arcipelagoadriatico.it/sommario.php?id=00209&sel=INTERVENTI Irredentismo italiano in Istria e Dalmazia, di Lucio Toth] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120406064420/http://www.arcipelagoadriatico.it/sommario.php?id=00209&sel=INTERVENTI |data=6 aprile 2012 }}</ref>.
[[Immagine:Fiume cheering D'Annunzio.jpg|thumb|left|Manifestazione irredentista a Fiume (11 novembre 1918), all'epoca non ancora facente parte del Regno d'Italia. Fiume passò all'Italia nel 1924, per poi essere ceduta alla Jugoslavia nel 1947]]
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Dopo tale fase storica in Dalmazia nacquero due movimenti a carattere [[nazionalismo|nazionalista]], quello italiano e quello slavo. Il movimento italiano trovò come guida [[Antonio Bajamonti]]<ref name="treccani" />, che dal 1860 al 1880 fu podestà di Spalato per il partito autonomista filoitaliano che rappresentava la maggioranza italiana nella città.
Le istanze politiche dei dalmati italiani erano promosse dal [[Partito Autonomista]], fondato nel [[1878]] e scioltosi nel [[1919]]: membro di spicco ne fu
Allo scoppio della [[prima guerra mondiale]] molti dalmati italiani si arruolarono nel [[Regio Esercito]] per combattere a fianco dell'[[Italia]]: tra questi famoso fu [[Francesco Rismondo]]; altri, come [[Natale Krekich]] e [[Ercolano Salvi]] vennero internati in [[Austria]]. Tra gli irredenti oltreconfine che si arruolarono nel Regio Esercito, ci fu anche Antonio Bergamas, volontario di [[Gradisca d'Isonzo]], comune friulano annesso al Regno d'Italia solo dopo la guerra, morto in combattimento senza che il suo corpo fosse stato mai ritrovato. Sua madre, [[Maria Bergamas]], a guerra conclusa scelse la salma di un soldato italiano morto nella prima guerra mondiale, la cui identità resta sconosciuta, a cui fu in seguito data solenne sepoltura all'Altare della Patria al [[Vittoriano]]<ref name="treccani"/>. La sua tomba divenne il [[sacello]] del [[Milite Ignoto (Italia)|Milite Ignoto]], che, ancora oggi, rappresenta tutti i caduti e i dispersi in guerra italiani<ref name="treccani"/>.
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== Grande Guerra e annessione all'Italia ==
{{vedi anche|Patto di Londra|Vittoria mutilata}}
[[File:Serenissima.svg|thumb|center
Nel [[1915]] l'Italia [[interventismo|entrò]] nella [[Prima guerra mondiale|Grande Guerra]] a fianco della [[Triplice Intesa]] in base ai termini del [[Patto di Londra]], che le assicuravano il possesso dell'intera [[Venezia Giulia]] e della [[Dalmazia]] settentrionale, incluse molte isole. La città di [[Fiume (Croazia)|Fiume]], invece, veniva espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo di un eventuale futuro stato croato o del [[Regno d'Ungheria]], nel caso in cui la Croazia avesse continuato ad essere un [[banato]] dello stato magiaro o della Duplice Monarchia<ref>Si vedano la voce [[Patto di Londra|Trattato di Londra]] e il '''[[s:it:Trattato di Londra|testo integrale del trattato]]''' su [[s:Pagina principale|Wikisource]]</ref>.
Al termine della guerra, il [[Regio Esercito]] occupò militarmente tutta la Venezia Giulia e la Dalmazia, secondo i termini dell'armistizio, inclusi i territori assegnatigli dal trattato di Londra. Ciò provocò le reazioni opposte delle diverse etnie, con gli italiani che acclamarono alla "redenzione" delle loro terre e gli slavi che guardavano con ostilità e preoccupazione i nuovi arrivati. La contrapposizione nazionale subì un nuovo e forte inasprimento.
[[File:Foto Fiume.jpg|thumb|[[Gabriele D'Annunzio]] (al centro con il bastone) durante l'[[impresa di Fiume]]|alt=|300x300px]]
Successivamente, la definizione dei confini fra l'Italia e il [[Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni|nuovo stato jugoslavo]] fu oggetto di una lunga e aspra contesa diplomatica, che trasformò il contrasto nazionale in una contrapposizione fra Stati sovrani, che coinvolse vasti strati dell'opinione pubblica esasperandone ulteriormente i sentimenti.
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Forti tensioni suscitò in particolare la [[Stato libero di Fiume|questione di Fiume]], che fu rivendicata dall'Italia sulla base dello stesso principio di [[autodeterminazione]] che aveva fatto assegnare al [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni|regno jugoslavo]] le terre dalmate, già promesse all'Italia.
La questione dei confini fu infine risolta con i trattati [[Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919)|di Saint Germain]] e di [[Trattato di Rapallo (1920)|Rapallo]]. L'Italia ottenne [[Vittoria mutilata|solo parte]] di ciò che le era stato promesso dal patto segreto di Londra. In base al ''principio di nazionalità'', sostenuto dalla [[Quattordici punti|dottrina Wilson]], le fu negata la Dalmazia (dove ottenne solo la città di [[Zara (Croazia)|Zara]] e alcune isole). Per via del mancato rispetto del Patto di Londra, l'epilogo della prima guerra mondiale venne definito "[[vittoria mutilata]]".
Col trattato di Rapallo Fiume venne eretta a [[Stato libero di Fiume|stato libero]], per poi essere annessa all'Italia in seguito al [[trattato di Roma (1924)|trattato di Roma]] ([[1924]]). In base al trattato di Rapallo 356.000 sudditi dell'Impero austro-ungarico di lingua italiana ottennero la cittadinanza italiana, mentre circa 15.000 di essi rimasero in territori assegnati al [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]]. Contemporaneamente si ritrovarono entro i confini del Regno d'Italia 490.000 slavi (di cui circa 170.000 Croati e circa 320.000 Sloveni).
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{{vedi anche|Biennio rosso in Italia|Storia del fascismo italiano}}
[[File:FuneraliGulliRossi.xcf|thumb|left|I funerali di Gulli e Rossi a Sebenico]]
Nel biennio 1919-20 l'Europa fu investita da ondate di scioperi e agitazioni di operai che rivendicavano migliori condizioni di lavoro, il cosiddetto [[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]]. Spesso le fabbriche furono occupate e gestite sul modello dei [[Soviet]], sorti dalla [[Rivoluzione russa]]. Contemporaneamente scoppiarono conflitti e scontri di carattere etnico in quei territori soggetti a opposte rivendicazioni nazionali. Nella [[Carinzia]] meridionale, ad esempio, vi fu l'[[domenica di sangue di Marburgo|eccidio di Marburgo]], causato da milizie slovene. Conflitti armati scoppiarono in varie regioni dell'Europa orientale, per le definizione dei confini.
[[File:L'incendio dell'Hotel Balkan.jpeg|thumb|L'Hotel Balkan sede del ''[[Narodni Dom]]'' dopo l'incendio ([[1920]])]]
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La situazione degli slavi peggiorò con la presa del potere da parte del [[Partito Nazionale Fascista]], nel [[1922]], quando fu gradualmente introdotta in tutta Italia una politica di [[assimilazione forzata|assimilazione]] delle minoranze etniche e nazionali:
* gran parte degli impieghi pubblici furono assegnati agli appartenenti al gruppo etnico italiano, che nell'ultimo periodo di dominazione asburgica ne era stato completamente estromesso a vantaggio degli Slavi e dei Tedeschi;
* con l'introduzione della Legge n. 2185 del 1º ottobre 1923 ([[Riforma Gentile|Riforma scolastica Gentile]]), fu abolito nelle scuole l'insegnamento delle lingue croata e slovena. Nell'arco di cinque anni tutti gli insegnanti croati delle oltre 160 scuole con lingua d'insegnamento croata e tutti gli insegnanti sloveni delle oltre 320 scuole con lingua d'insegnamento slovena furono sostituiti con insegnanti italiani, che imposero agli alunni l'uso esclusivo della lingua italiana<ref>Pavel Strajn, La comunità sommersa – Gli Sloveni in Italia dalla A alla Ž, - Editoriale Stampa Triestina, Trieste 1992</ref><ref>Boris Gombač, Atlante storico dell'Adriatico orientale (op.cit.)</ref>;[[File:Treaty of Rapallo.png|thumb|upright=1.6|Tratteggiato in rosso, il territorio abitato quasi esclusivamente da sloveni assegnato al Regno d'Italia in base al trattato di Rapallo che fu oggetto di italianizzazione]]
* con il Regio Decreto n. 800 del 29 marzo 1923 furono imposti d'ufficio nomi italiani a tutte le centinaia di località dei territori assegnati all'Italia con il Trattato di Rapallo, anche laddove precedentemente prive di denominazione in lingua italiana, in quanto abitate quasi esclusivamente da croati o sloveni<ref>Paolo Parovel, L'identità cancellata, Eugenio Parovel Editore, Trieste 1986</ref>;
* in base al Regio Decreto n. 494 del 7 aprile 1926 le autorità italiane italianizzarono i cognomi a decine di migliaia di croati e sloveni<ref>Paolo Parovel, L'identità cancellata, Eugenio Parovel Editore, Trieste 1985</ref>. Inoltre, con una legge del 1928 i parroci e gli uffici anagrafici ricevettero il divieto di iscrivere nomi stranieri nei registri delle nascite<ref>Alojz Zidar, Il popolo sloveno ricorda e accusa (op.cit.)</ref>.
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Durante tutta la durata del conflitto vennero perpetrati, da tutte le parti in causa, numerosi [[crimini di guerra]]<ref name="digilander.libero.it">{{cita web|url=http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/diari/pagliani.htm|titolo=Diari di guerra: Il diario di Renzo Pagliani, bersagliere nel battaglione "Zara"|autore= |editore=digilander.libero.it|data=|accesso=10 novembre 2009}}</ref>.
Nella [[Provincia di Lubiana]], fallito il tentativo di instaurare un regime di occupazione morbido, emerse presto un [[Provincia di Lubiana#La lotta tra guerriglia partigiana e Regio Esercito|movimento resistenziale]]: la conseguente repressione italiana fu dura e in molti casi furono commessi
[[File:Croatia-41-45.gif|thumb|upright=1.3|Divisione della Jugoslavia dopo la sua invasione da parte delle Potenze dell'Asse.
{{legenda|#339966|Aree assegnate all'Italia: l'area costituente la [[provincia di Lubiana]], l'area accorpata alla [[provincia di Fiume]] e le aree costituenti il [[Governatorato di Dalmazia]]}}
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{{legenda|#0000ff|Area occupate dalla [[Germania nazista]]}}
{{legenda|#996666|Aree occupate dal [[Regno d'Ungheria (1920-1946)|Regno d'Ungheria]]}}]]
{{citazione|Si procede ad arresti, ad incendi [. . .] fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere [. . .] La frase «gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi», che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi|Riportato da due riservatissime lettere personali del 30 luglio e del 31 agosto 1942, indirizzate all'Alto Commissario per la Provincia di Lubiana [[Emilio Grazioli]], dal Commissario Civile del Distretto di Longanatico (in sloveno: Logatec) Umberto Rosin<ref name="Boca, Italiani 2005">Angelo del Boca, Italiani, brava gente?, pagina 236, Vicenza 2005, ISBN 88-545-0013-5</ref>}}
A scopo repressivo, numerosi civili sloveni furono deportati nei campi di concentramento di [[Campo di concentramento di Arbe|Arbe]] e di [[Campo di concentramento di Gonars|Gonars]]<ref name="ReferenceA">Alessandra Kersevan, ''Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943'', Kappa VU, Udine, 2003 e Idem, ''Breve storia del confine orientale nel Novecento'', in Giuseppe Aragno (a cura di), ''Fascismo e foibe. Ideologia e pratica della violenza nei Balcani'', La Città del Sole, Napoli, 2008</ref>.
Nei territori annessi, accorpati alla [[Provincia di Fiume]] e al [[Governatorato della Dalmazia]], fu avviata una politica di italianizzazione forzata del territorio e della popolazione. In tutto il [[Quarnero]] e la Dalmazia, sia italiana che croata, si innescò dalla fine del 1941 una crudele guerriglia, contrastata da una repressione che raggiunse livelli di massacro dopo l'estate del [[1942]].
{{citazione|. . . Si informano le popolazioni dei territori annessi che con provvedimento odierno sono stati internati i componenti delle suddette famiglie, sono state rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20 componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia contro gli atti criminali da parte dei ribelli che turbano le laboriose popolazioni di questi territori . . . | Dalla copia del proclama prot. 2796, emesso in data 30 maggio 1942 dal Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa, riportata a pagina 327 del libro di Boris Gombač, ''Atlante storico dell'Adriatico orientale'' (op. cit.)}}
Il 12 luglio 1942, nel villaggio di [[Podhum]], per rappresaglia furono fucilati da reparti militari italiani, su ordine del Prefetto della Provincia di Fiume [[Temistocle Testa]], tutti gli uomini del villaggio di età compresa tra i 16 e i 64 anni. Sul monumento che oggi sorge nei pressi del villaggio sono indicati i nomi delle 91 vittime dell'eccidio. Il resto della popolazione fu deportata nei campi di internamento italiani e le abitazioni furono incendiate<ref>Si veda Dino Messina [http://www.corriere.it/cultura/08_agosto_07/crimini_guerra_italia_indaga_messina_f6424ffc-6446-11dd-8c8a-00144f02aabc.shtml Crimini di guerra italiani, il giudice indaga. Le stragi di civili durante l'occupazione dei Balcani. I retroscena dei processi insabbiati] (articolo sul ''[[Corriere della Sera]]'', del 7 agosto 2008); [[Alessandra Kersevan]], ''Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento per civili jugoslavi 1941-1943'', Nutrimenti editore, 2008, p.61; [[Giacomo Scotti]] [http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2012/27-34_SCOTTI.pdf "Quando i soldati italiani fucilarono tutti gli abitanti di Podhum"] sul sito Anpi.it {{pdf}}.</ref>.
Nello [[Stato Indipendente di Croazia]], il regime [[ustascia]] scatenò una feroce pulizia etnica nei confronti dei [[serbi]], nonché di [[zingari]] ed [[ebrei]], simboleggiata dall'istituzione del [[campo di concentramento di Jasenovac]], e contro il regime e gli occupanti presero le armi i partigiani di [[Josip Broz Tito|Tito]], plurietnici e comunisti, e i [[cetnici]], nazionalisti monarchici a prevalenza serba<ref name="arcipelagoadriatico.it">{{cita web|url=http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/dalmazia/2i.html|titolo=L'Italia in guerra e il Governatorato di Dalmazia|autore=|editore=Centro Di Documentazione Della Cultura Giuliana Istriana Fiumana Dalmata|data=2007|accesso=10 novembre 2009|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120309110640/http://www.arcipelagoadriatico.it/storia/dalmazia/2i.html|dataarchivio=9 marzo 2012}}</ref>, i quali perpetrarono a loro volta crimini contro la popolazione civile croata che appoggiava il regime ustascia e si combatterono reciprocamente. A causa dell'annessione della Dalmazia costiera al [[Regno d'Italia]], cominciarono inoltre a crescere le tensioni tra il regime [[ustascia]] e le forze d'occupazione italiane; venne perciò a formarsi, a partire dal 1942, un'alleanza tattica tra le forze italiane e i vari gruppi cetnici: gli italiani incorporarono i cetnici nella [[Milizia volontaria anticomunista]] (MVAC) per combattere la resistenza titoista.
Dopo la guerra la Jugoslavia chiese di giudicare i presunti responsabili di questi massacri (come il generale [[Mario Roatta]]), ma l'Italia negò la loro estradizione grazie ad alcune amnistie<ref name="Fondazione ISEC 1990. pp. 497-528">Fondo Gasparotto presso Fondazione ISEC (Istituto per la Storia dell'Età Contemporanea, Sesto S.Giovanni, Mi); War Crimes Commission ONU, Crowcass (Central register of war criminals and security sospects) presso Wiener Library, Londra rintracciato dalla storica Caterina Abbati; BBC, Fascist legacy, Londra 1990. (video documentario) di Ken Kirby, curato dallo storico Michael Palumbo; Filippo Focardi e [[Lutz Klinkhammer]] (a cura di), ''La questione dei "criminali di guerra" italiani e una Commissione di inchiesta dimenticata'', in Contemporanea, a. IV, n.3, luglio 2001, pp. 497-528; Mimmo Franzinelli, ''Salvate quei generali! Ad ogni costo'' e ''La memoria censurata'', in Millenovecento n. 3 gennaio 2003, pp. 112-120: Nicola Tranfaglia, ''Come nasce la repubblica. Documenti CIA e italiani 1943/1947'', Bompiani, Milano 2004.
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Durante tutta la durata del conflitto vennero perpetrate da tutte le parti in causa numerosi [[crimini di guerra]]<ref name="digilander.libero.it"/>.
Nella [[provincia di Lubiana]], fallito il tentativo di instaurare un regime di occupazione morbido, emerse presto un [[Provincia di Lubiana#La lotta tra guerriglia partigiana e Regio Esercito|movimento resistenziale]]: la conseguente repressione italiana fu dura ed in molti casi furono commessi
{{citazione|Si procede ad arresti, ad incendi [. . .] fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere [. . .] La frase »gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi«, che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi|Riportato da due riservatissime personali del 30 luglio e del 31 agosto 1942, indirizzate all'Alto Commissario per la Provincia di Lubiana [[Emilio Grazioli]], dal Commissario Civile del Distretto di Longanatico (in sloveno: Logatec) Umberto Rosin<ref name="Boca, Italiani 2005">Angelo del Boca, Italiani, brava gente?, pagina 236, Vicenza 2005, ISBN 88-545-0013-5</ref>}}
A scopo repressivo, numerosi civili sloveni furono deportati nei campi di concentramento di [[Campo di concentramento di Arbe|Arbe]] e di [[Campo di concentramento di Gonars|Gonars]]<ref name="ReferenceA"/>.
Nei territori annessi, accorpati alla [[provincia di Fiume]] ed al [[Governatorato della Dalmazia]], fu avviata una politica di italianizzazione forzata del territorio e della popolazione. In tutto il [[Quarnero]] e la Dalmazia, sia italiana che croata, si innescò dalla fine del 1941 una crudele guerriglia, contrastata da una repressione che raggiunse livelli di massacro dopo l'estate [[1942]].
{{citazione|. . . Si informano le popolazioni dei territori annessi che con provvedimento odierno sono stati internati i componenti delle suddette famiglie, sono state rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20 componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia contro gli atti criminali da parte dei ribelli che turbano le laboriose popolazioni di questi territori . . . | Dalla copia del proclama prot. 2796, emesso in data 30 maggio 1942 dal Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa, riportata a pagina 327 del libro di Boris Gombač, Atlante storico dell'Adriatico orientale (op. cit.)}}
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