Hathor: differenze tra le versioni

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[[File:Hathor.svg|thumb|verticale|Hathor]]
{{Citazione|Vieni, farò per te la gioia al crepuscolo e la musica alla sera! O Hathor, tu sei esaltata nella chioma di [[Ra]]<ref>I raggi solari. cfr. [[Christiane Desroches Noblecourt]], Ramsete II Figlio del Sole, Milano, Sperling Paperback, 1997, ISBN 88-8274-292-X. p. 313.</ref> perché il cielo ti ha dato la profonda notte e le stelle. [...] Adoriamo la Dorata quando brilla in cielo!|Inno a Hathor<ref>Desroches Noblecourt (1997), p. 221.</ref>}}
'''Hathor''' (dall'originale [[Lingua egizia|egizio]]: ''ḥwt-ḥr''; che significa ''Casa di [[Horus]],'' [[Ellenizzazione|ellenizzato]] Ἅθωρ, ''Hathor''<ref>Claas Jouco Bleeker, Hathor and Thoth: two key figures of the ancient Egyptian religion, BRILL, 1973, ISBN 978-90-04-03734-2. pp.22-102.</ref>) è una [[divinità egizia]] appartenente alla [[Religione egizia|religione dell'antico Egitto]], dea della [[Felicità|gioia]], dell'[[amore]], della maternità e della [[bellezza]]<ref name=":0">Guy Rachet, Dizionario della Civiltà egizia, Gremese Editore, Roma (1994). ISBN 88-7605-818-4. pp.157-8.</ref><ref>Peter Der Manuelian, The ancient Egyptian pyramid texts, BRILL, 2005, ISBN 90-04-13777-7. p.432.</ref>. Per tutta la storia egizia, fu una delle divinità più importanti e venerate; il suo culto, di origini [[Preistoria|preistoriche]] e [[Periodo predinastico dell'Egitto|predinastiche]]<ref name=":1">cur. Donald Redford, Oxford Guide to Egyptian Mythology, Berkley Reference, 2003, ISBN 0-425-19096-X. pp.157-61.</ref>, si estendeva dalla corte faraonica (era ritenuta la madre simbolica dei [[Faraone|faraoni]]<ref name=":3">{{Cita|Hart (1986)|p. 76}}</ref>) ai ceti più umili. Veniva solitamente raffigurata nelle tombe con l'epiteto di ''Signora dell'Occidente'', cioè Signora dei morti, e si credeva che accogliesse le anime nell'[[Oltretomba|aldilà]] ''([[Duat]]'')<ref name=":0" />. Gli egizi la adoravano anche come dea della [[musica]], della [[danza]], delle terre straniere e della fertilità, e pensavano che assistesse le [[Parto|partorienti]]<ref>Lorna Oakes, The Illustrated Encyclopedia of Ancient Egypt, Lorna Oakes, Southwater. ISBN 1-84476-279-3. pp.157-9.</ref>. Inoltre, anche le [[Miniera|miniere]] erano poste sotto la sua protezione<ref>{{Cita web|url=http://www.sis.gov.eg/En/Pub/magazin/spring1997/110204000000000008.htm|titolo=Egypt State Information Service-Spring 1997|data=20 novembre 2008|accesso=23 dicembre 2016|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081120104203/http://www.sis.gov.eg/En/Pub/magazin/spring1997/110204000000000008.htm|dataarchivio=20 novembre 2008}}</ref>, così come le sorgenti del [[Nilo]]. Era comunemente raffigurata come una [[Bos taurus|vacca]] con il [[Aton|discosolaredisco solare]], provvisto di ''[[ureo]]'', fra le corna; in [[Periodo tardo dell'Egitto|epoca tarda]] veniva talvolta rappresentata con due [[Piumaggio|piume]] e con il pettorale ''menat'', tipico attributo delle sue sacerdotesse<ref>{{Cita web|url=http://www.touregypt.net/featurestories/menit.htm|titolo=The Menit Necklace of Ancient Egypt|sito=www.touregypt.net|accesso=23 dicembre 2016}}</ref>.
 
Nel corso dei millenni, Hathor assimilò una grande quantità di divinità locali, accumulando così una mitologia e degli attributi estremamente variegati<ref>cur. Donald Redford, Oxford Guide to Egyptian Mythology, Berkley Reference, 2003, ISBN 0-425-19096-X. p.106.</ref> - al punto di essere considerata contemporaneamente madre, sposa e figlia di [[Ra]] e madre di [[Horus]] (come [[Iside]]); era associata a [[Bastet]]<ref name=":1" />. Mentre nel periodo classico della storia egizia tutti i defunti erano indistintamente equiparati a [[Osiride]], [[Divinità della morte|dio dei morti]], durante la [[Egitto (provincia romana)|dominazione romana dell'Egitto]] nacque la pratica di identificare le defunte con Hathor<ref>cur. Donald Redford, Oxford Guide to Egyptian Mythology, Berkley Reference, 2003, ISBN 0-425-19096-X. p.172.</ref>. Gli [[Antica Grecia|antichi greci]] la associarono ad [[Afrodite]]<ref>Reginald Eldred Witt, Isis in the Ancient World, JHU Press, 1997 ISBN 0-8018-5642-6. p.125.</ref>.