Maxim Jacobsen: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica |
Nessun oggetto della modifica |
||
Riga 22:
Maxim Jacobsen nacque a Mitau (attuale Jelgava) in Lettonia (all’epoca sotto il dominio russo) il 26 giugno 1887. <ref>Cfr. Theo Stengel (a cura di), ''Lexikon der Juden in der Musik'', Berlino, B. Hahnefeld, 1940, p. 120 </ref> Visse i primi anni a Riga. A dodici anni ascoltò il violinista [[Bronisław Huberman]]. Rimase profondamente impressionato dal violinista polacco, e decise di diventare lui stesso un violinista. Il padre oppose resistenza e non diede alcun sostegno finanziario per la sua educazione. Egli cambiò opinione solo dopo che il giovane violinista si formò con didatti famosi (Hugo Heermann, [[Henri Marteau]], [[Otakar Ševčík]]).<ref>J. Mařàk - V. Nopp, ''Housle'', p. 60</ref>
Trasferitosi a Berlino, Jacobsen insegnò a un gran numero di studenti privati e diresse una sezione del [[Conservatorio Stern]]<ref>Lettera di Maxim Jacobsen alla casa editrice A. J. Benjamin Verlag datata 22 settembre 1931. Vedi Sächsisches Staatsarchiv Leipzig 21064, 682</ref>. Si sposò nell’estate del 1919
Già all’inizio degli anni ‘30 aumentò la discriminazione degli ebrei, e Jacobsen, musicista libero professionista, fu costretto ad emigrare dalla Germania. Andò in Italia e ricevette da Mussolini il permesso speciale di aprire una scuola di musica a Milano, la "Scuola Superiore di Musica". Tra i tanti allievi, Jacobsen divenne anche l’insegnante di violino del Duce.
Quando la discriminazione razziale aumentò anche in Italia, Jacobsen dovette abbandonare la sua scuola e si trasferì a Bruxelles. Fece domanda per il posto di insegnante di violino della regina Elisabetta del Belgio. La regina prendeva due ore di lezioni al giorno e anche i giovani principi divennero suoi allievi. Quando i tedeschi invasero il Belgio, lei gli consigliò di fuggire. Ancora una volta dovette rinunciare a tutto. Dotato di documenti, fuggì nel sud della Francia, dove fu internato. Il suo passaporto lettone non poté essere prorogato a causa della guerra e fu considerato un apolide. Gli fu concesso il permesso di emigrare in Portogallo. Quando ricevette un’offerta da Boston, fu fermato a bordo perché suo figlio e sua figlia lavoravano per i tedeschi a Bruxelles. I suoi scritti, tuttavia, furono bruciati in Germania e non potevano più essere pubblicati.
|