Primavera (Botticelli): differenze tra le versioni

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== Storia ==
[[File:Primavera 04.jpg|thumb|Flora]]
Il dipinto venne eseguito per [[Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici]] (1463-1503), cugino di secondo grado di [[Lorenzo il Magnifico|Lorenzo il Magnifico]] di circa quindici anni più giovane, non sempre in ottimi rapporti con il cugino maggiore, incaricato ''di fatto'' di governare Firenze<ref name="U120" />. Gli inventari di famiglia del [[1498]], [[1503]] e [[1516]] hanno anche chiarito la sua collocazione originaria, nel [[Palazzo Medici-Riccardi|Palazzo di via Larga]], dove rimase prima di essere trasferita nella [[Villa di Castello]], dove il Vasari riferisce di averla vista nel [[1550]], accanto alla ''[[Nascita di Venere]]''<ref name="DVC141">De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 141.</ref>. Il titolo con cui è universalmente conosciuto il dipinto deriva proprio dall'annotazione del Vasari ("Venere che le Grazie fioriscono, dinotando Primavera"), dalla quale derivano anche le linee cardine su cui si sono mossi tutti i tentativi di interpretazione<ref name="U120" />.
 
Nel [[1815]] si trovava già nel Guardaroba mediceo e nel [[1853]] venne trasferita alla [[Galleria dell'Accademia]] per lo studio dei giovani artisti che frequentavano la scuola; con il riordino delle collezioni fiorentine venne trasferita agli Uffizi nel [[1919]]<ref name="Cat">Dalla scheda di catalogo.</ref>.
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Il primo critico a mettere il dipinto direttamente in relazione con la cerchia di filosofici [[accademia neoplatonica|neoplatonici]] frequentata da Botticelli fu [[Aby Warburg]] nel [[1893]], che lesse la ''Primavera'' come la trasposizione di un [[distico]] di [[Agnolo Poliziano]], ricco di citazioni letterarie antiche. Sarebbe quindi la rappresentazione di Venere dopo la nascita (raffigurata nell'altro [[Nascita di Venere|celebre dipinto]] della serie), durante l'arrivo nel suo regno<ref name="DVC141" />.
 
[[Ernst Gombrich]], nel [[1945]], e, dopo di lui, negli anni cinquanta Wind e negli anni sessanta [[Erwin Panofsky|Erwin Panofsky]], lessero la ''Primavera'' addirittura come il manifesto del sodalizio filosofico ed artistico dell'[[accademia neoplatonica|Accademia di Careggi]]. Vi si narrerebbe come l'amore, nei suoi diversi gradi, arrivi a staccare l'uomo dal mondo terreno per volgerlo a quello spirituale<ref name="DVC141" />.
 
La scena si svolgerebbe nel giardino sacro di [[Venere (divinità)|Venere]], che la mitologia colloca nell'isola di [[Cipro]], come rivelano gli attributi tipici della [[dio|dea]] sullo sfondo (per es. il cespuglio di [[myrtus communis|mirto]] alle sue spalle) e la presenza di [[Cupido]] e [[Mercurio (divinità)|Mercurio]] a sinistra in funzione di guardiano del bosco, che infatti tiene in mano un caduceo per scacciare le nubi della pioggia (anche se egli viene insolitamente raffigurato in una posizione che lo rende estraneo al resto della scena). Le [[Grazie (mitologia)|Tre Grazie]] rappresentavano tradizionalmente le liberalità, ma la parte più interessante del dipinto è quella costituita dal gruppo di personaggi sulla destra, con [[Zefiro]], la [[Ninfa (mitologia)|ninfa]] [[Clori (ninfa)|Cloris]] e la dea [[Flora (divinità)|Flora]], divinità della fioritura e della giovinezza, protettrice della fertilità. Zefiro e Clori rappresenterebbero la forza dell'amore sensuale e irrazionale, che però è fonte di vita (Flora) e, tramite la mediazione di Venere ed Eros, si trasforma in qualcosa di più perfetto (le Grazie), per poi spiccare il volo verso le sfere celesti guidato da Mercurio<ref name="DVC141" />.