Nel [[1955]], dopo una lunga frequentazione, sposa Beppe Loy, fratello del regista [[Nanni Loy]]. I coniugi hanno quattro figli e l'unione dura per trent'anni, fino alla morte di Beppe nel [[1985]].<ref name=vita>{{Cita web|url = http://www.repubblica.it/cultura/2016/03/06/news/rosetta_loy_nella_mia_vita_ho_amato_due_uomini_e_la_letteratura_-134884545/|titolo = Rosetta Loy: "Nella mia vita ho amato due uomini e la letteratura"|sito = repubblica.it|accesso = 7 marzo 2019}}</ref> Ma negli stessi anni, Rosetta Loy conosce anche [[Cesare Garboli]], con il quale intesse un rapporto molto complesso (fisico e intellettuale) di cui non fa mistero.<ref name=vita/> Tuttavia, con la vedovanza, la donna rifiuta un legame maritale con Garboli e i due rimangono amici sino alla scomparsa dello stesso Garboli, nel [[2004]].<ref name=vita/>
== Stile ==
Il modo di scrivere di Rosetta Loy è ''rapido, scarno, essenziale, ma decisamente concreto'', così lo aveva definito [[Cesare Garboli]], paragonandola ad alcuni scrittori dell'[[Ottocento]], ''poiché come certi scrittori dell'Ottocento,-''continua sempre lo stesso Garboli''- si esalta in quegli argomenti sui quali finiamo sempre col misurare, per abitudine, il talento dei romanzieri: l'amore, la guerra, i bambini, la morte''<ref name= "notaLe strade di polvere">IV di copertina de ''Le strade di polvere'', Torino, Einaudi, 1987.</ref>.
Sono questi, infatti, alcuni degli elementi caratterizzanti la narrativa dell'autrice romana.
La sua è una voce limpida, inconfondibile e al tempo stesso elegante, che nasce da una grande passione per la scrittura, una passione della quale non può fare a meno e che lei stessa definisce ''un vizio o una malattia'', ma che al tempo stesso le dà la possibilità di sdoppiarsi, di moltiplicarsi; ''una passione che le permette di vivere tante vite diverse'', come lei stessa afferma. Soprattutto, è fondamentale che la scrittura si riveli uno strumento col quale si possa facilmente accedere al passato, a ciò che sembra irrimediabilmente perduto, e in particolare alla storia, in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue sfaccettature. È la scrittura che le permette anche di far rivivere ciò che appare scomodo, ciò che si fatica, in certi casi, a ricordare, forse perché troppo vergognoso, e che, oggigiorno, sembra si tenda troppo facilmente a dimenticare. Da qui il suo impegno a non dimenticare gli orrori che si sono compiuti all'interno dei [[Lager nazisti]].
Garboli amava descriverla come una ''scrittrice pomeridiana'', un po' come [[Italo Calvino]], perché ''la mattina ha bisogno di uscire, di andare in giro'', dedicandosi alla sua attività di scrittrice solo di pomeriggio, come la Loy stessa afferma.
Un'autrice che cerca nella letteratura una via di fuga dalla realtà, dalla giornata del calendario, con le sue scadenze, le sue monotonie, ma che dalla sua principale passione, pretende anche di riscoprire il senso della gioia e del dolore, tentando di scrutarlo sempre con occhi nuovi.
=== Le opere di denuncia contro la tragedia dell'olocausto ===
Rosetta Loy è tra quegli autori che possono essere definiti “della memoria”, nel senso che rimanda a [[Marcel Proust]], ma non solo. L'importanza dei ricordi personali e familiari, la bellezza del rievocare le gioie e i dolori dell'infanzia, dell'adolescenza, dei trascorsi della propria vita si trova quasi sempre sovrapposta ai ricordi di un passato storico collettivo, ben più ampio e complesso. È un continuo intrecciarsi, mescolarsi per fondere insieme, fino a confonderle, la memoria individuale, che rivive incessantemente nelle sue opere, con la memoria ben più composita e articolata della storia, del passato comune. La sua memoria è, quindi, anche storia sociale e morale, è un'etica che insegna e ammonisce, ma soprattutto è ''un'assunzione di responsabilità'', come l'autrice romana afferma, che ognuno dovrebbe compiere.
È notevole il suo impegno a tenere sempre vivo e acceso il ricordo dell'[[olocausto]], concretizzato dapprima nel suo libro ''La parola ebreo'', romanzo incentrato sul tema delle leggi razziali in Italia, e successivamente in un secondo romanzo, ''La cioccolata da Hanselmann''.
Per rafforzare il suo impegno alla denuncia dell'oblio della storia, la scrittrice si è avvalsa anche della stesura di una lettera di accusa, pubblicata sul quotidiano [[Repubblica]]<ref name= Nota2 >[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/11/25/ai-giovani-lasciatemi-dire-non-chiudete-mai.html/ 'Ai giovani lasciatemi dire non chiudete mai gli occhi' e anna frank - Repubblica.it » Ricerca<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>, in cui condanna aspramente le gravi dimenticanze di oggigiorno riguardo agli orrori delle [[persecuzioni ebraiche]] durante il [[ventennio fascista]], giudicando la dimenticanza ''come un crimine, un atto troppo facile e stupido. Si dimentica per pigrizia e perché fa comodo'', afferma la Loy e ribadisce, in seguito, durante un'intervista, l'importanza della conoscenza di quanto accaduto in passato, poiché la memoria, sostiene l'autrice romana, continua a essere ''l'unico strumento che abbiamo per distinguere il luogo dove ci capita di vivere, è la bussola che ci permette di orientarci. Dimenticare l'orrore delle persecuzioni antisemite di questo secolo e il suo spaventoso finale può essere molto pericoloso. È come essere miopi e buttare via gli occhiali''.
=== La formazione letteraria ===
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