Rodolfo Aricò: differenze tra le versioni
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Rodolfo Aricò nasce a Milano il 3 giugno 1930.
Tra il 1946 e il 1950 frequenta il Liceo Artistico di Brera, dove ha come professore di storia dell’arte [[Guido Ballo]].
[[File:Rodolfo Arico 1984.jpg|miniatura|353x353px|Rodolfo Aricò, Milano 1984]]
Dopo aver partecipato alla mostra ''Nuove prospettive della pittura italiana'' a Palazzo Re Enzo a Bologna nel 1962, espone l'opera ''Trittico dell'esistenza'' nell'ambito della XXXII Biennale di Venezia (1964).
Dalla metà degli anni Sessanta Aricò trae ispirazione dal lavoro del'artista francese [[Robert Delaunay]] e lavora alla figura di un archetipo costituito da due dischi, le cui circonferenze si intersecano secondo diverse direttrici ortogonali. Nel 1965 il critico e storico dell'arte [[Roberto Sanesi]], che aveva già curato la mostra personale del 1959 al Salone Annunciata, pubblica il volume ''Reperti: per uno studio sulla pittura di Rodolfo Aricò'' e nello stesso anno Aricò viene invitato a partecipare alla IX Quadriennale di Roma. Proprio in occasione della sua partecipazione alla rassegna romana, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna acquisisce l'opera ''Work in progress Le “simultanee forme” di Delaunay''.
Dall'inizio degli anni Settanta Aricò si concentra sulla reinterpretazione della visione umanistica della storia dell'arte e degli archetipi dell'architettura. Inizia a utilizzare strati sottili di pittura a spruzzo, sovrapposti in gocce di colore fino a creare un risultato finale di monocromia. Il tema umanistico si esprime anche nei titoli dei suoi lavori - ''Arco'', ''Quattrocento'', ''Prospettiva per Paolo Uccello''. Nel 1970 inaugura a Milano due mostre che si svolgono in contemporanea al Salone Annunciata e allo Studio Marconi e l'anno successivo diviene insegnante di Scenografia presso l'Accademia di Belle Arti di Urbino. Nel 1973 prende parte alla mostra ''Iononrappresentonullaiodipingo'' presso lo Studio La Città di Verona e nel 1974 si tiene una sua personale antologica al Centro Internazionale delle Arti e del Costume di Palazzo Grassi a Venezia, dove espone opere di grande dimensione che sono l'evoluzione strutturale e oggettuale del suo lavoro dalla metà degli anni Sessanta. Proprio nel 1974 incontra il poeta Carlo Invernizzi, con il quale instaura quello che Aricò stesso ha definito “un sodalizio senza soluzione di continuità per circa trent'anni [...] con influenza intellettiva e spirituale”. ▼
Dal 1966 approfondice la riflessione sugli aspetti oggettuali del fare artistico e nel 1967 espone le proprie opere alla Galleria L'Attico di Roma in una personale corredata da un catalogo con testo di [[Giulio Carlo Argan]]. Aricò viene invitato alla XXXIV Biennale di Venezia (1968) e realizza, all'interno di una sala personale, uno spazio ambientale costituito da grandi opere. In questo periodo è assistente di [[Toti Scialoja]] al Liceo Artistico di Brera e stringe con lui un rapporto d'amicizia.
Nel 1975 partecipa ad una serie di mostre tra cui ''Peinture italienne d'aujourd'hui'' alla Galerie Espace 5 di Montréal e alla Galerie Templon di Parigi, ''Empirica: l'arte tra addizione e sottrazione'' a Rimini e al Museo di Castelvecchio a Verona e ''Trompe l'oeil'' alla Galleria Stendhal di Milano. Nello stesso anno viene anche invitato a prendere parte all'esposizione ''Spazio attivo/Struttura'', organizzata da [[Guido Ballo]] allo Studio Marconi di Milano e alla Galleria Rondanini di Roma. Nel 1976 partecipa alla mostra ''Il colore nella pittura'' a Modigliana di Forlì e nel 1977 il Comune di Ferrara lo invita per una antologica negli spazi del Padiglione d'arte contemporanea a Parco Massari. Nel 1978 realizza una scenografia per il "Teatro dell'Assurdo" di [[Jean Tardieu|Tardieu]] al Teatro Pier Lombardo di Milano e prende parte alla mostra I ''nodi della rappresentazione'' presso il Museo d'arte della città di Ravenna, in cui vengono letti i rapporti analogici tra architettura e pittura. In questa occasione Aricò presenta l'opera ''Scena di Ravenna'', lavoro che rappresenta una contaminazione tra pittura, scenografia e architettura. Nello stesso anno gli viene assegnata la cattedra di Scenografia presso l'Accademia di Belle Arti di Brera.▼
Nel 1969 espone al Salone Annunciata di Milano ''Pondus'', un'opera composta da quattro grandi strutture tridimensionali che invadono lo spazio milanese (l'opera fa ora parte della collezione dei Musei Civici di Cagliari) e tiene la sua prima mostra personale negli Stati Uniti, alla Deson-Zacks Gallery di Chicago.
A partire dall'inizio degli anni Settanta Aricò si concentra sulla reinterpretazione della visione umanistica della storia dell'arte e degli archetipi dell'architettura. Inizia in questo periodo a utilizzare strati sottili di pittura a spruzzo, che sovrappone in diverse stesure fino a creare un risultato di apparente monocromia. Il tema umanistico emerge anche dai titoli dei lavori creati in questi anni - ''Arco'', ''Quattrocento'', ''Prospettiva per Paolo Uccello''.
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▲Nel 1975 partecipa
[[File:Rodolfo Arico 1987.jpg|sinistra|miniatura|273x273px|Rodolfo Aricò, Milano 1987]]
Nel 1980 si tiene presso la Casa del Mantegna di Mantova la mostra ''Rodolfo Aricò. Mito e architettura'' dove egli espone ''Scena di Mantova'', che si compone di sei tele sospese, appese su tre diversi livelli di profondità, che danno vita nella visione d'insieme all'immagine di un timpano - focalizzandosi ancora una volta sull'indagine delle relazioni tra architettura, pittura e mito. L'anno successivo partecipa a ''Linee della ricerca artistica in Italia 1960/80'' presso il Palazzo delle Esposizioni a Roma e a ''30 anni d'arte italiana 1950/80. La struttura emergente e i linguaggi espropriati'' presso Villa Manzoni a Lecco. Nel 1982 [[Aldo Rossi]] cura la mostra ''Idea e conoscenza'' al Palazzo dell’arte alla Triennale di Milano, in occasione della quale Aricò espone l'opera ''Timpano. Pulvis''. Partecipa anche a ''Costruttività'', mostra curata da [[Filiberto Menna]], e alla XL Biennale di Venezia, dove espone il ''Clinamen / Prometeo''. Nel 1984 inaugura una mostra personale al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano insieme a [[Gianni Colombo (artista)|Gianni Colombo]] e l'anno successivo partecipa con l'opera ''Portale'', che si pone ancora una volta come riflessione sul rapporto percettivo tra scena e pittura, alla mostra ''L'intelligenza dell'effetto. La messa in scena dell'opera d'arte'' a Palazzo Dugnani a Milano. Nel 1986 partecipa alla mostra itinerante - tra Francoforte, Berlino, Hannover, Bregenz e Vienna - ''1960/1985. Aspetti dell'arte italiana'', a cura di [[Flavio Caroli]] ed espone l'opera ''Struttura'' (1968) alla XLII Biennale di Venezia nella sezione “Il colore”. In seguito prende parte a ''La forma emozionata'' (Galleria Morone di Milano) curata da [[Luciano Caramel]] e l'Associazione Culturale Amici di Morterone lo invita alla mostra ''Una ragione inquieta'' presso il Palazzo Municipale di Morterone. Nel gennaio 1987 espone alla Loggetta Lombardesca di Ravenna nell'ambito della mostra ''Disegnata'', a cura di Concetto Pozzati e nel 1988 partecipa alla mostra itinerante ''Emotion und Methode'' alla Galerie der Künstler di Monaco di Baviera e poi al Kunstverein di Ingolstadt. [[Giovanni Maria Accame]] lo invita a prendere parte a ''Il museo degli artisti'' a Morterone ed a ''Ragione e trasgressione'' presso l'Ex Convento di San Rocco di Carpi. Nel 1989 partecipa alle mostre ''Quei problematici anni Settanta. Dalle premesse alle conseguenze. Alcuni protagonisti della pittura e della scultura'', curata da Giorgio Cortenova alla Galleria dei Banchi Nuovi di Roma, e ''La pelle dell'arte. Riflessioni sulla superficie'' a cura di Lorenzo Mango presso il Palazzo Municipale di Morterone e l'Istituto d'Arte Dosso Dossi di Ferrara.
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