Pemmone: differenze tra le versioni

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|Attività = duca
|Nazionalità = longobardo
|PostNazionalità = , [[duca del Friuli]] dalin un periodo tra il [[701]] e il [[710712]] circafino al [[737]]
|Categorie = no
}}
 
Figlio di BilloBillone, turbolento nobile [[Longobardi|longobardo]] di [[Belluno]] poi trasferitosi a [[Cividale del Friuli|Cividale]], fu innalzato al trono ducale dopo la deposizione di [[Corvolo]], intorno al [[710]].<ref name=":0">{{Cita libro|autore=[[Paolo Diacono]]|curatore=Antonio Zanella|titolo=[[Historia Langobardorum|Storia dei Longobardi]]|editore=[[Biblioteca Universale Rizzoli|BUR Rizzoli]]|città=[[Vignate]] (MI)|p=511|capitolo=Libro VI, 26|ISBN=978-88-17-16824-3}}</ref> Riscosse la stima di [[Paolo Diacono]], che nacque durante il suo regno e lo definisce "uomo intelligente e utile alla patria" (''[[Historia Langobardorum]]'', [[s:la:Historia Langobardorum - Liber VI|VI]], 26); lo storico narra anche di come la moglie del duca, Ratperga, lo avesse pregato di preferirle un'altra donna, più bella di lei e quindi più adatta al ruolo di duchessa. Riferisce Paolo Diacono:
 
{{citazione|Ma lui, che era un uomo saggio, diceva che gli piacevano di più i suoi costumi, l'umiltà e la riservata pudicizia che la bellezza del corpo. Da questa moglie Pemmone generò tre figli, [[Rachis]], [[Anselmo del Friuli|Ratchait]] e [[Astolfo (re)|Astolfo]], tutti valorosi, la cui nascita elevò a gloria l'umiltà della madre|[[Paolo Diacono]], ''[[Historia Langobardorum]]'', [[s:la:Historia Langobardorum - Liber VI|VI]], 26|Sed ipse, ut erat vir sapiens, plus eius mores et humilitatem verecundamque pudicitiam quam corporis pulchritudinem sibi conplacere dicebat. De hac igitur coniuge tres Pemmo filios, hoc est Ratchis et Ratchait et Ahistulfum, viros strenuos, genuit. Quorum nativitas humilitatem matris ad gloriam erexit|lingua=la}}
 
Come diversi suoi predecessori, dovette anch'egli affrontare gli [[Slavi]], che sconfisse valorosamente e costrinse ad accettare le sue condizioni. [[Laurini#La battaglia di Laurinis|La battaglia]] si svolse in località [[Laurini|Lauriana]] e, stando a Paolo Diacono, si concluse con l'annientamento degli invasori a fronte di una sola perdita da parte longobarda.<ref name=":02">{{Cita libro|autore=[[Paolo Diacono]]|curatore=Antonio Zanella|titolo=[[Historia Langobardorum|Storia dei Longobardi]]|editore=[[Biblioteca Universale Rizzoli|BUR Rizzoli]]|città=[[Vignate]] (MI)|p=529|capitolo=Libro VI, 45|ISBN=978-88-17-16824-3}}</ref> Lo storico precisa anche che il grosso delle truppe di Pemmone era costituito dai figli, ormai cresciuti, dei guerrieri longobardi caduti, sempre per mano slava, con il duca [[Ferdulfo]];<ref name=":02" /> era stato Pemmone stesso a crescerli, accogliendoli "come se anche essi fossero stati generati da lui" (''Historia Langobardorum'', [[s:la:Historia Langobardorum - Liber VI|VI]], 26).<ref name=":0" />
 
Poco più tardi si trovò coinvolto in una grave contesa con il [[patriarcato di Aquileia|patriarca di Aquileia]] [[Callisto (patriarca di Aquileia)|Callisto]], sostenuto da re [[Liutprando]]. Il patriarca protestò contro il fatto che il vescovo di [[Zuglio]], Fidenzio, avesse trasferito la sede della sua diocesi a [[Cividale del Friuli|Cividale]]; la decisione fu ribadita anche dal successore di Fidenzio, Amatore. Callisto, titolare della cattedra di [[Aquileia]], risiedeva a [[Cormons]] a causa dell'eccessiva vulnerabilità della sede patriarcale agli attacchi dei [[Bizantini]] e valutò sconveniente che un altro vescovo si insediasse nella capitale ducale. Scacciò quindi Amatore e si insedio nella sua residenza a Cividale. Pemmone non accettò la risuluzione patriarcale e procedette contro Callisto, imprigionandolo sotto dure condizioni nel castello di Pozio. Nella contesa intervenne allora re [[Liutprando]], che si adirò contro il duca e lo privò del titolo, affidandolo al maggiore dei figli di Pemmone, [[Rachis]]. Intenzione di Liutprando era l'eliminazione di Pemmone, ma desistette in seguito alle insistenze di Rachis.