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== Personaggi==
La vicenda narrata nella monografia ruota su tre personaggi principali: Catilina (il protagonista), Cesare e Catone l'Uticense. Cicerone, pur rivestendo una carica importante, svolge un ruolo secondario, didascalico, l'ideale portavoce del Senato, il più importante dei personaggi minori.
 
=== Catilina, il protagonista ===
[[Immagine:Catilina2-Maccari affresco.jpg|thumb|200px|right|''Catilina'' ; dettaglio dell'[[affresco]] di Cesare Maccari ''Cicerone denuncia Catilina'', [[Palazzo Madama (Roma)]]]]
 
Lucio Sergio Catilina è il protagonista indiscusso della vicenda trattata nella monografia, nonché il capo della congiura; a lui Sallustio dedica un intero capitolo descrittivo: il quinto. È la figura emblematica della decadenza della società romana, un uomo crudele ma non privo di un'ambigua grandezza, esattamente come appariva la Roma del [[I secolo a.C.]]. <ref name="Riferimento bibliografico2">Da ''D. Mevoli. ''La vocazione di Sallustio''. Congedo. [[1994]]. ISBN 88-8086-032-1.''</ref>
 
IlLa fatto che lasua figura di Catilina spicchispicca trasu tutti gli altri personaggi dell'opera non è con ogni probabilità un risultato che lo storico si auspicava. Ciò si deve in gran parte alla cosiddetta tecnica del "'''ritratto paradossale"''', un metodo diche Sallustio usa per trattare e descrivere ipersonalità personaggicombattute cheda consistegrandi nelpassioni, crearenelle figurequali in cuia gravi [[Vizio|vizi]] si affiancano e si contrappongono a [[virtù]] eccezionali. Questa tecnica crea dunque dei personaggi afflitti da profondi conflitti interiori.
 
 
 
 
 
Il fatto che la figura di Catilina spicchi tra tutti gli altri personaggi dell'opera non è con ogni probabilità un risultato che lo storico si auspicava. Ciò si deve in gran parte alla cosiddetta tecnica del "ritratto paradossale", un metodo di trattare e descrivere i personaggi che consiste nel creare figure in cui gravi [[Vizio|vizi]] si affiancano e si contrappongono a [[virtù]] eccezionali. Questa tecnica crea dunque dei personaggi afflitti da profondi conflitti interiori.
 
{{quote|Lucio Catilina, di nobil prosapia, d'animo e di corpo fortissimo, ma di malefica e prava indole, fin dai primi suoi anni le intestine guerre, le rapine, le stragi, e la civil discordia anelando, fra esse cresceva.|[[Gaio Sallustio Crispo|Sallustio]], ''De Catilinae coniuratione'' - cap. 5, 1; trad. di [[Vittorio Alfieri]], ''Della congiura di Catilina''.|L. Catilina, nobili genere natus, fuit magna vi et animi et corporis, sed ingenio malo pravoque. Huic ab adulescentia bella intestina, caedes, rapinae, discordia civilis grata fuere ibique iuventutem suam exercuit.|lingua=la}}
 
Vi sono buone ragioni però per affermare che Catilina non sia un personaggio completamente negativo; non che Sallustio attribuisca a lui delle doti diverse da quelle del ''monstrum'' di corruzione e di malvagità, ma varialcuni studiosi, tra cui Ronald Syme <ref name="Riferimento bibliografico">Tratto da: ''R. Syme. ''Sallustio''. [[1968]]. Paideia''. ISBN 8839400230</ref>, sostengono che su questa grandiosa figura si proietti un certo fascino sinistro, il cosiddetto "'''fascino dell'eroica fine"''', lo stesso che circonda quelli che combattono e muoiono per difendere i propri ideali, giusti o sbagliati che siano. Un' "eroica fine" da lui stesso ricercata combattendo a viso aperto nella battaglia di [[Pistoia]], durante la quale viene descritto in una posa nobile, quasi statuaria, frutto di ragioni profondamente radicate nella mentalità romana.
 
{{quote|Ma Catilina, assai lungi da' suoi, fu trovato nel mezzo dei nemici cadaveri ancor palpitante; e tuttavia nell'esangue volto ritenea la prisca ferocia.|[[Gaio Sallustio Crispo|Sallustio]], ''De Catilinae coniuratione'' - cap. 61, 4; trad. di [[Vittorio Alfieri]], ''Della congiura di Catilina''.|Catilina vero longe a suis inter hostium inventus est, paululum etiam spirans ferociamque animi, quam habuerat vivos, in voltu retinens.|lingua=la}}
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[[Immagine:Julius caesar.jpg|thumb|left|150px|Busto di [[Gaio Giulio Cesare]].]]
 
Un ruolo particolare all'interno della vicenda è riservato alla figura di Cesare. In effetti secondo gli storici moderni è molto verosimile, sebbene non venga accuratamente fatto trasparire nel corso dell'opera, che il futuro ''[[Dittatore romano|dictator]]'' di Roma avesse riposto più di una speranza nel buon esito della cospirazione catilinaria, come aveva già fatto nella cosiddetta prima congiura,<ref name="La prima congiura">La cosiddetta ''prima congiura'', di cui si parla nei capitoli 18 e 19, è un tentativo eversivo ordito tra il [[66 a.C.|66]] ed il [[65 a.C.]] dallo stesso Catilina, imputato di [[concussione]], e da [[Publio Autronio Peto|Publio Autronio]], [[Console (storia romana)|console]] deposto poco dopo l'elezione a causa di [[Broglio elettorale|brogli]], in cui pare che fosse implicato anche Cesare. Entrambi si rivolsero a Gneo Pisone, giovane [[nobile]], comunicandogli il proprio piano di eliminare i nuovi consoli, assieme a molti senatori, ed impadronirsi del potere, mentre Pisone si sarebbe recato con un esercito ad occupare l'Hispania. Il progetto viene scoperto e rinviato di un mese, ma fu mandato all'aria per un errore dello stesso Catilina, mentre Autronio fu trucidato in Hispania da alcuni cavalieri, dopo esservisi recato per ordine di Pompeo, in qualità forse di [[Propretore (storia romana)|propretore]].</ref> anche se non viene mai fatto apertamente il suo nome. Tra gli intenti principali di Sallustio vi è quello di sollevare Cesare da ogni caposospetto d'accusadi cheun intendessepossibile collegarelegame tra la sua politica cone unla possibile esito rivoluzionariocongiura. La presunta volontà di coprire le responsabilità di Cesare, secondo alcuni critici, avrebbe spinto Sallustio ad individuare per la congiura soltanto cause generali e di natura morale, trascurando i veri motivi del misfatto, ovvero le cause politiche ed economiche. <ref name="Riferimento bibliografico4">Da ''O. Bianco. ''La Catilinaria di Sallustio e l'ideologia dell'integrazione''. Milella. [[1976]].''</ref> Inoltre lo scrittore non perde occasione di sottolineare la preoccupazione di Cesare per la legalità. Ciò si nota principalmente nel momento in cui gli fa prendere la parola in Senato con una tonalità solenne, quasi divina, il [[15 dicembre]] del [[63 a.C.]], per opporsi alla [[pena capitale|condanna a morte]] dei congiurati: essa sarebbe incostituzionale e quindi contraria, sostiene, ai ''mores patrum'' (i costumi dei padri) e dunque a tutta la tradizione romana.
 
Questo Cesare descritto da Sallustio appare insomma come uno tutt'altro che rivoluzionario e la sua opposizione al partito senatorio non avrebbe niente a che vedere col programma eversivo di Catilina. Al contrario Cesare viene visto infattiappare come unil fedele custode del ''[[mos maiorum]]'' tradizionale e perciò viene posto sullo stesso piano di [[Catone Uticense]], uomo estremamente conservatore, dellocome stesso stampo delil celebre antenato di cui porta il nome (e si potrebbe dire anche il carattere). Egli, partendo da analoghe premesse (la tradizione e la ''prisca virtus'', l'antica virtù del popolo romano), giunge però a conclusioni diametralmente opposte; chiede e sostiene, infatti, la pena capitale per i congiurati.
 
=== Cesare e Catone a confronto===
Uno dei capitoli più importanti dell'opera, il 54, è dedicato proprio al confronto tra Cesare e Catone. Quando lo storico scrisse la monografia, entrambi erano tragicamente scomparsi: l'uno assassinato da congiurati, l'altro suicida. Entrambi i personaggi rivestono una particolare importanza per lo scrittore: Cesare poiché ha offerto a Sallustio la protezione politica, grazie a cui, nei suoi vari incarichi pubblici, ha avuto l'opportunità di arricchirsi; Catone per cui lo scrittore prova grande ammirazione per via della sua politica del rigore. <ref name="Riferimento bibliografico3"> Da''Gaio Sallustio Crispo, [[Tito Livio]], L. Coco. ''L'uomo e la natura''. Loffredo. [[2003]]. ISBN 888096934X.''</ref>
 
Sallustio li presenta entrambi in azione nel celebre dibattito in [[Senato romano|Senato]], cogliendo l'opportunità di esaltare le doti di tutti e due questi ''magni viri'': la generosità, l'altruismo e la clemenza di Cesare (Sallustio ne sottolinea la ''misericordia'' e la ''munificentia''); l'austerità, il rigore, la moderazione e la severa fermezza (''integritas, constantia'') di Catone; due chiari esempi di virtù opposte, ma complementari e parimenti importanti in una classe dirigente (fare aggiunta).
 
L'implicita conclusione di Sallustio è che l'uno e l'altro personaggio, l'uno e l'altro atteggiamento siano essenziali per la sopravvivenza della ''res publica'': se Cesare è colui in grado di dare splendore allo stato, Catone appare il depositario dei valori dell'antica tradizione dei ''[[Quiriti|Quirites]]'' (i [[Romani]]), cui Sallustio non intende in nessun modo rinunciare. Tuttavia il problema più grave è che queste due immani personalità della ''latinitas'' e di tutto il mondo antico giovano solo imperfettamente al bene della ''res publica'' romana, il che tra i vari sintomi di crisi dello stato è forse il più preoccupante. <ref name="Riferimento bibliografico4">Da ''O. Bianco. ''La Catilinaria di Sallustio e l'ideologia dell'integrazione''. Milella. [[1976]].''</ref>