Farnetta: differenze tra le versioni
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La proprietà di questi terreni passò successivamente dalla Congregazione del Buon Governo ai Carmelitani Scalzi di Roma. Il Comune di Montecastrilli vendette, nel [[1858]], tale enfiteusi perpetua a Pasquale Fratini, dietro pagamento di un canone di 10 scudi romani annui, che successivamente fu di nuovo venduta dallo stesso Fratini (subenfiteusi).
Ai farnettani fu concessa la servitù di pascolo (''ius pascendi'') e di raccolta della legna secca nel bosco (''ius legnandi'') (cioè la raccolta di «ramuncolos siccos et prostratos») per dieci mesi l'anno (fatta eccezione per i mesi di ottobre e novembre) pur essendo questi territori appartenuti ancora in precedenza alla Comunità di Farnetta, come dal [[Catasto]] del [[1744]]. Nel 1888 su rogito del notaio Foglietti i farnettani si accordarono con gli ultimi subenfiteuti (divenuti proprietari sulla base delle leggi di affrancazione) che rinunciarono alla servitù di pascolo e legnatico in cambio della proprietà esclusiva di un quarto della macchia.
Erano gravati di servitù non soltanto questi 93,50 ettari di terreno boschivo (nei vocaboli Il Castagno, La Cesa, Strapponi, Sodaretti, Sododritto), ma anche altri 40 ettari circa di bosco, ricadenti nel territorio di Avigliano (presso i vocaboli La Rena, La Pola, La Cerreta, Tavoleto). È significativo osservare che in passato il castello di Farnetta deve aver avuto una maggiore importanza, in considerazione dei possedimenti (anche fuori di quello che oggi è il proprio territorio, che in precedenza doveva essere ben maggiore) e del numero di abitanti.
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