Cesare Pavese: differenze tra le versioni

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=== L'arresto e la condanna per antifascismo ===
[[File:Cesare Pavese 1.jpg|thumb|upright=0.6|Cesare Pavese]]
Nel [[1935]] Pavese, intenzionato a proseguire nell'insegnamento, si dimise dall'incarico all'Einaudi e incominciò a prepararsi per affrontare il concorso di [[Lingua latina|latino]] e [[Lingua greca|greco]] ma, il 15 maggio, una delazione dello scrittore [[Pitigrilli|Dino Segre]]<ref>{{cita|Fucci, Le polizie di Mussolini|p. 177}}</ref> portò agli arresti di [[intellettuale|intellettuali]] aderenti a "[[Giustizia e Libertà]]", venne fatta una perquisizione nella casa di Pavese, sospettato di frequentare il gruppo di intellettuali a contatto con Ginzburg, e venne trovata, tra le sue carte, una lettera di [[Altiero Spinelli]] detenuto per motivi politici nel carcere romano. Accusato di [[antifascismo]], Pavese venne arrestato e incarcerato dapprima alle Nuove di Torino, poi a Regina Coeli a Roma e, in seguito al processo, venne condannato a tre anni di [[confino]] a [[Brancaleone (Italia)|Brancaleone Calabro]], dove conobbe [[Vincenzo De Angelis]]. Ma Pavese, in realtà, era innocente, poiché la lettera trovata era rivolta a [[Tina Pizzardo]], la "donna dalla voce rauca" della quale era innamorato. Tina era però politicamente impegnata e iscritta al [[Partito Comunista d'Italia|Partito comunista d'Italia]] clandestino e continuava ad avere contatti epistolari con Spinelli e le lettere pervenivano a casa di Pavese che le aveva permesso di utilizzare il suo indirizzo.
 
Il 4 agosto [[1935]] Pavese giunse quindi in [[Calabria]], a Brancaleone, e qui scrisse ad Augusto Monti<ref>''Lettera ad Augusto Monti'', 11 settembre, pubbl. in Davide Lajolo, ''Il vizio assurdo'', Il Saggiatore, Milano 1967.</ref> «Qui i paesani mi hanno accolto umanamente, spiegandomi che, del resto, si tratta di una loro tradizione e che fanno così con tutti. Il giorno lo passo "dando volta", leggicchio, ristudio per la terza volta il greco, fumo la [[pipa]], faccio venir notte; ogni volta indignandomi che, con tante invenzioni solenni, il genio italico non abbia ancora escogitato una [[droga]] che propini il [[ibernazione#Regno animale|letargo]] a volontà, nel mio caso per tre anni. Per tre anni! Studiare è una parola; non si può niente che valga in questa incertezza di vita, se non assaporare in tutte le sue qualità e quantità più luride la [[noia]], il tedio, la seccaggine, la sgonfia, lo [[spleen]] e il mal di pancia. Esercito il più squallido dei passatempi. Acchiappo le [[Mosca (zoologia)|mosche]], traduco dal greco, mi astengo dal guardare il [[mare]], giro i campi, fumo, tengo lo [[zibaldone]], rileggo la corrispondenza dalla [[patria]], serbo un'inutile [[castità]]».