Arbegnuoc: differenze tra le versioni

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L'attività della guerriglia si sviluppava soprattutto durante la stagione delle grandi piogge nel corso della quale gli ''arbegnuoc'' si impegnavano in numerosi, piccoli attacchi, diffusi sul territorio, contro vie di comunicazione, presidi militari e colonne isolate del nemico<ref name="MD268"/>. I guerriglieri disponevano di buone e numerose armi individuali, fucili e pistole, ma mancavano completamente di artiglieria e mitragliatrici; erano diffuse anche le armi bianche tradizionali che venivano impiegate negli scontri ravvcinati<ref>{{cita|Dominioni|p. 269}}</ref>. Gli ''arbegnuoc'' trovarono notevoli difficoltà nel reperimento delle munizioni, e anche nel approvvigionarsi di cibo e acqua, essendo generalmente stanziati nelle zone più aride e impervie dell'altopiano; le bande guerrigliere si procuravano il vettovagliamento generalmente depredando i territori sottomessi o collaborazionisti con l'occupante; in misura minore ricorrevano alle modeste forniture dei contadini poveri che sostenevano il movimento<ref name="MD270">{{cita|Dominioni|p. 270}}</ref>.
 
In battaglia gli ''arbegnuoc'' erano combattenti disciplinati e aggressivi che mostravano notevoli qualità combattive e una naturale abilità nelle manovre di infiltrazione e accerchiamento; agendo in gruppi autonomi, i comandanti delle bande più piccole eseguivano spontaneamente le manovre sul campo, seguendo le direttive generali dei grandi capi<ref name="DB108"/>. I guerriglieri abissini erano estremamente mobili e molto coraggiosi; inoltre non necessitavano di grandi apparati logistici<ref name="GR86">{{citaCita|Rochat|p. 86}}</ref>. Tuttavia, non disponendo di armi pesanti, non avevano la possibilità di conquistare posizioni nemiche solidamente fortificate né erano in grado di difese prolungate; le bande sfuggivano sfruttando le loro capacità di movimento su terreno difficile<ref name="GR86"/>. Le bande erano anche prive di moderni sistemi di comunicazione; i capi principali della resistenza entravano occasionalmente in contatto con messaggi scritti per organizzare incontri al vertice o coordinare grandi operazioni ma in generale non erano costantemente in collegamento; in battaglia gli ''arbagnuoc'' utilizzavano segnali di fumo o il suono dei tamburi per comunicare tra loro<ref name="MD270"/>.
 
Gli ''arbagnuoc'' combattenti potevano sfruttare il sostegno presente in gran parte della popolazione; in particolare era attivo un vasto apparato di spionaggio e cospirazione che aiutava la resistenza; i cosiddetti ''ya west arbagnoch'' erano militanti che agivano nella massima segretezza dall'interno e fornivano informazioni e aiuti di personale specializzato e materiali; i ''qafir'' invece erano resistenti che individuavano tempestivamente i movimenti delle truppe italiane e avvertivano in anticipo i reparti combattenti<ref>{{cita|Dominioni|pp. 268-269}}</ref>. I contadini infine sostenevano la resistenza con l'erogazione di tributi e la distribuzione di vettovaglie; in caso di azioni repressive nemiche queste persone, esposte alla rappresaglia, abbandonavano i villaggi e seguivano gli ''arbagnuoc''. I patrioti etiopi cercavano in ogni modo di stimolare la resistenza nelle campagne e di estendere il consenso alla loro lotta; spesso ricorrevano alla propaganda organizzando missioni improvvise nei mercati dei villaggi per illustrare le loro azioni e leggere i proclami dei grandi capi della resistenza<ref>{{cita|Dominioni|pp. 269-270}}</ref>.
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Anche le donne parteciparono attivamente al movimento di resistenza; all'interno delle bande erano sempre presenti le cosiddette ''gambogna'', le portatrici che svolgevano un fondamentale compito logistico trasportando i viveri e le bevande lungo le interminabili marce negli altopiani; esse inoltre alleggerivano la tensione della guerriglia allietando i combattenti durante gli spostamenti con canti di elogio o ironia verso i guerrieri<ref>{{cita|Dominioni|p. 269}}</ref>. Altre donne svolsero compiti di vivandiere, staffette o infermiere; non mancarono tuttavia neppure personalità femminili con incarichi di comando militare all'interno del movimento ''arbegnuoc'' come le uizero [[Shoareghed Ghedle]], che fu torturata e imprigionata fino al 1941, Chebbedesh Sejum, Fantaye; Senedu Gebru e Tsgine Mangascià invece si occuparono soprattutto di migliorare il servizio sanitario della resistenza<ref>{{cita|Del Boca|vol. III, p. 114}}</ref>.
 
Il principale elemento di debolezza della guerriglia degli ''arbegnuoc'' fu costituito dall'insufficiente coordinamento e dalla mancanza di una reale dirigenza centralizzata in grado di sviluppare un progetto strategico unitario; le insurrezioni si svilupparono a livello territoriale in modo autonomo sotto la guida dei capi locali senza un collegamento con rivolte in altre zone del territorio etiopico<ref>{{cita|Rochat|pp. 85-86}}</ref>. Questa mancanza di coordinamento era dovuta in parte alle oggettive difficoltà di comunicazione ma anche alla tendenza, tradizionale nella cultura etiopica, all'autonomia locale. Inoltre i grandi capi della rivolta generale iniziata nel 1937 non erano più i vecchi ras e la gerarchia tradizionale dell'impero ma elementi nuovi provenienti da livelli medio-bassi della dirigenza che assunsero prestigio e potere sulla base della loro capacità e del loro coraggio sul campo<ref>{{cita|Rochat|p. 86}}<name=GR86 /ref>.
 
=== Le operazioni del 1938 ===