Tempo: differenze tra le versioni

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In seno all'essere (che è l'essenza del mondo), in sintesi, non è tempo, né dunque è moto.
 
Anche [[Platone]] è stato influenzato da questa concezione. Secondo la sua celebre definizione il tempo è "l'immagine mobile dell'eternità". Per [[Aristotele]], invece, è la misura del movimento secondo il "prima" e il "poi", per cui lo spazio è strettamente necessario per definire il tempo. Solo Dio è motore immobile, eterno e immateriale.<ref>Aristotele per primo, nella Fisica IV 217b, analizza il tempo nell'ambito della metafisica. Afferma che il tempo è ciò che «non è» o che «è appena, e debolmente», bisogna necessariamente concludere che esso appartiene più al non-essere che all'essere, in quanto è composto di «istanti», ovvero di qualcosa che non è più o non è ancora, e dunque di non-enti. Il nyn, ora - istante presente, è ciò che è, ed è una parte o meglio un punto, aprendo la via alla spazializzazione e numerazione del tempo che si compirà nella sua matematizzazione operata dalla scienza moderna. Il tempo è collegato al movimento [kinesis] e al cambiamento [metabolé], in particolare dell'anima, la forma di ciò che può trascorrere ''en tè psychè'' (Fisica, 219a). Dal momento in cui contiene come suo componente fondamentale il ni-ente, il tempo non può partecipare della presenza, della sostanza e quindi dell'essere metafisicamente inteso: la coscienza, unico luogo diverso dagli enti che possa quindi contenere un tempo che è più relativo al non-essere, è il luogo di misurazione e di fondazione del tempo. Il tempo esiste solamente se c'è una coscienza (umana, divina o di altro genere) in grado di porlo in essere e contarlo. L'ora è l'impossibilità di coesistere con sé (IV, 218a), l'essere ''hic et nunc'' (qui e ora) in singolo punto dello spazio e singolo punto del tempo, è qualcosa di unico e irripetibile.</ref>
 
Secondo [[sant'Agostino]] il tempo è stato creato da Dio assieme all'Universo, ma la sua natura resta profondamente misteriosa, tanto che il filosofo, vissuto tra il IV e il V secolo d.C., afferma ironicamente: "Se non mi chiedono cosa sia il tempo lo so, ma se me lo chiedono non lo so". Tuttavia Agostino critica una concezione del tempo aristotelica inteso come misura del moto (degli astri): nelle "Confessioni" afferma che il tempo è "distensione dell'animo" ed è riconducibile a una percezione propria del soggetto che, pur vivendo solo nel presente (con l'attenzione), ha coscienza del passato grazie alla memoria e del futuro in virtù dell'attesa. Da sant'Agostino in poi nel pensiero cristiano il tempo è concepito in senso lineare-progressivo e non più circolare-ciclico come nel mondo pagano. Dalla caduta di [[Adamo]] l'[[escatologia cristiana]] procede verso la "consumazione del tempo", il riscatto dell'uomo verso [[Dio]], il Giudizio Universale e l'eternità spirituale.<ref>''Garzantina'' della Filosofia, p. 1111</ref>