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Il '''campo di concentramento di Arbe''' fu creato dal comando della [[Regio Esercito|Seconda Armata italiana]] nel luglio del [[1942]] ad [[Arbe]] nel [[Carnaro]] ed ospitò complessivamente tra i 10.000 e 15.000 internati tra [[Slovenia|sloveni]], [[Croazia|croati]] ed [[Ebreo|ebrei]] diventando il più esteso e popolato [[Campi di concentramento per slavi|campo di concentramento italiano per slavi]]<ref name="autogenerato2">{{cita|Gianni Oliva|p. 131}}</ref><ref name="autogenerato3">{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 87}}</ref> raggiungendo i 21.000 internati nel dicembre 1942<ref>[http://resistenza.univr.it/indesiderabili/Ferenc.htm Ferenc<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Il campo si caratterizzò per la durezza del trattamento riservato agli internati di etnia slava<ref name="autogenerato2" />, dei quali un gran numero perì di stenti e malattie. Per converso, oltreInoltre 3.500 ebrei fuggiti dagli ustascia croati efurono iviqui internati dal [[Regio Esercito]] italiano evitarono grazie aevitando questocosì la deportazione.<ref>Renzo De Felice a proposito della vicenda degli ebrei internati ad Arbe, su ''Rosso e Nero'', p. 161,</ref><ref name="autogenerato9">{{cita|Marina Cattaruzza|p. 214}}</ref><ref>{{cita|Gianni Oliva|p. 131, 271 secondo Gianni Oliva}}</ref>.
 
== Contesto storico ==
Nel 1918 con la fine della Prima Guerra Mondiale l’Italia include nei suoi confini parte della DalmaziaSlovenia, inglobandone la popolazione in gran parte slovena e croata. L’annessione è ritenuta fin da subito insufficiente, e negli Anni Venti matura il sentimento nazionalista di rivincita sulla vittoria mutilata, affiancato alla crescita delle ambizioni imperialiste sul mare Adriatico (considerato dalla propaganda fascista un “golfo veneziano”). In questo periodo il regime fascista ha ''hauna un atteggiamentopolitica oscillante'' enei confronti della Jugoslavia, comunque si attiva nel tentativo di indebolire la Jugoslavia stringendo alleanze con paesi confinanti ad essa ostili (Ungheria e Bulgaria) e con movimenti estremisti e terroristici interni al paese (ustascia croati) e facendo leva sui conflitti preesistenti tra le componenti serba e croata. L’azione dello Stato italiano sul territorio recentemente annesso fu di discriminazione nei confronti delle presenze croate e slovene e di tendenza alla snazionalizzazione, provvedendo ad esempio a sostituire i nomi dei luoghi scritti nelle lingue locali con parole italiane e a italianizzare i cognomi.
 
Negli anni Trenta il regime fascista provvede a stabilirestabilì un rapporto privilegiato con gli ustascia e il loro leader Ante Pavelic, arrivando ad accoglierliaccogliendoli in basi di addestramento in Italia.
 
''dopo che il reggente jugoslavo Paolo Karađorđević aveva aderito al Patto Tripartito, si scatena una sollevazione popolare avvenuta il 27 marzo. Il 6 aprile 1941 le forze nazifasciste sulla base di una comune decisione aggrediscono la Jugoslavia'' . La Jugoslavia viene divisa in zone d'occupazionee di influenza italiane e tedesche. L'area di influenza italiana è divisa in tre zone, con la zona 1 direttamente annessa al Regno d’Italia, e quando le truppe italiane arrivano a Lubiana, l’esercito jugoslavo, già sbandato a causa dell’attacco tedesco, non oppone la minima resistenza. A questo punto l’Italia tratta direttamente con la Croazia, diventata stato indipendente governato dagli ustascia, la delimitazione dei confini e ottiene ufficialmente l’annessione della Dalmazia da Zara a Spalato, istituendo il Governatorato di Dalmazia.
 
Nelle intenzioni dell’Asse lo stato croato doveva rimanere una sorta di satellite, pacificato nell’interesse della stabilità della zona 1 italiana (provincia di Lubiana); gli italiani rimangono stanziati in Croazia anche dopo la costituzione di un governo ustascia, essendo scoppiato (aprile 1941) il conflitto tra questi ultimi e la componente serba della popolazione, duramente perseguitata in quelli che sono stati chiamati “massacri ustascia”. I militari italiani si trovano nella difficile situazione di alleati di un regime sanguinario che commette stragi di civili, scegliendo spesso di proteggere in vario modo i serbi , che pagavano per essere protetti ('''FONTARE''').
 
Nel 1941 a causa di tali persecuzioni scoppia una vasta e eterogenea rivolta antiustascia, ''egemonizzata da nuclei di nazionalisti serbi (cetnici),a cui partecipano anche i gruppi dei partigiani comunisti'' (unica forza panjugoslava attiva su tutto il territorio), guidati da Josip Broz detto Tito. L’esercito italiano, stanziato anche nelle zone 2 e 3, interviene con lo scopo di mantenere l’ordine, intensificando il dialogo con i cetnici, più affidabili secondo il Regio Esercito, cosa che causa il risentimento degli ustascia, che però restano gli interlocutori di elezione dei gerarchi fascisti''(?).''
 
L’importanza e i numeri delle forze di resistenza comunista crescono e si consolidano al punto da spingere gli ustascia ad allearsi di fatto con i cetnici, diventando entrambi truppe ausiliarie della II Armata, posta sotto il comando del generale Roatta; l’avanzata partigiana non si limita alla Croazia, ma per la sua essenza di forza pan-jugoslavapanjugoslava si estende alla provincia di Lubiana.
 
Per contrastare l'offensiva partigiana, che aveva sottratto all'esercito di occupazione molte aree nella zona 2 e aveva la sua dirigenza a Lubiana, in atto, Roatta emana nel marzo 1942 la circolare 3C, ''un documento nel quale stabilisce punto per punto l'operato della II armata in Jugoslavia. La circolare ufficializza quanto era già emerso dalle disposizioni del gennaio 1942, ovvero il passaggio dalla condizione di occupazione alla condizione di guerra identificando la resistenza slava non con bande disorganiche, ma con un'organizzazione compatta da considerare il nemico; pertanto occorrerà diffidare della popolazione civile, che è la base del sostegno della resistenza, quantunque sembri indifesa e innocua e applicare rappresaglie molto severe e organizzate contro i partigiani, non secondo la formula "dente per dente", ma "testa per dente". In seguito la circolare ordina i rastrellamenti, confische dei beni e l'internamento sia protettivo sia repressivo, nell'area 2 e nella provincia di Lubiana, già annessa, qualora si oppongano all'occupazione italiana.''<ref>{{Cita web|url=http://www.criminidiguerra.it/CIRC3C1.shtml|titolo=Circolare 3C}}</ref> Inoltre Roatta istituisce un tribunale di guerra che adotta maggiormente come soluzione prevalente l’internamento per le famiglie dei villaggipartigiani distruttie dei sospetti tali: ''i prigionieri iniziano a essere dislocati in vari campi di concentramento come quelli di Lovran, Bakar e Kraljevica.''; il sovraffollamento di questi ultimi causa, nel maggio del 1942, l’istituzione del campo di concentramento di Arbe per ordine del prefetto di Fiume Temistocle Testa.
 
Il campo, divenuto il più famoso di quelli italiani in Jugoslavia per il suo alto tasso di mortalità, aveva una capienza di circa 10.000 persone. '''<u>Spiegare perché "Arbissima" (cfr. Ferenc) + carattere "coloniale" del sistema dei campi per slavi, gestito dall'esercito (Capogreco, Gobetti)</u>'''
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A causa della precarietà in cui versava il campo ancora dall'estate del 1942, l'inverno fu molto duro per gli internati che avevano come unico riparo delle tende e spesso erano privi di vestiario adeguato<ref name="autogenerato7" />. A questo si aggiunsero episodi di brutalità da parte del comandante del campo, il [[colonnello]] dei [[carabinieri]] [[Vincenzo Cuiuli]]<ref>{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 88}}</ref>, il quale, nonostante ciò violasse le norme italiane, faceva incatenare a dei pali gli internati in punizione<ref name="autogenerato1">{{cita|Gianni Oliva|p. 132}}</ref>. L'alimentazione insufficiente rese gli internati particolarmente deperiti e soggetti a diverse malattie, tra cui le infezioni intestinali che provocarono un tasso di mortalità molto alto<ref name="autogenerato6" /><ref name="autogenerato1" /><ref name="autogenerato11">{{cita|Marina Cattaruzza|p. 231}}</ref><ref>{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 88: "Tuttavia la privazione della libertà, la fame, le malattie connesse con la denutrizione e le pessime condizioni igieniche, concorrono a portare alla morte un notevole numero di persone."}}</ref>. Secondo alcuni ricercatori ciò rispondeva ad una precisa politica volta a mantenere sotto controllo gli internati<ref>{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 88-89}}</ref>.
 
Nel novembre del 1942 il vescovo di [[Lubiana]] [[Gregorij Rožman]] si era già recato presso [[papa Pio XII]] per chiedergli di intervenire per evitare che il campo di Arbe diventasse un "campo di morte"<ref name="autogenerato8">{{cita|Gianni Oliva|p. 133}}</ref>. La [[Croce Rossa]] jugoslava il 10 dicembre 1942 denunciò la scarsezza alimentare dei campi gestiti dagli italiani in Jugoslavia con particolar riferimento a quello di Arbe<ref>{{cita|Rossi & Giusti|p. 486}}</ref>. Pertanto il Vaticano intervenne presso le autorità italiane affinché si provvedesse alla liberazione della maggior parte delle donne e dei bambini<ref name="autogenerato11" />. Il generale [[Mario Roatta]] inviò al campo il generale [[Giuseppe Gianni]] che relazionò evidenziando lminimizzandol'alto tasso di mortalità, ma attribuendolo alle precarie condizioni fisiche degli internati in gran parte anziani<ref name="autogenerato8" />. Ciononostante tutti i bambini e quasi tutte le donne furono evacuati verso altri campi in Italia<ref name="autogenerato8" />. Il generale [[Umberto Giglio]] ancora il 19 gennaio 1943 scrisse un resoconto sulla situazione interna del campo in cui segnalò la necessità di migliorare le condizioni fisiche degli internati pur attribuendo la causa del grave deperimento fisico alle "privazioni precedenti all'arresto sia al trauma psichico dell'arresto stesso ed alle aggressioni da parte dei ribelli subite durante il viaggio di trasferimento"<ref name="autogenerato6" />. A partire da gennaio 1943 le condizioni migliorarono sensibilmente con la costruzione di baracche in muratura e il miglioramento delle razioni alimentari<ref name="autogenerato11" />.
 
Il vescovo della [[diocesi di Veglia]], Josip Srebrnič, il 5 agosto 1943 riferì a [[papa Pio XII]] che "secondo i testimoni, che avevano partecipato alle sepolture, il numero dei morti avrebbe superato le 3500 unità"<ref name="Cresciani_ClashOfCivilisations_P7">Cresciani, Gianfranco (2004), Italian Historical Society Journal, Vol.12, No.2, p.7</ref> (tra cui circa 100 bambini di età inferiore ai 10 anni<ref>''Italijanska koncentracijska taborišča za slovence med 2. svetovno vojno'', Božidar Jezernik, Revija Borec - Društvo za preučevanje zgodovine, literaure in antropologije, Lubiana 1997, ISSN 0006-7725.</ref>). Le fonti slovene stimano che al suo interno avrebbero perso la vita circa 1400 internati slavi tra cui anche donne e bambini<ref>{{cita|Rossi & Giusti|p. 62}}</ref> Gli storici sloveni e croati, quali [[Tone Ferenc]], [[Ivan Kovačić]] e [[Božidar Jezernik]], indicano in un numero compreso tra i 1447 e i 1167 i decessi avvenuti al campo<ref>{{cita|Rossi & Giusti|p. 486: Riportati nel saggio di Capogreco: Tone Ferenc parla di 1435 decessi, per Ivan Kovacic 1447, mentre per Bozidar Jezernik 1167}}</ref> e secondo James Walston<ref name="Walston_Historical_Journal">[[James Walston]] (1997) [http://journals.cambridge.org/action/displayAbstract?fromPage=online&aid=5211 History and Memory of the Italian Concentration Camps], ''Historical Journal'', 40.</ref> e [[Carlo Spartaco Capogreco]]<ref name="Cresciani_ClashOfCivilisations_P7" />, il tasso di mortalità annuo nel campo di concentramento di Arbe superava il tasso di mortalità medio nel [[Campo di concentramento di Buchenwald]] (che era il 15%).carattere
 
=== L'internamento protettivo degli ebrei ===
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'''<u>Inserire info sull'origine dei campi "protettivi" (per i collaborazionisti) + ipotesi su internamento protettivo ebrei</u>'''
 
Nell'area occupata dall'Italia si trovavano alcune centinaia di ebrei concentrati soprattutto nella città di [[Mostar]] e lungo la costa cui si aggiunsero migliaia di profughi in fuga dallo [[Stato Indipendente di Croazia]], per sfuggire ai massacri commessi dagli [[ustascia]]<ref name="autogenerato9" /><ref>"(...) nell'agosto-settembre 1941, per fermare la violenza antiebraica e stroncare gli eccidi in corso fra serbi e croati, l'Esercito italiano assunse provvisoriamente il controllo di una nuova zona ceduta dalla Croazia di Pavelic. (...) Mentre Mussolini per non sfidare apertamente i tedeschi si opponeva all'ipotesi di un trasferimento dei rifugiati in Italia, in gran parte ebrei stranieri formalmente impediti all'ingresso nella penisola da una legge del 1939, nel 1942, fu finalmente escogitata la formula che avrebbe permesso di sfuggire alle pretese dell'alleato pur senza affrontarlo in un rifiuto diretto. I circa 3000 ebrei croati e stranieri (...) dal mese di ottobre (furono) internati in appositi campi (...) allo scopo di tacitare le accuse tedesche di spionaggio a favore del nemico, sarebbero stati sottoposti ad un lungo e laborioso censimento (...). La tattica temporeggiatrice funzionò fino al febbraio 1943 (...) quando Mussolini cedette alle richieste di trasferire gli ebrei a Trieste dove sarebbero stati prelevati dai tedeschi, autorizzando però i suoi generali a trovare nuovi pretesti per il rinvio. (...) nel marzo 1943 si decise di concentrare tutti i rifugiati in un campo dipendente dalla II Armata nell'isola dalmata di Arbe, (...) cioè in un territorio sottoposto alla sovranità italiana, al sicuro da qualsivoglia insidioso tentativo di colpo di mano". Anna Millo, ''L'Italia e la protezione degli ebrei'', in ''L'occupazione italiana della Iugoslavia'', Le Lettere, 2009, pp. 367 e 367.</ref>, e dai territori occupati dai tedeschi<ref name="autogenerato5">{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 129}}</ref>. Tranne una parte respinta alla frontiera di Fiume gli ebrei furono accolti nella [[Governatorato di Dalmazia|Dalmazia annessa dall'Italia]]<ref name="autogenerato9" /> e la protezione fu estesa anche a quelli che si trovavano nelle zone occupate dalle truppe italiane in Croazia<ref name="autogenerato5" /> i quali pur sottoposti a vigilanza continuarono a vivere liberamente<ref name="autogenerato4">{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 130}}</ref>. Alla fine del 1942 la situazione si rese più complicata quando alle richieste croate di ottenere gli ebrei presenti nei territori occupati italiani si aggiunsero anche le pressioni tedesche<ref name="autogenerato4" /><ref>{{cita|Jonathan Steinberg|p. 81}}</ref>.
''Da un lato, c’era la necessità di governare il territorio, eliminando le ragioni di disordine che la dura politica di persecuzione ustascia nei confronti degli ebrei creava; dall’altro, vi era il tentativo da parte dello Stato italiano di emanciparsi dall’egemonia tedesca, rifiutando di consegnare ebrei all’alleato nella speranza di attirare nel dopoguerra nella sfera di influenza italiana i paesi che eventualmente avrebbero temuto l’ingerenza tedesca nei loro affari interni.  Contemporaneamente, il fascismo tentava di ingraziarsi l’opinione pubblica internazionale e la S. Sede, impegnata in quegli anni (1942) in un’intensa attività diplomatica a favore dei profughi. Va ricordato, inoltre, che fin dall’emanazione delle Leggi Razziali, il Ministero degli Esteri italiano non sostenne questi provvedimenti, ritenendo che non avrebbero giovato al progetto imperialistico fascista sui Balcani.''
 
La tragedia che avrebbe colpito gli ebrei in caso di consegna inizialmente solo ipotizzata fece sì che il Regio Esercito escogitasse pretesti e opposeopponesse una serie di rinvii per non procedere ad alcuna consegna degli ebrei internati anche ad Arbe<ref name="autogenerato9" />, poi dal novembre 1942 la situazione fu più chiara e non consegnare gli internati divenne prioritario<ref>{{cita|Jonathan Steinberg|p. 85:''"La documentazione suggerisce che da quel momento, all'inizio del novembre 1942, le autorità italiane del ministero degli Esteri e le forze armate seppero di non dover consegnare quelle migliaia di ebrei"''}}</ref>. Si ipotizzò in un primo tempo di internare gli ebrei in locande e alberghi dismessi nella città di [[Grado (Italia)|Grado]], poi si preferì la soluzione del campo di Arbe dove fu allestita appositamente un'area<ref name="autogenerato10">{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 131}}</ref> in cui furono fatti confluire complessivamente gli oltre 3.500 nuovi internati<ref>3.577 secondo un elenco fornito da Jasa Romano, ''Jevreji u logoru na Rabu i njihovo uklucivanje u Narodnooslobodilacki rat'', in: ''Zbornik'' 1973 n. 2 p. 70</ref><ref>{{cita|Marina Cattaruzza|p. 214 circa 4000 secondo la storica Marina Cattaruzza}}</ref><ref>{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 131 3577 anche secondo Igor Gobetti}}</ref>. Qui vissero in una condizione sicuramente migliore degli internati slavi potendo ricevere visite esterne e svolgere attività ricreativa<ref name="autogenerato10" />. Le autorità militari e civili che operavano in Jugoslavia nel frattempo avevano esercitato pressioni su Mussolini che revocò le precedenti disposizioni e dispose che tutti gli ebrei sarebbero invece rimasti internati in territorio sotto giurisdizione italiana e per ovviare alle richieste del governo croato di ottenere la consegna degli ebrei con passaporto croato di avviare per costoro le pratiche per [[Apolidia|rinunciare alla cittadinanza]]<ref>{{cita|Jonathan Steinberg|p. 92: Appunto per il gabinetto AP, firmato dal generale [[Vittorio Castellani]] "Il Duce ha disposto:1)che detti ebrei vengano mantenuti tutti in campi di concentramento; 2) che si proceda intanto, oltre che a determinare la pertinenza dei singoli internati, a raccogliere -in analogia alle richieste contenute nella soprariferita proposta del Governo croato- le istanze che gli interessati stessi volessero liberamente presentare per rinunciare alla cittadinanza croata ed alla proprietà di ogni bene immobile posseduto in Croazia"}}</ref>. Insieme ai numerosi ebrei furono internati ad Arbe a scopo "protettivo" anche molti serbi sfuggiti alle persecuzioni croate<ref name="autogenerato9" />.
''A contribuire, in parte, alla salvezza del popolo ebraico fu il bando, emanato nel 1941 dal generale della II Armata, Ambrosio, il quale, tra le altre cose, prometteva salva la vita a tutti coloro che, indipendentemente da religione e nazionalità, si fossero sottomessi all’autorità militare italiana. Tuttavia, l’escamotage che permise di salvare migliaia di profughi dalla deportazione fu la decisione da parte dei comandi italiani in Jugoslavia di internare le minoranze perseguitate (ebrei e serbi croati), finora non sottoposti a misure restrittive, in campi a scopo protettivo per mettere a tacere le accuse di mancata collaborazione con l’alleato tedesco. '''Fonti: [cap. VII ‘l’Occupazione italiana della Iugoslavia (1941-1943) a cura di Francesco Caccamo e Luciano Monzali]'''[[Utente:Mrsmur456/Sandbox#cite%20note-8|[8]]''
 
Ancora nell'agosto 1943 le autorità italiane si preoccuparono dell'incolumità degli internati ebrei immaginando, in caso di ritirata delle truppe italiane, di mantenere un presidio armato affinché gli internati protettivi non cadessero "in mani straniere"<ref name="autogenerato10" />.
''L'ipotesi che gli ebrei siano stati internati a scopo protettivo trova fondamento in tre motivazioni fondamentali: La prima possibile motivazione è quella umanitaria, ovvero che i fascisti fossero effettivamente sensibili alla condizione degli ebrei nei campi di concentramento tedeschi e volessero evitare loro quella sorte. (Castellani, "ignobile traffico"). Dopo il 1943 trattare con mitezza gli ebrei avrebbe senso anche per mettersi in buona luce con gli alleati. In secondo luogo, i fascisti volevano mantenere buoni rapporti con i cetnici. In questa ottica, se avessero consegnato gli ebrei, i cetnici avrebbero potuto temere di essere a loro volta consegnati agli ustascia, e questo avrebbe minato la loro collaborazione. L'ultima motivazione consiste in una possibile presa di posizione da parte dei fascisti nei confronti dei nazisti, che avevano chiesto la consegna degli ebrei rifugiatisi in Dalmazia.<ref>{{Cita libro|autore=Eric Gobetti|titolo=Alleati del nemico|capitolo=5. Valzer proibiti italo-cetnici}}</ref> (capitolo dentro un capitolo?)''
 
''Da un lato, c’era la necessità di governare il territorio, eliminando le ragioni di disordine che la dura politica di persecuzione ustascia nei confronti degli ebrei creava; dall’altro, vi era il tentativo da parte dello Stato italiano di emanciparsi dall’egemonia tedesca, rifiutando di consegnare ebrei all’alleato nella speranza di attirare nel dopoguerra nella sfera di influenza italiana i paesi che eventualmente avrebbero temuto l’ingerenza tedesca nei loro affari interni.  Contemporaneamente, il fascismo tentava di ingraziarsi l’opinione pubblica internazionale e la S. Sede, impegnata in quegli anni (1942) in un’intensa attività diplomatica a favore dei profughi. Va ricordato, inoltre, che fin dall’emanazione delle Leggi Razziali, il Ministero degli Esteri italiano non sostenne (?) questi provvedimenti, ritenendo che non avrebbero giovato al progetto imperialistico fascista sui Balcani.''
Nell'area occupata dall'Italia si trovavano alcune centinaia di ebrei concentrati soprattutto nella città di [[Mostar]] e lungo la costa cui si aggiunsero migliaia di profughi in fuga dallo [[Stato Indipendente di Croazia]] per sfuggire ai massacri commessi dagli [[ustascia]]<ref name="autogenerato9" /><ref>"(...) nell'agosto-settembre 1941, per fermare la violenza antiebraica e stroncare gli eccidi in corso fra serbi e croati, l'Esercito italiano assunse provvisoriamente il controllo di una nuova zona ceduta dalla Croazia di Pavelic. (...) Mentre Mussolini per non sfidare apertamente i tedeschi si opponeva all'ipotesi di un trasferimento dei rifugiati in Italia, in gran parte ebrei stranieri formalmente impediti all'ingresso nella penisola da una legge del 1939, nel 1942, fu finalmente escogitata la formula che avrebbe permesso di sfuggire alle pretese dell'alleato pur senza affrontarlo in un rifiuto diretto. I circa 3000 ebrei croati e stranieri (...) dal mese di ottobre (furono) internati in appositi campi (...) allo scopo di tacitare le accuse tedesche di spionaggio a favore del nemico, sarebbero stati sottoposti ad un lungo e laborioso censimento (...). La tattica temporeggiatrice funzionò fino al febbraio 1943 (...) quando Mussolini cedette alle richieste di trasferire gli ebrei a Trieste dove sarebbero stati prelevati dai tedeschi, autorizzando però i suoi generali a trovare nuovi pretesti per il rinvio. (...) nel marzo 1943 si decise di concentrare tutti i rifugiati in un campo dipendente dalla II Armata nell'isola dalmata di Arbe, (...) cioè in un territorio sottoposto alla sovranità italiana, al sicuro da qualsivoglia insidioso tentativo di colpo di mano". Anna Millo, ''L'Italia e la protezione degli ebrei'', in ''L'occupazione italiana della Iugoslavia'', Le Lettere, 2009, pp. 367 e 367.</ref> e dai territori occupati dai tedeschi<ref name="autogenerato5">{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 129}}</ref>. Tranne una parte respinta alla frontiera di Fiume gli ebrei furono accolti nella [[Governatorato di Dalmazia|Dalmazia annessa dall'Italia]]<ref name="autogenerato9" /> e la protezione fu estesa anche a quelli che si trovavano nelle zone occupate dalle truppe italiane in Croazia<ref name="autogenerato5" /> i quali pur sottoposti a vigilanza continuarono a vivere liberamente<ref name="autogenerato4">{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 130}}</ref>. Alla fine del 1942 la situazione si rese più complicata quando alle richieste croate di ottenere gli ebrei presenti nei territori occupati italiani si aggiunsero anche le pressioni tedesche<ref name="autogenerato4" /><ref>{{cita|Jonathan Steinberg|p. 81}}</ref>.
[[File:Arbe_laboratorio_calzolai.jpg|link=https://it.wikipedia.org/wiki/File:Arbe_laboratorio_calzolai.jpg|destra|miniatura|Baracca adibita al lavoro dei calzolai]]
La tragedia che avrebbe colpito gli ebrei in caso di consegna inizialmente solo ipotizzata fece sì che il Regio Esercito escogitasse pretesti e oppose una serie di rinvii per non procedere ad alcuna consegna degli ebrei internati anche ad Arbe<ref name="autogenerato9" />, poi dal novembre 1942 la situazione fu più chiara e non consegnare gli internati divenne prioritario<ref>{{cita|Jonathan Steinberg|p. 85:''"La documentazione suggerisce che da quel momento, all'inizio del novembre 1942, le autorità italiane del ministero degli Esteri e le forze armate seppero di non dover consegnare quelle migliaia di ebrei"''}}</ref>. Si ipotizzò in un primo tempo di internare gli ebrei in locande e alberghi dismessi nella città di [[Grado (Italia)|Grado]], poi si preferì la soluzione del campo di Arbe dove fu allestita appositamente un'area<ref name="autogenerato10">{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 131}}</ref> in cui furono fatti confluire complessivamente gli oltre 3.500 nuovi internati<ref>3.577 secondo un elenco fornito da Jasa Romano, ''Jevreji u logoru na Rabu i njihovo uklucivanje u Narodnooslobodilacki rat'', in: ''Zbornik'' 1973 n. 2 p. 70</ref><ref>{{cita|Marina Cattaruzza|p. 214 circa 4000 secondo la storica Marina Cattaruzza}}</ref><ref>{{cita|Gobetti, Alleati del nemico|p. 131 3577 anche secondo Igor Gobetti}}</ref>. Qui vissero in una condizione sicuramente migliore degli internati slavi potendo ricevere visite esterne e svolgere attività ricreativa<ref name="autogenerato10" />. Le autorità militari e civili che operavano in Jugoslavia nel frattempo avevano esercitato pressioni su Mussolini che revocò le precedenti disposizioni e dispose che tutti gli ebrei sarebbero invece rimasti internati in territorio sotto giurisdizione italiana e per ovviare alle richieste del governo croato di ottenere la consegna degli ebrei con passaporto croato di avviare per costoro le pratiche per [[Apolidia|rinunciare alla cittadinanza]]<ref>{{cita|Jonathan Steinberg|p. 92: Appunto per il gabinetto AP, firmato dal generale [[Vittorio Castellani]] "Il Duce ha disposto:1)che detti ebrei vengano mantenuti tutti in campi di concentramento; 2) che si proceda intanto, oltre che a determinare la pertinenza dei singoli internati, a raccogliere -in analogia alle richieste contenute nella soprariferita proposta del Governo croato- le istanze che gli interessati stessi volessero liberamente presentare per rinunciare alla cittadinanza croata ed alla proprietà di ogni bene immobile posseduto in Croazia"}}</ref>. Insieme ai numerosi ebrei furono internati ad Arbe a scopo "protettivo" anche molti serbi sfuggiti alle persecuzioni croate<ref name="autogenerato9" />.
 
''A contribuire, in parte, alla salvezza del popolo ebraico fu il bando, emanato nel 1941 dal generale della II Armata, Ambrosio, il quale, tra le altre cose, prometteva salva la vita a tutti coloro che, indipendentemente da religione e nazionalità, si fossero sottomessi all’autorità militare italiana. Tuttavia, l’escamotage che permise di salvare migliaia di profughi dalla deportazione fu la decisione da parte dei comandi italiani in Jugoslavia di internare le minoranze perseguitate (ebrei e serbi croati), finora non sottoposti a misure restrittive, in campi a scopo protettivo per mettere a tacere le accuse di mancata collaborazione con l’alleato tedesco. '''Fonti: [cap. VII ‘l’Occupazione italiana della Iugoslavia (1941-1943) a cura di Francesco Caccamo e Luciano Monzali]'''[[Utente:Mrsmur456/Sandbox#cite%20note-8|[8]]''
Ancora nell'agosto 1943 le autorità italiane si preoccuparono dell'incolumità degli internati ebrei immaginando, in caso di ritirata delle truppe italiane, di mantenere un presidio armato affinché gli internati protettivi non cadessero "in mani straniere"<ref name="autogenerato10" />.
 
''L'ipotesi che gli ebrei siano stati internati a scopo protettivo trova fondamento in tre motivazioni fondamentali: La prima possibile motivazione è quella umanitaria, ovvero che i fascisti fossero effettivamente sensibili alla condizione degli ebrei nei campi di concentramento tedeschi e volessero evitare loro quella sorte. (Castellani, "ignobile traffico" '''da fontare)'''. Dopo il 1943 trattare con mitezza gli ebrei avrebbe avuto senso anche per mettersi in buona luce con gli alleati. In secondo luogo, i fascisti volevano mantenere buoni rapporti con i cetnici. In questa ottica, se avessero consegnato gli ebrei, i cetnici avrebbero potuto temere di essere a loro volta consegnati agli ustascia, e questo avrebbe minato la loro collaborazione. L'ultima motivazione consiste in una possibile presa di posizione da parte dei fascisti nei confronti dei nazisti, che avevano chiesto la consegna degli ebrei rifugiatisi in Dalmazia.<ref>{{Cita libro|autore=Eric Gobetti|titolo=Alleati del nemico|capitolo=5. Valzer proibiti italo-cetnici}}</ref>'' '''(capitolocasa dentroeditrice une capitolo?pagina)'''
 
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[[File:Arbe_laboratorio_calzolai.jpg|link=https://it.wikipedia.org/wiki/File:Arbe_laboratorio_calzolai.jpg|destra|miniatura|Baracca adibita al lavoro dei calzolai]]
=== La chiusura del campo ===
Dopo l'[[armistizio dell'8 settembre 1943]] il campo fu temporaneamente occupato dalle forze partigiane di Tito. Gli internati ebrei - liberati - raggiunsero in massima parte la terraferma. Di costoro circa 240 giovani atti alle armi furono radunati in un battaglione ebraico<ref>Per una foto del reparto si veda http://emperors-clothes.com/croatia/rab.jpg</ref> che combatté nell'EPLJ contro l'Asse; 200 persone rimasero sull'isola e furono catturate dai tedeschi durante la successiva occupazione nazista; infine, circa 200 persone raggiunsero via mare l'Italia<ref>Menachem Shelah, ''Un debito di gratitudine. Storia dei rapporti tra Esercito Italiano e gli ebrei in Dalmazia (1941-1943)'', USSME, 1991, pp. 156-168.</ref>. Il comandante del campo, colonnello [[Vincenzo Cujuli]] dopo l'[[armistizio dell'8 settembre 1943|ll'8 settembre 1943]] rimase di presidio al campo in base all'ordine giuntogli dal comando della seconda armata di collaborare con i [[partigiani jugoslavi]]<ref name="autogenerato12">[http://www.campifascisti.it/scheda_documento_full.php?id_doc=785 I CAMPI FASCISTI - Dalle guerre in Africa alla Repubblica di Salò<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>. Preso prigioniero dai partigiani secondo alcune fonti fu seviziato e ucciso<ref name="autogenerato12" />, mentre secondo altre sarebbe morto suicida in prigionia<ref>Anton Vratuša, ''Dalle catene alla libertà - La "Rabska brigada", una brigata partigiana nata in un campo di concentramento fascista'', Kappa Vu, 2011, ISBN 978-88-89808-627</ref>.
 
Negli [[Anni 1950|anni cinquanta]], fu eretto un monumento ad opera dell'architetto [[Slovenia|sloveno]] [[Edvard Ravnikar]].